Ancora storie di famiglia, dallo sfondo inquietante. Sembra essere uno dei soggetti prediletti dai nuovi operisti. Basta ripercorrere gli spettacoli messi in scena nel 2011, ed ecco la fosca vicenda domestica di Bluthaus di Georg Friedrich Haas, con incesti, omicidi, fantasmi (prima mondiale a Schwetzingen), quella misteriosa di Thank to my eyes di Oscar Bianchi (a Aix en Provence), costruita sul rapporto tra figlio e padre-padrone, l’opera di Oscar Strasnoy, Geschichte (al Theaterhaus di Stoccarda) che raccontava le vicende dell’eccentrica famiglia di Witold Gombrowicz.
Intrighi polacchi, ma non solo
Anche la nuova opera di Zygmunt Krauze, Pulapka (la trappola), che ha debuttato all’Opera di Wroclaw, si ispirava alla vita di Franz Kafka, narrandone i difficili rapporti familiari, come una catena di vittime e di sacrifici, il suo disagio di fronte gli obblighi sociali, le sue angosce, gli incubi, le premonizioni delle tragedie del XX secolo. Krauze e il librettista Grzegorz Jarzyna (che aveva già lavorato con Krauze per l’opera Ivona, principessa di Borgogna) si sono basati sull’omonimo dramma di Tadeusz Różewicz, poeta cult in Polonia, che festeggiava i suoi 90 anni. Krauze ha costruito la sua musica, come al solito, sul ritmo e le inflessioni del testo, trasformate in brevi cellule ripetute, con una scrittura vocale semplice ma carica di tensione, coinvolgente, che rimandava un po’ a Janacek. Ridotta all’essenziale appariva anche la scrittura strumentale, basata su elementi scarni, spesso singoli suoni, frammenti di scale, che usava l’orchestra per piccole sezioni, sfruttava echi di musiche di danza, marce, musiche popolari, e ricercati effetti timbrici (come quello ottenuto, negli interludi, con un pianoforte suonato con delle pietre poste sopra la cordiera). Ma una scrittura capace di centrare l’atmosfera emotiva di ciascuna delle 15 scene in cui si articolava l’opera, di seguire come un sismografo ogni risvolto drammatico ed espressivo dei dialoghi e dell’azione.
Acquisti in bianco e nero
Magnifico anche lo spettacolo di Evelina Piotrowiak (che firmava regia e scene), giovane regista che ha saputo trasfondere nell’opera la sua esperienza di teatro, e che ha già conquistato grandi successi con l’allestimento delle opere Domani di Tadeusz Baird e The Mother of Black-Winged Dreams di Hanna Kulenty). La regia seguiva da vicino la costruzione musicale, anche attraverso movimenti coreografati (ad esempio nella scena del fidanzamento tra Franz e Felice), coglieva bene le schermaglie domestiche del piccolo Franz con le tre sorelle, soprattutto con Ottla (interpretata con bravura da Aleksandra Kubas), la severità implacabile del padre (un autorevole Wiktor Gorelikow, anche grande attore) sottolineata da una musica grave e grottesca, la distanza tra il mondo interiore e meditativo di Franz (nella sua parte si alternavano Mariusz Godlewski e Łukasz Rosiak) e la dimensione borghese incarnata dalla fidanzata Felice (un brillante Joanna Moskowicz): la sua figura sorridente e “alla moda” era accompagnata da ritmi di danza, e veniva moltiplicata attraverso finti filmati d’epoca, in bianco e nero, che si affiancavano alle sue visite nei negozi di arredamento, e alla festa di fidanzamento. Un bel video con effetti di combustione accompagnava la scena dove Franz dava fuoco ai suoi manoscritti, un efficace gioco di luci psichedeliche accompagnava la breve scena di sesso tra Franz e una lavandaia, mentre alcuni tratti comici (proprio da comiche, con tanto di torte in faccia) caratterizzavano la figura di Max Brod, l’amico di Franz (interpretato da Jacek Jaskuła). Tutto contribuiva poi a caricare di forza drammatica le scene clou dell’opera, che erano gli incubi di Franz, le sue visioni: il sogno dove il padre gli appariva come un macellaio imbrattato di sangue, pronto a immolare il figlio come un agnello sacrificale; il suo incontro con le sorelle in un bucolico giardino che si trasformava in una gabbia, in una trappola circondata da aguzzini, in una esplicita scena di rastrellamenti e deportazioni; la scena finale dove l’armadio della sua camera si trasformava in una specie di vagone, nel quale appariva stipata tutta la sua famiglia.
Pulapka (la trappola), opera in un atto di Zygmunt Krauze (su libretto di Grzegorz Jarzyna basato sull’omonimo dramma di Tadeusz Różewicz)
interpreti: Mariusz Godlewski, Łukasz Rosiak, Wiktor Gorelikow, Elżbieta Kaczmarczyk-Janczak, Barbara Bagińska, Aleksandra Kubas, Jacek Jaskuła, Joanna Moskowicz, Iwona Handzlik, Rafał Majzner, Edward Kulczyk, Dorota Dudkowska.
coro e orchestra dell’opera di Wroclaw
direttore: Tomasz Szreder
regia e scene: Ewelina Pietrowiak
costumi: Malgorzata Sloniowska
Wrocław, Teatro dell’Opera, in scena fino al 6 marzo 2012