L’ingresso di Berlusconi nel ’94 in politica è stato contrassegnato da una parola presa in prestito dal gergo calcistico: “scendere in campo”. Un’espressione orrenda densa di significati più o meno astratti, ma anche fisici. L’agone che comprendeva anche l’acquisto di calciatori e di sponsor, sostituiva la gara all’accaparramento del paese, e era un campo di calcio con delle tifoserie avversarie (due), con il sottotesto di “vinca il migliore.”
Questo sostituiva in blocco l’idea di maggioranza e opposizione della dialettica democratica per sostituirla con la legge del più forte. L’ingresso del calcio nella politica non si limitò al gergo ma anche alle modalità populiste, volgari e violente degli stadi. Il processo di sfaldamento della politica e dei significati successivo a tangentopoli si serviva di un lento processo di desemantizzazione e di svuotamento dei contenuti della democrazia. L’ involuzione venne detta libertà. Libertà dalle ideologie, ma in realtà depoliticizzazione progressiva, fine delle garanzie, inizio dei privilegi da parte del vincitore.
A questo cambiamento epocale se ne sta affacciando uno oggi, simmetrico a quello di allora introdotto dal verbo “rottamare”. Cosa si può rottamare ancora della struttura democratica? In realtà l’ideatore Matteo Renzi lo rivolgeva ai compagni di partito più anziani per significare la necessità di ricambio di una classe politica. Come al solito, non venne proprio capito che in quel modo volgare stava esplodendo la necessità sacrosanta di un ricambio. Come tutte le cose espressamente dette e ridette al Pd, la questione venne assolutamente trascurata. Ognuno continuò a riproporre personaggi assurdi, rimestare negli stessi (vecchi) contenuti, correre dietro al populismo di Berlusconi.
Lo stesso Renzi in una recentissima intervista fatta a Libero, ha affermato che l’ espressione “rottamare” è “bieca, truce e volgare”. Però, ammette, gli è servita: non solo gli ha portato “titoli sui giornali” – a conferma che la politica si esaurisce nella comunicazione- ma lo ha reso “credibile”. Così in questi tempi pre elettorali, in un quadro di delinquenza generalizzata, ognuno vorrebbe “rottamare” l’altro. La parola sta dilagando oltre ogni misura, oltre i partiti e gli individui, allo stesso modo di “scendere in campo”. Non senza episodi di meta rottame: un talk di politica sulla Sette titolava “Renzi vuole rottamare la rottamazione?”. Tutto per significare distruzione e annientamento del precedente. Piazza pulita. Appunto. Così Renata Polverini “manda a casa”, Alemanno “azzera” per non parlare di Santanché “andassero via”. Tutti ovviamente, meno loro. Assieme al termine che evoca discariche di periferia abbandonate da fine umanità, non segue alcun ricambio, ma anzi si consolida il paesaggio di macerie senza nessuna idea di costruzione. La migliore misura di ciò l’ha data un banchiere intervistato a proposito di Renzi: “ è giovane, non demonizza il capitale e non ha letto Marx” . Nessun esponente di destra infatti si sente minacciato dal conservatorismo giovanilistico di Renzi. E’ l’incarnazione di ciò che si intende per giovane in Italia: inoffensivo e doppione del vecchio.
Così un intero quadro sociale anche culturale si può rintracciare attraverso un ventaglio di frasi che hanno coinciso con la politica di questi anni . Alcune, come “fannulloni” sono scomparse assieme agli ideatori. Resta la “rottamazione” del sistema democratico di cui erano portatrici: non sono più le istituzioni a dover garantire qualcosa ma è chi lavora che deve dimostrare di non essere un fannullone, poiché è ovvio e scontato che lo sia. E quindi anche la disoccupazione è espressione del fannullone o del bamboccione (per i giovani).
Il terreno alla rottamazione della democrazia è stato preparato. Nel clima di seconda tangentopoli che dura ormai da anni svettano: “Sono sereno, ho fiducia nella giustizia” detto da politico incriminato di nefandezze intollerabili.
“Le toghe rosse al lavoro”, detto da politico di destra (scopriamo da Alfano che sono rubagalline) in alternanza a “giustizia a orologeria” , anche quando non c’è nessun orologio che regoli alcunché, se non il normale e frequentissimo andazzo delle elezioni nel paese. Il tutto è espressione, non di indagini normali che seguono alla notizia di reato, ma della “macchina del fango” . Questa viene evocata in genere da politici accusati di cose gravissime. L’apparato di reazioni e le prove sono appunto “macchina del fango”. Si distingue dalla categoria, non essendo accusato di nulla, Roberto Saviano, che ha collegato la critica che si deve fare a ogni scrittore a una minaccia di morte. Al punto che chiunque dissenta da Saviano o non lo faccia partecipare a una trasmissione tv è sicuramente artefice della macchina del fango contro di lui, creando di fatto il tabù Saviano.
Ma il frasario cruciale è quello che descrive il rapporto tra politici e media.
“I media” (in genere sono sempre tutti di sinistra, compresi quelli di destra) “hanno distorto quanto ho detto strumentalizzando..” . Frase tipica dell’era Berlusconi e sua quintessenza: dire per poi smentire dando la colpa ai media che appartengono direttamente o indirettamente all’ex capo di governo, e dei quali si è sempre servito.
“La frase è stata estrapolata da un ragionamento” detto in genere dagli stessi che hanno vissuto e fatto politica con frasi prefabbricate. Si dolgono così di non essere apprezzati per la presunta complessità del loro discorso e che solo una frase venga usata per riportarne il pensiero.
“L’immagine dell’Italia che danno i media…” Forse è l’emblema della politica che si esaurisce nella comunicazione, e la dichiarazione più aperta della mancanza di maturità democratica. E’ infatti tipico di chi si comporta in modo disastroso accusare i media che raccontano le sue azioni di dare una cattiva immagine, mentre le azioni ancorché gravissime, devono restare nascoste.
Di sicuro quando il frasario non supporta più siamo a : “non si deve demonizzare” detto di chi vuole distogliere l’attenzione della stampa dalle proprie azioni. Cioè meno ne parli meglio è. Anzi per favore o ne parli bene o non ne parlare affatto.
Mara Carfagna è giunta forse dove nessuno mai, a proposito del risarcimento danni ottenuto da Sabina Guzzanti: “la sentenza stabilisce un principio” ha detto la ex ministra : “la satira non deve dileggiare un personaggio pubblico”. Pertanto non si capisce più lo scopo della satira. La sentenza stabiliva che c’era stata diffamazione (in piazza Navona piena di gente Sabina Guzzanti raccontò il contenuto scabroso di intercettazioni, lette da molti e poi distrutte). La sentenza ovviamente non dava una interpretazione della satira ma si atteneva ai fatti.
Ai media che distorcono sempre un pensiero (che non c’è) segue la paranoia da consenso : “la gente è stufa di ..” ma soprattutto “gli italiani hanno capito…”. Intanto affermano attraverso la politica marketing quali sono i bisogni degli italiani. Le precedenti campagne elettorali della destra sembrava che l’Italia fosse in mano alla delinquenza organizzata degli immigrati “che violentano le nostre donne” diceva Cota e che non ci fosse lavoro a causa dei tantissimi fannulloni. Pertanto la gente era stufa di questo.
Quanto più è impotente e fallimentare la politica quanto più vuole mostrare il volto duro e decisionista. Quindi ogni fesseria viene affermata “senza se e senza ma”. La frase chiave dell’era leghista, legata alla sicurezza, unico obiettivo di un paese senza obiettivi è “tolleranza zero” che usò dieci anni fa il sindaco di New York a proposito della malavita che funestava la città. Di fatto viene ripetuto da politici malavitosi che garantiscono così alla cittadinanza una protezione, anche se non si capisce più da chi.
Anche gli scandali da temere per i significati che portano, in genere si ridimensionano nella dimensione Topolino. Per cui tutto finisce in -opoli, mentre qualsiasi cosa entri nel pruriginoso diventa “a luci rosse”. Ma il vero capolavoro si compie con la grande ansia di classificazione in modo da azzerarle : le donne. Appena ce ne sono due che fanno qualsiasi cosa assieme si “ tinge di rosa”. Una commedia con due donne? Si tinge di rosa. La direzione di un carcere? Si tinge di rosa.
Per quanto riguarda gli industriali terrorizzati dal finire in qualsiasi forma di cambiamento, per “implementare” l’industria e creare nuovi posti di lavoro, oltre all’eliminazione dei sindacati, c’è la frase chiave “è ora che in questo paese si facciano le grandi riforme” . Ossia che si completi lo smantellamento dello stato sociale per completare, appunto, la rottamazione del paese.