Nelle cronache locali Milanesi ogni volta che si allaga la città o parte di essa uno dei maggiori responsabili è un fiumicello che attraversa la parte Nord della Metropoli Lombarda. Nell’antichità Milano è stata sempre un acquitrino.

Bonvesin della Riva ricorda acque meravigliose ben incanalate che recavano benefici come le marcite – un metodo agrario inventato dai monaci certosini- , orti ubertosi  con esito di raccolto abbondante. Nella cronaca del primo Cinquecento di Francesco Guicciardini si descrivono  le  campagne allagate attigue alla citta che sfuggivano al governo dei tempi di pace. Il fiore all’occhiello erano  i canali navigabili. Navigli che diedero negli anni 50 il primato di secondo porto d’Italia di una città lontana dal mare che riusciva ad essere porto dai tempi dei Visconti.

Coperti i navigli maleodoranti dal regime fascista, la mossa sbagliata è stata quella di interrare per un tratto il  fiume Seveso in città, che si ingrossa alle prime piogge e allaga da decenni il quartiere Niguarda e Via Fulvio Testi, le linee Gialla e Lilla della Metropolitana tracimando fino al quartiere Isola- Garibaldi. A pochi mesi dall’Expo forse sarebbe in caso di scoperchiare i fontanili e i ruscelli, pulire le fogne e versare le acque eccedenti nei bacini vuoti dei vecchi navigli. Una corsa contro il tempo. Basta iniziare subito per evitare brutte figure e soprattutto disagi ai cittadini.

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