Accesso alla professione libero (che non significa abolizione dell’esame di Stato), tirocinio e revisione delle circoscrizioni giudiziarie: misure anche in contraddizione con la riforma della professione forense nel testo approvato dal Senato. I cambiamenti sono in atto, l’Avvocatura saprà gestirli?

 Le manovre d’estate, non c’e dubbio, incidono considerevolmente sulle professioni in genere e su quella forense in particolare.
L’aumento – l’ennesimo- del contributo unificato (che si prevede possa aumentare pressoché automaticamente se , a metà anno, i soldi non basteranno), la fine della gratuità per materie tradizionalmente escluse da spese per la loro rilevanza sociale (controversie in materia di lavoro e previdenza, famiglia e imposte), l’introduzione di “premi di produzione” non solo per il personale di cancelleria, ma addirittura per i magistrati, l’utilizzazione – a fini di smaltimento dei processi – dei nostri giovani (praticanti, specializzandi e dottorandi), ovviamente a costo zero e senza alcun beneficio di qualunque genere, l’introduzione di sanzioni disciplinari legate alla durata del processo, sono solo alcune delle previsioni contenute nelle manovre che ci riguardano .
Per parlare di tutte, approfonditamente, non basterebbe tutto il sito di Golem.
Innanzi tutto è necessario essere consapevoli che gli interventi sono, tutti, dovuti al disastro economico (e politico) nel quale il nostro Paese si trova , che richiede misure a tutto campo, anche in un settore delicato, come quello della giustizia, per il risanamento di conti ampiamente in rosso (e, certo, non per colpa nostra).
Tuttavia, nella manovra d’agosto, dettata, dobbiamo dircelo chiaramente, dalla BCE e dalla famosa lettera di Trichet (e Draghi) indirizzata al Capo del Governo , vi sono novità che vanno considerate con attenzione (e, a nostro avviso, anche con un pizzico di fantasia).
Trichet , nella sua comunicazione, afferma che «È necessaria una complessiva, radicale e credibile strategia di riforme, inclusa la piena liberalizzazione dei servizi pubblici locali e dei servizi professionali» (rimango, ovviamente, sul passo che ci riguarda direttamente), ed è per rispettare il diktat della Banca Centrale Europea che nella manovra d’agosto, all’articolo 3, vengono in tutta fretta inseriti principi che in uno qualunque degli altri Paesi Europei sono da tempo applicati, mentre nel nostro Paese precipitano nello sconforto più nero la nostra classe dirigente, abbarbicata ancronisticamente ad un ruolo e ad una funzione che la società, ormai, non riconosce più da tempo alle professioni in genere, e alla professione forense in particolare.
E così c’è voluta la BCE (complice un mese di agosto per certi versi surreale) per imporre la terzietà dell’organo disciplinare (locale e centrale): va bene che gli avvocati continuino ad essere titolari del potere disciplinare nei confronti degli altri avvocati, ma che almeno non via sia commistione tra l’amministrazione dell’Ordine (Ente pubblico non economico) e la funzione giurisdizionale (che potrà essere esercitata da avvocati che non siano, però, consiglieri dell’Ordine o Consiglieri Nazionali Forensi).
Il che prelude ad una governance della categoria completamente diversa da quella che siamo abituati a conoscere : anche gli Ordini dovranno modernizzarsi, diventare rispettosi del dettato costituzionale (che prevede, come tutti sappiamo, la netta distinzione tra potere esecutivo, potere legislativo e potere giurisdizionale) e intervenire sempre meno sull’attività che gli iscritti svolgono.
Nella manovra d’agosto viene anche affermato il principio secondo il quale l’accesso alla professione è libero (che non significa, come molti strumentalmente vogliono accreditare, abolizione dell’esame di stato, ma sonora bocciatura di ogni regolamentazione eccessiva nella fase iniziale della professione. Come, ad esempio, quella prevista nella legge di riforma forense approvata dal Senato qualche mese mese fa. A proposito, ma non è stata la stessa maggioranza che ha approvato le manovre d’estate ad approvare anche quella proposta di legge?);
e poi ancora che il tirocinio potrà durare fino a tre anni, ma potrà essere svolto anche durante il periodo universitario (per molte altre professioni ordinistiche è già così da tempo).
Con l’articolo 3, paradossalmente, anche le tariffe professionali di fatto vengono rivalutate: sono richiamate espressamente come punto di riferimento, sia  per concordare il compenso con il proprio assistito che, nell’ipotesi in cui non vi sia stato accordo preventivo, quando il committente è un ente pubblico, nel caso di liquidazione giudiziale dei compensi, ovvero nei casi in cui la prestazione professionale è resa nell’interesse di terzi.
Un ragionamento sulla opportunità di revisione delle circoscrizioni giudiziarie (che risalgono, come tutti sappiamo, ad epoca preunitaria) al prossimo articolo.
Per ora, in attesa di quanto ancora avverrà, resta solo il tempo (e lo spazio) per un auspicio : che l’avvocatura – nonostante precedenti scelte che, oltre ad essere anacronistiche, si sono rivelate sostanzialmente errate – sappia gestire e governare un cambiamento ormai inevitabile.

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