Due episodi avvenuti nei primi giorni di agosto, in Tunisia, hanno riportato alla ribalta il tema del turismo sessuale e sollevano una delicata questione del come si stanno comunicando e come vengono recepiti nella nostra cultura questi argomenti.
Il primo episodio
Il 2 agosto viene assassinato a Hammemet un italiano Angelo V.C che è solito trascorrere lunghi periodi nel Paese, tanto da aver ottenuto un permesso di soggiorno (è ancora ignoto a che titolo).
Un tunisino di vent’anni che l’uomo avrebbe invitato in casa per festeggiare il suo compleanno, lo ha aggredito e accoltellato per poi rubargli soldi e oggetti. Il ragazzo, reo confesso, è ora in prigione ma, riporta la stampa locale, avrebbe dichiarato di essere stato molestato sessualmente dall’italiano. A detta della sua amica francese Martine Costa, Angelo – sul quale le autorità italiane mantengono incomprensibilmente il massimo riserbo – faceva il truccatore. Tuttavia, sui siti tunisini si legge anche che possa trattarsi di un prete.
Il fatto viene raccontato in una nota facebook dalla stessa Martine.
Questa nota poi viene copiata su un sito on line, Tunis Tribune, e l’Ansa la riprende nelle parti salienti senza specificare che all’origine c’è un’amica della vittima che da una sua personale versione dei fatti, anche perché non era presente.
I quotidiani nazionali riprendono la notizia Ansa che è quindi una sintesi di una nota facebook. E se non fosse stato per lo sfogo della donna forse non ne avremmo saputo nulla.
Angelo sarebbe stato sgozzato nell’indifferenza del vicinato. “Erano le due di notte e deve aver gridato ma nessuno è accorso in suo aiuto”. E poiché è impossibile non essere sentiti nei vicoli strettissimi della medina, questa omissione – sempre secondo Martine, – è ascrivibile all’orribile pregiudizio sull’omosessualità esistente in Tunisia. Poi ha raccontato dell’esposizione del cadavere subito dopo, con i bambini che ridevano “perché è morto l’omosessuale.”
L’autrice del post si è poi lanciata contro le donne della medina “stupide” e “ignoranti”, sull’inutilità del Ramadan se poi ci si comporta così, e che il grande paradosso di Hammamet è che dei ricchi proprietari borghesi vivano accanto a famiglie medievali.
Poiché appunto la notizia è frutto della rete, nelle rete – dopo le parole di una straniera ospite nel Paese, e molto attenta alla questione della libertà sessuale di un popolo vessato da trent’anni di dittatura – si è aperto un acceso dibattito sull’omofobia in Tunisia e nei Paesi musulmani in genere, dove l’omosessualità è frequentissima ma viene repressa e negata. Subisce una condanna sociale e religiosa per moltissimi versi speculare alla nostra: un salafita non ha un pensiero e un vocabolario molto diverso da quello di un Giovanardi.
Per fuggire la grottesca omofobia in patria, il turismo gay italiano ha ritenuto giusto rivolgersi laddove l’omosessuale è ugualmente condannato, ma facilmente commerciabile con i soldi europei.

 

Il secondo episodio
Praticamente contemporaneo al precedente, e fortunatamente non degenerato in tragedia, l’altra vicenda riguarda Daniele E. perugino, che è solito affittare un appartamento dietro la centrale Avenue Bourguiba di Tunisi. Daniele adesca due ragazzi su facebook, li invita in casa e questi provano a derubarlo e a accoltellarlo. Daniele riesce a difendersi, arriva la polizia che arresta i ragazzi. Lui è ferito ma i poliziotti non lo assistono, viene invece schernito e insultato in quanto omosessuale. I ragazzi lo supplicano di ritirare la denuncia. Daniele accetta. Riporta la polizia in casa per verificare i danni. I poliziotti sequestrano profilattici e alcolici e lo riconvocano la mattina seguente in commissariato. “Come fosse un reato”, si scandalizza Daniele.
E infatti lo è: la sodomia è punita con tre anni di carcere. E anche l’induzione alla prostituzione è reato. E l’alcool, in tempo di Ramadan, dal punto di vista dei poliziotti, potrebbe appunto essere “la prova” dello scambio. Ma a quanto pare Daniele non vuole saperne che con lui si faccia valere una legge di un Paese dove ama andare perché ne ama i ragazzi.
Si rivolge alla nostra sede diplomatica dove gli viene – giustamente – prima offerta una lista di avvocati italoglotti e poi suggerito che, se non si trova a suo agio con la polizia tunisina, di andarsene.
Una volta in Italia racconta la storia a Paolo Hutter, ex politico e giornalista di Radio Popolare e blogger sul Fatto Quotidiano anche per i diritti dei gay.
Hutter riporta la testimonianza sulla Stampa, che titola “ La polizia di Tunisi è omofoba”.
Fuori dal virgolettato della testimonianza, il giornalista non lesina considerazioni sullo stile di quello di Martine Costa, l’amica di Angelo: “Daniele E., perugino, amante della Tunisia e dei ragazzi tunisini, è stupito dalla virulenza ottusa del tentativo di rapina subìto, e ancor più dall’atteggiamento della polizia, del commissariato del centro di Tunisi che dovrebbe essere quello più capace di rapportarsi agli europei, e dove invece ha assistito a botte e pestaggi, a richieste velate di mancia e dove si è sentito accusare di ‘aver offerto alcool a due minorenni per ottenere prestazioni sessuali illegali’”.
La tragica fine di Angelo, il furto, e i maltrattamenti subiti da Daniele sono esecrabili in qualsiasi Paese del mondo e perpetrati ai danni di qualsiasi essere umano. Inoltre, la polizia di qualsiasi Paese che si vuole democratico (compreso il nostro che ancora si deve perdonare gli orrori di Genova) deve esercitare il massimo rispetto nei confronti degli arrestati per non parlare delle vittime. E soprattutto non dovrebbe essere corrotta né ricattare come è avvenuto con Daniele.
Tuttavia questa questione di primaria importanza, non deve soffocare altre questioni, egualmente fondamentali, scaturite da questi due episodi.

 

Legislazioni locali
Ancora non si sa con esattezza – le indagini lo chiariranno – se in entrambi casi ci sia stato un scambio di denaro dietro prestazione sessuale. Ma in rete, soprattutto nel caso dell’ assassinio di Angelo – la cui informazione nasce appunto da facebook – e stando a quanto si intuisce dalle parole di Hutter a difesa dei diritti di Daniele, si è sollevato un dibattito sul turismo sessuale e sulle spiacevoli conseguenze. Tra queste c’è la “professione” che prospera, in risposta a una tale forma di arroganza occidentale: sono i bezness o dragueurs, che generalmente seducono donne o uomini (il turismo sessuale è sia omo che etero) allo scopo di sottrarre loro beni, direttamente o indirettamente. Del resto anche l’amica francese di Angelo parla di ragazzi che lo frequentavano, e secondo lei, l’assassino fa parte di questa categoria.
Si tratta di ragazzi e ragazze destinati alla povertà e alla disoccupazione, reduci, soprattutto, da trent’anni di dittatura (nel caso della Tunisia), in un Paese ancora in fase di scrittura della propria Costituzione, con delle insorgenze religiose di notevole portata, con un tasso elevatissimo di ignoranza e di disuguaglianza sociale.
Ma quanto è giusto che il “potente” occidentale, la cui miserrima pensione vale il triplo in Tunisia, rivendichi il diritto di commerciare gioventù solo perché si tratta di adulti “consenzienti”?
E di che consenso parliamo? Non c’è in tutto questo un’oscena forma di prevaricazione, per giunta rivendicata come fosse un diritto, nel caso dei gay, e come emerge dalla testimonianza di Daniele E. sulla Stampa? La polizia tunisina, sicuramente fuori da ogni linea etica tollerabile ha – nella sua violenza – sollevato delle questioni fondamentali. L’omosessualità è reato, che il codice penale tunisino all’articolo 230 punisce con tre anni di prigione. Inoltre osservava giustamente un poliziotto che parla con Daniele : come poteva sapere che non erano minori? (si diventa maggiorenni a 20 anni).
Perché uno straniero non dovrebbe allora attenersi alle leggi del Paese in cui va?
Essere gay significa non avere responsabilità?
Perché noi gridiamo a gran voce che chi viene nel nostro Paese, magari per fuggire la fame, non deve dare troppo fastidio con le sue abitudini, si deve attenere alle regole più di noi, e quando noi andiamo nei loro Paesi non vogliamo che le loro leggi siano un ostacolo all’esercizio di una nostra libertà sessuale?

 

1/Continua

(Nel prossimo articolo si cercherà di dare risposta, attraverso le opinioni di esperti a queste domande, facendo un quadro della complessa questione del turismo sessuale)

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