Sebbene l’articolo 9 della Costituzione italiana lo dica chiaramente: “La Repubblica promuove lo sviluppo della cultura e la ricerca scientifica e tecnica. Tutela il paesaggio e il patrimonio storico artistico della Nazione”, a Pisa nei giorni scorsi la salvaguardia di una parte del patrimonio è stata delegata ad un’associazione privata di volontari e funzionari in pensione.
Lo scorso maggio aveva fatto scalpore la decisione del Ministero per i Beni e le Attività Culturali di fare ricorso al volontariato al posto di professionisti nell’apertura gratuita di 257 luoghi della cultura per l’evento La notte dei Musei. Ad insorgere erano state tutte le associazioni di categoria penalizzate da questa iniziativa in quanto ritennero “non ammissibile approfittare della crisi economica per far entrare le associazioni di volontariato, che usufruiscono anche di notevoli sovvenzioni pubbliche, nella gestione dei Beni Culturali dello Stato”. Stesso parere aveva espresso il deputato Matteo Orfini per il quale “tutelare, rendere fruibile e valorizzare il nostro patrimonio è un lavoro delicato per il quale occorre professionalità. Il volontariato è importantissimo, ma non può sostituire il lavoro qualificato. A nessuno verrebbe mai in mente di supplire ai tagli alla sanità facendo gestire gli ospedali dai volontari. Non si capisce perché i professionisti dei beni culturali debbano essere così umiliati proprio da chi dovrebbe averne a cuore la valorizzazione”. Associazioni professionali e forze politiche ritennero indispensabile l’intervento dell’allora ministro Bray affinché chiarisse definitivamente la questione. Intervento inconsistente. Dopo le proteste, in molti avranno infatti sperato in un cambio di tendenza nella politica perseguita dal Ministero e quindi un maggior rispetto verso tutti quei professionisti umiliati dalle scelte ministeriali e, chissà, finalmente qualche buona offerta lavorativa. L’offerta, se così si può definire, è arrivata a dicembre con la pubblicazione del bando 500 giovani per la cultura, ribattezzato 500 schiavi per la cultura, in cui a laureati cum lode entro i 35 anni d’età veniva offerto un tirocinio di 30/35 ore lavorative settimanali retribuite 416 euro lorde al mese per un anno, ossia 20 euro lordi al giorno. E’ stato allora chiaro a tutti il valore dato alla cultura dal Mibact. La richiesta da parte delle associazioni di categoria di modificare il bando perché “offensivo della dignità degli specialisti dei beni culturali e di tutti i cittadini che hanno a cuore il Patrimonio Culturale Italiano” è rimasta inascoltata anche dopo la manifestazione nazionale dell’11 gennaio. I legali dell’Associazione Nazionale Archeologi hanno quindi impugnato il bando presso il Tar del Lazio. Insomma dopo questi spiacevoli e umilianti eventi ma soprattutto dopo le conseguenti spiegazioni fornite dalle associazioni di categoria circa la situazione e le esigenze dei professionisti dei beni culturali si era sperato che alle istituzioni deputate alla tutela del nostro immenso patrimonio fosse finalmente chiaro che esiste già una sovrabbondanza di specialisti già formati e che a mancare è l’offerta di lavoro. Ebbene, ancora una volta ci si sbagliava. La conferma è arrivata pochi giorni fa dalla Toscana.
Il patto (scellerato) di Pisa
Il 3 febbraio a Pisa si è tenuta una riunione, presieduta dal prefetto Francesco Tagliente, per discutere sulle possibili iniziative di supporto alla salvaguardia del patrimonio artistico e monumentale della provincia minacciato, e in alcuni casi già seriamente danneggiato, da usura, maltempo e carente manutenzione. Un patrimonio oggetto di ammirazione e interesse a livello mondiale. E’ stato il sindaco Marco Filippeschi a chiedere al prefetto riunire un tavolo interistituzionale “per porre tempestivo rimedio”. Alla riunione hanno partecipato Comune, Soprintendenza ai Beni architettonici paesaggistici storici artistici e etnoantropologici per le province di Pisa e Livorno, Direzione territoriale del Lavoro, Direzione Generale Azienda USL 5, Provincia, Comando Provinciale dei Vigili del fuoco, INAIL, Università, Arcidiocesi e l’Associazione de Gli amici dei musei e dei Monumenti Pisani. Insomma c’erano proprio tutti. Comune e Soprintendenza, ossia le istituzioni deputate alla tutela del patrimonio artistico, hanno ammesso di non essere in grado di far fronte con le sole risorse pubbliche all’attuale situazione di degrado. Ebbene all’unanimità è stato deciso di istituire all’interno dell’associazione Gli amici dei Musei una Sezione specializzata di volontari di pronto intervento, coordinata da un ex Sovrintendente o da un tecnico di provata formazione e esperienza, per “le operazioni di recupero e manutentive”. C’era da aspettarselo. Ancora una volta a essere penalizzati sono i professionisti dei beni culturali, gli unici a cui forse è rimasto a cuore la sorte del nostro patrimonio. Il prefetto ha infatti dichiarato che si cercherà di “mettere in comune le esperienze professionali maturate in altri contesti e la disponibilità a prestare la propria attività spontaneamente e a titolo gratuito in un’azione di meritevole spirito collaborativo che si pone a vantaggio e nell’interesse dell’intera comunità”. Intera comunità da cui sono però esclusi proprio i professionisti dei beni culturali, coloro che per diritto e formazione, in molti casi pluridecennale, dovrebbero essere pagati per svolgere simili lavori. E invece grazie a simili scellerate decisioni stentano sempre di più ad andare avanti, sono costretti a lasciare l’Italia o a riciclarsi in altri lavori. Professionisti che oggi si vedono per l’ennesima volta umiliati dalle istituzioni. Istituzioni che non sono più in grado di svolgere il proprio ruolo, per mancanza di fondi dicono, e delegano le proprie funzione a semplici amici di musei e monumenti perché convinte che “oggi solo con il coinvolgimento del Volontariato specializzato può essere assicurata la minuta manutenzione del patrimonio monumentale e artistico della provincia”. Istituzioni a cui ancora una volta dobbiamo ricordare che per monitorare lo stato di salute dei beni storico-artistici servono formazione e competenze specifiche. Al contrario a Pisa non ci si preoccupa nemmeno di preparare i volontari nel settore della storia dell’arte e della tutela, quanto di formarli in materia di salute e sicurezza del lavoro e di munirli di tessera di riconoscimento e attrezzatura adeguata. Dovrebbe forse sollevarci la notizia che i volontari saranno selezionati “da organismi esperti, quali l’Associazione degli Amici dei Musei, la Soprintendenza e il Comune”. Invece rabbrividiamo nel constatare che senza un regolare bando è stata scelta un’associazione, sulla base di sconosciuti meriti o motivi, a cui addirittura è stato affidato il delicato compito di scegliere le persone che dovranno tutelare il patrimonio culturale italiano. Un patrimonio che fa parte del nostro essere cittadini, che ci identifica, e che la Costituzione ha sancito debba essere conservato dallo Stato, cioè dal pubblico. E’ necessario destinare a tal fine maggiori risorse e rispettare il diritto al lavoro dei professionisti dei beni culturali. Il volontariato è e deve rimanere un prezioso strumento di supporto non di sostituzione dei professionisti del settore.
La protesta delle associazioni di categoria
Le associazioni di categoria ANA (Associazione Nazionale Archeologi), ARCH.I.M. (Archivisti in Movimento), GBeA (Giovani Bibliotercari e Aspiranti), St.Art.I.M. (Storici dell’Arte in Movimento), Ragione del Restauro, Strade (Sindacato Traduttori Editoriali), e l’Associazione Culturale Artiglio, unite nella preoccupazione che tale situazione possa portare alla sostituzione dei professionisti dei Beni Culturali con volontari, dopo aver colloquiato con le realtà istituzionali pisane per prime hanno sottoscritto un documento congiunto, uscito il 19 febbraio, in cui, dopo aver evidenziato le criticità insite in tale accordo, hanno rivolto un appello al Sindaco di Pisa e al Prefetto affinché venga reso noto il quadro finanziario che ha indotto tale scelta e venga istituito un tavolo di confronto che comprenda le associazioni professionali e tutte le forze civili interessate a salvaguardare il patrimonio per riformulare i termini dell’accordo. Le associazioni ritengono inaccettabile scaricare i costi di manutenzione totalmente sul costo del lavoro, azzerandolo e dequalificandolo con volontari formati ad hoc. Preoccupa inoltre la posizione favorevole dell’Università nei confronti dell’accordo. Ci si chiede come possa l’Università, il cui compito principale è quello di formare professionisti e specialisti qualificati che abbiano reali opportunità di lavoro, avallare misure volte a sostituire le prestazioni professionali con quelle volontarie. “Il ricorso al lavoro volontario per sostenere i costi di manutenzione o gestione ordinaria rischia di innescare una logica di gestione al ribasso del patrimonio culturale, con conseguenze negative sulla qualità e le prospettive occupazionali del settore” ha dichiarato Salvo Barrano, presidente dell’ANA “il volontariato è una risorsa fondamentale per i Beni Culturali, ma le Istituzioni non possono appellarsi ad esso sostituendolo a competenze proprie dei professionisti e degli specialisti del settore. Non contestiamo certo le buone intenzioni dell’accordo” conclude Barrano “ma la logica dell’emergenza di oggi generata dal disinteresse del passato e la soluzione che non rispetta il giusto equilibrio tra professionismo e volontariato”. Sulla questione si è espressa anche la Confederazione Italiana Archeologi. “A chi verrebbe in mente di compensare la carenza di personale della Sanità con qualche appassionato di ER-Medici in Prima Linea, magari coordinato da un primario in pensione” tuona Alessandro Pintucci, presidente della CIA “E’ ancor più grave che un tale provvedimento venga assunto in una fase di profonda crisi economica, che sta costringendo alla disoccupazione molti liberi professionisti e al rischio di fallimento molte imprese del settore.” La CIA condivide le richieste avanzate dalle altre associazioni di categoria, affinchè si giunga ad una soluzione condivisa e non lesiva degli interessi dei lavoratori dei beni culturali.