Originario dell’ Europa centrale il salice (Salix Alba) è un  albero dai rami sottili e flessibili che può raggiungere i 25 m di altezza. In fitoterapia è noto soprattutto per l’acido salicilico contenuto nella corteccia, composto ad attività antifebbrile da cui deriva il più tollerabile acido acetilsalicilico (la nota Aspirina), da oltre un secolo principio attivo di riferimento contro febbre, malattie da raffreddamento, sindromi dolorose e infiammatorie.

In lingua celtica il nome Sal-lis significa “vicino all’acqua” a conferma del fatto che i salici crescono bene in luoghi freschi, come le rive dei laghi o dei fiumi. Ippocrate e Dioscoride, nel I sec d.C. gli attribuivano proprietà antipiretiche e analgesiche mentre la Scuola Medica Salernitana attribuiva al salice proprietà anafrodisiache. Il 20 giugno del 1803 Napoleone Bonaparte, imponendo il blocco all’importazione dalle colonie inglesi e dall’Inghilterra sul continente, impedisce anche l’arrivo della corteccia di chinautilizzata allora come antipireticoe spinse, pertanto, la ricerca ad un valido sostituto farmacologico autoctono europeo. Il sostituto più ovvio fu il salice, la cui richiesta e produzione aumentò in modo esponenziale.

Secondo la leggenda il samurai Matsudeira andava fiero di un salice piangente che campeggiava nel suo giardino finchè, all’improvvisa malattia della moglie e del giovane figlio, non si convinse che l’albero non voleva più proteggerlo e decise di sbarazzarsene. Confidò la sua decisione all’amico Inabata che gli chiese, piuttosto, di vendere a lui il salice. Matsudeira approvò con entusiasmo la soluzione proposta dall’ amico, il quale fece trapiantare il salice nel suo giardinetto. Era vedovo, senza figli, e una mattina, trovò, appoggiata al salice, una donna bellissima. I due si innamorarono. Dalla loro unione nacque un bimbo cui fu imposto il nome di Janagi, che in giapponese significa salice. La famigliola visse felice fino a che nel tempio si ruppe un pilastro e i sacerdoti dichiararono che l’unico albero che avrebbe potuto ripararlo era il salice di Inabata. L’uomo cercò di difendere l’albero ma non riuscì a convincere gli uomini. Inabata, entrando sconsolato in casa, trovò la moglie che, piangendo, gli disse di essere l’anima del salice e che ora, sarebbe dovuta sparire dalla sua vita. E infatti, ai primi colpi degli operai, la donna scomparve, ma il grosso tronco era così pesante che non si riusciva a trasportarlo al tempio. Solo al tocco del bambino l’albero divenne leggero tra le sue mani, si riuscì a trasportarlo al tempio e salvare la città. In fitoterapia il salice è utilizzato come analgesico, in caso di febbre, mal di schiena, nevralgie e dolori articolari. Per uso esterno, invece, viene utilizzato con successo in caso di dermatiti, acne, seborrea e psoriasi.

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