Caratteristiche merceologiche del servizio e soluzione organizzativa adottata fanno la differenza per la rilevanza economica di un servizio. Ci pensa il Consiglio di Stato nella sentenza n. 5409/2012 (il testo integrale è allegato) ad entrare nel merito degli elementi necessari per distinguere le attività tra economiche e non economiche nell’impossibilità, dato il carattere dinamico ed evolutivo delle stesse, di «fissare a priori un elenco definitivo di servizi di interesse generale di natura economica».

I fatti – Lo spunto per un approfondimento sul tema della gestione dei servizi di interesse pubblico arriva da Siena. Il Comune aveva fatto due conti e, cifre alla mano, nel gennaio 2010 aveva riassunto in forma diretta la gestione degli impianti di illuminazione votiva dei cimiteri comunali. Decisione che proprio non era piaciuta alle società responsabili fino a quel momento del corretto funzionamento di lumini e lampade votive: un bel ricorso al Tar aveva aperto il contenzioso in quell’area in cui, come diceva Totò, siamo tutti uguali.

Il Tribunale amministrativo interpellato aveva respinto il ricorso valutandolo come infondato. «Appartiene alla dimensione dell’inverosimile – scriveva il giudice di prime cure – immaginare che un comune di non eccessiva grandezza non possa gestire direttamente un servizio come quello dell’illuminazione votiva cimiteriale, esigente solo l’impegno periodico di personale e la spesa annua di qualche migliaio di euro, laddove l’esborso per potersi procedere a tutte le formalità necessarie per la regolare indizione di una gara pubblica potrebbe essere ben maggiore»..
Fermi tutti, afferma invece il Consiglio di Stato definendo «illogica ed erronea» la sentenza in primo grado: «Il principio cui è finalizzata la disciplina di cui all’articolo 23 bis (del Dl 112/2008, ndr) è la tutela della concorrenza e l’apertura al mercato per tutte le attività imprenditoriali e non la forma più economica di gestione dei servizi pubblici locali».

Il concetto di rilevanza economica – Concorrenza, libertà di stabilimento e di libera prestazione dei servizi di tutti gli operatori economici interessati alla gestione di servizi di interesse generale in ambito locale sono i principi a cui si ispira l’articolo 23 bis del Dl 112/2008 che risponde ai dettati comunitari. I giudici amministrativi ricostruiscono il ragionamento che ha portato ad accogliere il ricorso delle società escluse dalla gestione del servizio e sottolineano che nel 2001 la modifica dell’articolo 113 del Tuel introdotta dall’articolo 35 della legge n. 448 abbia limitato la scelta dell’ente locale sulle possibili modalità di gestione dei servizi pubblici a rilevanza economica e precluso la gestione in economia se il servizio ha rilevanza economica.

Rilevanza che per il Consiglio di Stato non si acquista se il servizio è reso agli utenti «in chiave meramente erogativa» e non richiede «una organizzazione di impresa in senso obiettivo». Non si fanno i conti in tasca a nessuno e il criterio della bassissima redditività del servizio (circa 13mila euro l’anno) resta fuori dagli elementi di valutazione. Diverso sarebbe stato se l’accensione dei lumini fosse stata offerta gratuitamente dal Comune, spiegano i giudici, o se l’amministrazione avesse sopportato parte dei costi.

Il Comune di Siena «ha svolto un’attività imprenditoriale vera e propria, seppure senza autonoma organizzazione», rimarca la sentenza. Ad ognuno il proprio lavoro. Resta da chiedersi quanto costerà alla collettività questo impulso alla concorrenza che impone l’avvio di una gara: necessaria a norma di legge, che sia ispirata davvero ai principi di efficienza, efficacia e – visti i presupposti – all’economicità.
Consiglio di Stato, sezione quinta, sentenza 5409 del 23 ottobre 2012

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