Lasciano assai perplessi le dichiarazioni rese in sede di conferenza stampa di fine mandato  del Presidente del Consiglio uscente, Mario Monti, sull’operato del Parlamento che  ha approvato, in terza lettura al Senato, la riforma forense.

 

Come avvocati, custodi dei diritti e tutori, nell’interesse dei cittadini, dei principi costituzionali, non si può che ricordare come spetti al Parlamento il potere legislativo, e non al governo, e come il governo debba rispetto alle prerogative dell’Aula, più che mai quando quest’ultima si pronunci su materie delicate destinate ad incidere sul diritto inviolabile della difesa.

 

La riforma della professione forense era attesa da più di sessanta anni, il testo ha avuto diverse letture ed è stato scandagliato in tutte le sue pieghe dalla discussione in commissione e in aula nei due rami del Parlamento, ed è stato infine approvato quasi all’unanimità dalla Camera e dal Senato.

Quanto alle  dichiarazioni del Presidente dimissionario Monti, secondo cui  la legge professionale approvata dal Parlamento sarebbe stata preferita a quella sulle misure alternative al carcere,  va ristabilita la corretta cronaca parlamentare: quest’ultimo disegno di legge precedeva nell’ordine del giorno della seduta del 21 dicembre  la riforma forense, ma in aula non ha trovato l’accordo tra le forze politiche, raccogliendo dichiarazioni di forte condivisione e di forte dissenso, costringendo il presidente Schifani, con atto rispettoso delle prerogative del Parlamento, a rinviare il testo alla commissione giustizia del Senato; commissione che, a seguito del binario preferenziale concesso, non l’aveva neppure  potuta discutere .
E’ dunque vero che le forze politiche erano in assoluto disaccordo sul testo; circostanza che, con il pochissimo tempo disposizione, avrebbe determinato comunque un esito negativo.

Resta fermo che il tema delle carceri è tema centrale per l’avvocatura e va affrontato in maniera organica e senza risparmi di mezzi ed energie, come ricordato dallo stesso presidente Schifani nel prendere atto della impossibilità di una convergenza politica sul testo portato d’urgenza in aula.

Quanto al merito della riforma forense, mai nelle ultime legislature un testo così complesso  è stato tanto analizzato e discusso dalle forze politiche  e mai vi è stata tale convergenza di volontà delle stesse sulla necessità di vararlo.

Così come un domani, nel rispetto delle regole parlamentari, potrà essere ancora migliorato.

Il CNF ritiene che il Presidente Monti avrebbe dovuto manifestare nel suo mandato maggiore riguardo per le professioni in generale e per la professione forense in particolare, ed uniformarsi ai dettami dell’Unione europea e del Parlamento europeo che con la risoluzione del 23 marzo 2006 ha dettato i principi che tutelano la professione forense per preservarne i valori di libertà e autonomia nell’interesse dei cittadini.

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