Il nuovo Museo espone reperti che coprono un arco cronologico che va dal VII secolo a.C. sino all’età rinascimentale. Il percorso espositivo è articolato in sezioni. La prima è dedicata a Nepi prima della storia. Siamo nel Viterbese a una quarantina di chilometri dal capoluogo. Ritrovamenti di industria litica e reperti dell’età del Bronzo e del Ferro, testimoniano che il territorio nepesino era densamente frequentato sin dalle epoche più antiche.

Si tenga presente che la prima Nepi nasce proprio durante la media età del Bronzo. Segue una sezione dedicata alle necropoli urbane che circondano l’abitato. Sono esposti materiali provenienti dalle necropoli di S. Paolo e del Cerro, datati al VII secolo a.C. Siamo in piena età orientalizzante. Si tratta di corredi costituiti da materiale ceramico legato alla pratica del simposio. Sono presenti ceramiche di impasto, bucchero, figulina acroma. Gli impasti sono decorati con incisioni poi riempite con sostanze colorate mentre le forme vascolari presentano teorie di volatili, elementi floreali e vegetali, tipici del periodo orientalizzante. La sezione successiva è invece dedicata alle necropoli extraurbane, tra cui quella del Gilastro. Seguono le ricostruzioni di alcune tombe. Della necropoli di Sante Grotte è riproposta la ricostruzione integrale della tomba 3, famosa per il suo ricco corredo. Si tratta di una grande camera con copertura piana preceduta da un lungo dromos, contenente dieci loculi scavati lungo le cui pareti e una fossa, contenente un individuo, realizzata nella parte centrale del piano pavimentale. Oltre alle usuali ceramiche d’impasto e bucchero, sono stati rinvenuti anche eleganti vasi per il banchetto (tra cui due meravigliosi esemplari attici), alcuni recipienti di bronzo e un aspergillum bronzeo, probabilmente usato come filtro per insaporire la bevanda. Una particolarità di questa tomba è costituita dalla presenza di un gancio e di un chiodo infissi tra due pareti destinati il primo a sorreggere qualche imprecisato oggetto, il secondo forse a sostenere una corona di fiori. E ancora scarabei, gioielli, ornamenti personali. Tutto indica l’alto rango della famiglia nepesina che qui fu sepolta. In questa sala è mostrato un video attraverso il quale i visitatori potranno rivivere lo scavo di una delle tombe ricostruite. L’età romana è trattata nella sezione Nepi romana, dove sono esposte alcune are funerarie e votive. Conclude il percorso la sezione Il paleocristiano a Nepi, dedicata alla fase più recente della storia della cittadina. Sono esposti alcuni stemmi della famiglia Borgia provenienti dall’omonimo Forte, uno dei monumenti più significativi di Nepi, che costituiscono una rara testimonianza del periodo in cui Lucrezia Borgia, dopo aver contratto matrimonio con Alfonso d’Aragona duca di Bisceglie, fu investita dal padre Alessandro VI del Ducato di Nepi (1499-1501).

Etruria meridionale in mostra
La nuova sede del Museo Civico Archeologico di Nepi è stata appena inaugurata. “Un fiore all’occhiello che valorizza la nostra cittadina”, ha dichiarato il sindaco Franco Vita durante la conferenza stampa di presentazione tenuta nella sala consiliare del Comune “in questi anni abbiamo sempre dimostrato di voler eccellere nella qualità. Questo è un risultato eccellente”. Alfonsina Russo, Soprintendente per i Beni Archeologici dell’Etruria Meridionale, oltre a ringraziare l’archeologa Daniela Rizzo principale artefice della realizzazione del Museo e responsabile del territorio nepesino da circa trent’anni, ha sottolineato l’importanza di una simile iniziativa per l’Etruria Meridionale e per la cittadinanza di Nepi. “Questa inaugurazione fa seguito ad un periodo di grande impegno. E’ giusto che i Musei siano realizzati nei luoghi da cui provengono i reperti. E’ giusto restituire al territorio le proprie ricchezze, testimonianze fondamentali per ricostruire il suo passato, le sue radici. Il Museo è un luogo vivo, non solo di conservazione, e lo deve essere soprattutto per le scuole. Mi auguro quindi che il Comune si impegni a realizzare progetti con le scuole che rappresentano le nuove generazioni, il nostro futuro”. Il progetto di un Museo Civico Archeologico risale al sindaco Ezio Polidori. “Fu lui il primo a parlarmi di questo progetto” ha spiegato Daniela Rizzo “ erano gli anni Ottanta. Dopo di lui sono stati due i sindaci che si sono impegnati nella realizzazione di questo progetto. Sono Mauro Giovenale, che ha individuato il locale da adibire a Museo, e Franco Vita a cui va il merito di aver avviato i lavori. Insomma, è stato un museo meditato. Un Museo che raccoglie il risultato del lavoro svolto negli anni sul territorio dalla Soprintendenza. E’ un’emozione grandissima vedere reperti che ho estratto dalla terra ora esposti in un Museo”.        
L’antico abitato di Nepi sorgeva su un promontorio tufaceo naturalmente protetto da vallate, al confine occidentale dell’Agro falisco, di cui faceva parte non solo territorialmente ma anche culturalmente. Le uniche testimonianze di questo insediamento sono le necropoli che circondavano l’abitato, che mostrano una lunga utilizzazione che va dall’VII al IV secolo a.C. Dopo i primi rinvenimenti dell’Ottocento, è solo alla fine del XX secolo che la Soprintendenza per i Beni Archeologici dell’Etruria Meridionale riesce a individuare alcuni contesti sepolcrali il cui scavo permette di ricostruire la storia di Nepi, testimoniandone la grande vitalità e la costante partecipazione ai traffici commerciali che a partire dall’VIII secolo a.C. coinvolgono tutti i maggiori centri dell’Etruria. Le continue scoperte confermano l’importanza e la necessità di creare un museo.
Prima della nuova sistemazione museale, i reperti archeologici del territorio erano esposti nel Museo Civico di Nepi, sito all’interno del meraviglioso Palazzo Comunale progettato da Antonio da Sangallo il Giovane. Occasione di questo primo allestimento fu la mostra Le Necropoli di Nepi, organizzata nel 1992 dalla Soprintendenza Archeologica per l’Etruria Meridionale in collaborazione con il Comune di Nepi e allestita all’interno della sala nobile.  Al termine dell’esposizione si decise di mantenere lì i materiali di proprietà del Comune, mentre gli altri tornarono nei magazzini statali. Nel 1998 i reperti furono trasferiti nei locali seminterrati del Palazzo Comunale e sistemati entro due sale. Questo spostamento fu accompagnato da una revisione dell’allestimento, arricchito nel corso del tempo da reperti ricomposti attraverso un accurato restauro. E così è stato sino a ieri.

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