Con l’entrata in vigore della legge n. 54/06, nella parte che ha modificato l’art. 155 c.c., per la prima volta si è previsto, sia pure solo quale principio guida, il diritto dei  minori (figli di coniugi separati) di conservare rapporti significativi con gli ascendenti ed i parenti di ciascun ramo genitoriale.

L’intenzione della norma, all’entrata in vigore della legge, era quella non tanto del riconoscimento di un diritto esercitabile processualmente dai nonni, ma più che altro di indicare un principio generale.
La Cassazione è intervenuta subito sul punto, chiarendo bene che i nonni non sono, dopo l’entrata in vigore della legge, titolari di un diritto di intervento nel processo tra i genitori allo scopo di far valere i propri diritti, e in questo senso la giurisprudenza, anche  successiva è stata univoca.
Quindi in sostanza non è legittimo l’intervento nel processo di separazione dei coniugi, (o peggio la promozione di una causa autonoma) avanti al Tribunale Civile, da parte dei nonni o di altri familiari ai sensi dell’art. 105 c.p.c.,  per sostenere le ragioni dell’uno o dell’altro genitore ed i propri interessi.

I PROVVEDIMENTI DEL PRESIDENTE E LA SENTENZA

Ciò premesso, va tuttavia detto che il Presidente del Tribunale o il Collegio nella sentenza finale, su sollecitazione del genitore interessato, possano stabilire con precisione anche quali siano i diritti-doveri dei nonni, soprattutto allorché un genitore impedisca i contatti con gli ascendenti dell’altro coniuge.
Dunque è ormai pacifico, allorché il Giudice della separazione debba statuire i termini del diritto di visita, che possa anche prevedere un periodo per i figli da passare con gli ascendenti ed i parenti di ciascun ramo genitoriale.
Una simile determinazione appare legittima ed idonea, secondo la Cassazione, a realizzare l’interesse del minore, attribuendo a questi la piena possibilità di vedere i nonni (paterni o materni) e ciò anche in aperto contrasto con i desideri dell’altro coniuge.
Sotto tale profilo la Corte Suprema (ex multis n. 17191 del 11/08/2011) ha ulteriormente precisato che l’art. 155 c.c. attribuisce al minore il diritto di conservare rapporti significativi con gli ascendenti (nel quadro del mantenimento di un rapporto equilibrato e continuativo con entrambi i genitori e le loro famiglie di origine) e con la medesima finalità di evitare per quanto possibile che la separazione produca traumi allo sviluppo della personalità del bambino.
E’ frequente perciò che su sollecitazione di uno dei genitori, la sentenza,  stante la facoltà discrezionale del magistrato, al fine di  realizzare l’interesse del minore, preveda  per esempio  la possibilità di vedere i nonni in occasione delle visite presso il genitore non collocatario.
Si noti comunque che la giurisprudenza e la dottrina non ritengono che si tratti di tutelare il diritto dei nonni, quanto  il diritto del minore a conservare i rapporti pregressi nell’ambito di una serena ed equilibrata crescita.

QUALE TUTELA PER I NONNI

Può accadere nella pratica tuttavia che, nessuno dei genitori richieda al Tribunale un provvedimento in favore dei nonni, rendendo dunque impossibile agli stessi far valere, le proprie ragioni e quelle dei nipoti.
Per sopperire a tale situazione, è intervenuto il Tribunale dei Minorenni che ha aperto la possibilità di una tutela  degli ascendenti, partendo proprio dal presupposto che, l’art. 155 comma 1° c.c., novellato dalla legge sull’affidamento condiviso (n. 54/06), chiarisca come il titolare degli interessi giuridicamente protetto debba intendersi solo il minore, e non l’ascendente.
Sotto tale luce ben possono i nonni appellarsi alla norma di cui all’art.332 c.c., segnalando all’autorità giudiziaria la lesione del diritto del minore ove sia ravvisabile un comportamento  dei genitori omissivo o diseducativo.
La norma prevede l’azione del magistrato del Tribunale dei Minorenni, allorché ricorrano gli estremi di una condotta genitoriale pregiudizievole; ciò si può verificare, secondo la recente giurisprudenza, anche per l’assenza dei contatti tra nonni e nipoti a causa del comportamento frapposto dai genitori.
Quindi, almeno nei casi più rilevanti, si ritiene che ben possano rivolgersi gli ascendenti al competente Tribunale dei Minorenni per l’adozione dei provvedimenti convenienti nell’interesse della prole minorenne, proceduralmente ai sensi degli articoli 336 c.c. e 38 comma 1 disp. c.c.(sono legittimati il genitore, i parenti ed il pubblico ministero).
A tal riguardo non è previsto un provvedimento specifico, ben potendo il giudice assumere le statuizioni che riterrà più opportune, laddove è compito del magistrato minorile intervenire sempre al fine di garantire l’interesse, la serenità e l’equilibrio, tra cui è importante anche il mantenimento dei rapporti con gli ascendenti.
Naturalmente in situazioni di gravissimo disagio familiare, il Tribunale può anche procedere all’affidamento, anziché in favore dei genitori direttamente in favore dei nonni materni o paterni.
Tale affidamento tuttavia non può precludere l’esercizio del diritto di visita stabilito dal Tribunale, talché nel caso in cui i nonni affidatari rifiutino di consegnare il bambino ad  uno dei genitori o agli assistenti sociali per permettere gli incontri, o addirittura pretendano di essere presenti, i nonni affidatari ben possono essere sanzionati dal giudice.
Ricordiamo sotto tale profilo un recente intervento della Cassazione Penale con la sentenza n. 34496 dell’8/08/2013, che in una fattispecie nella quale i nonni, pur affidatari, avevano eluso l’esecuzione del provvedimento del giudice civile, e cioè avevano rifiutato di far incontrare il minore con il padre (ritenuto diseducativo), li ha riconosciuti colpevoli del reato di cui all’art. 388 del codice penale, (mancata esecuzione dolosa di un provvedimento del giudice).

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