Aree controllate e deputate allo smaltimento di rifiuti tossici che si rivelano invece essere un grosso rischio per la salute dei cittadini e dell’ambiente. Durante una affollata conferenza stampa a Milano, Greenpeace ha presentato il rapporto “SIN Italy: la bonifica dei Siti di Interesse Nazionale”, ovvero una rassegna sulle numerose questioni aperte nelle aree da bonificare in Italia. Sono stati inoltre resi pubblici gli ultimi aggiornamenti delle indagini sulla bonifica in corso alla ex-Sisas di Pioltello-Rodano.

La bonifica della ex-Sisas è un esempio lampante della situazione attuale dei SIN e dell’inadeguatezza della gestione emergenziale. Nel corso degli ultimi mesi sono state documentate irregolarità nella gestione dei rifiuti tossici esportati in Spagna. In particolare Greenpeace ha documentato che almeno parte delle quasi 25.000 tonnellate di residui pericolosi arrivati alla discarica spagnola di Nerva, in Andalusia, gestita dalla società Befesa, sono stati smaltiti in modo irregolare, ovvero senza subire il trattamento fisico-chimico di stabilizzazione obbligatorio.

Gli incendi sospetti.

SisasNella sequenza fotografica che è stata resa pubblica, si può osservare uno dei container contenente i residui pericolosi provenienti da Pioltello, che accede all’impianto di Befesa, e dopo pochi minuti viene scaricato senza subire alcun trattamento. Befesa è sotto accusa da tempo per una gestione disinvolta dei rifiuti, come dimostrato dalle denunce presentate da gruppi ecologisti e partiti locali. I rifiuti della ex Sisas inoltre, non sono gli unici residui italiani che sono entrati in quell’impianto. Ad esempio anche materiali provenienienti dalla bonifica della Stoppani di Cogoleto sono stati smaltiti in Spagna. Ad aprile e luglio scorsi, ben due incendi sono scoppiati all’interno dell’impianto, e proprio nelle aree dove erano stati scaricati i residui italiani. Il secondo incendio, ha costretto le autorità locali a ordinare la chiusura temporanea dell’impianto.

Un giro di grossi “affari”.

sisas_1Il lato spagnolo della vicenda però, non è l’unico aspetto poco chiaro. Rimangono infatti aperti gli interrogativi sui quantitativi, la classificazione dei rifiuti movimentati e su almeno parte dei siti di smaltimento finale. L’indagine in corso della Procura della Repubblica di Milano a carico del Commissario Luigi Pelaggi per una presunta tangente di 700 mila euro pagata dalla società Daneco Impianti, e le ipotesi di declassamento dei rifiuti per risparmiare sui costi della bonifica, non fanno che confermare la necessità di soluzioni diverse da quella emergenziale. Oggi in Italia le aree da bonificare sono moltissime: 57 di esse, le più pericolose, sono classificate come “Siti d’Interesse Nazionale” (SIN) e coprono il 3 per cento del territorio del Paese: 1.800 chilometri quadrati di aree marine, lagunari e lacustri (il doppio della Laguna di Venezia e del Lago di Garda messi insieme) e 5.500 chilometri quadrati di aree terrestri (per estensione più della somma delle province di Milano, Pavia e Lodi). I Comuni inclusi nei SIN sono oltre 300, per un totale di circa 9 milioni di abitanti. Proprio quando i dati sul pesante impatto sanitario della mancata bonifica di queste aree cominciano a essere accessibili (con almeno 10 mila morti attribuite alla contaminazione dei SIN), le risorse finanziarie destinate dal Governo alle bonifiche sembrano dileguarsi, aprendo la strada a gestioni emergenziali e ipotesi di “condono”, come quella introdotta dall’art. 2 della L. 13/2009, che portano a “scorciatoie” pericolose per salute e ambiente.

I rifiuti scomparsi.

smaltimento-rifiuti-tossici-operazione-quattro-maniLe bonifiche possano favorire ricerca e innovazione, creare occupazione e salvaguardare territorio e salute umana. Per trasformarle da problema a opportunità ci sono però alcuni passaggi obbligati da seguire: la fine della gestione emergenziale, l’abolizione dell’art. 2 della L.13/2009, un Piano Nazionale per le bonifiche dei SIN che miri a investimenti legati a efficienza e sostenibilità, certezza sulle risorse finanziarie da parte del Governo e soprattutto un confronto aperto con le rappresentanze di cittadini, sindacati e associazioni ambientaliste. In attesa che le bonifiche dei SIN vengano effettuate il prima possibile e in modo corretto, rimangono aperti gli interrogativi già posti alle autorità italiane e al Commissario europea all’Ambiente Potocnik: che fine hanno fatto i rifiuti della ex sisas?

Per saperne di più:

Ulteriori approfondimenti sul caso ex-Sisas sono disponibili sul sito di Greenpeace al link: http://www.greenpeace.org/italy/it/campagne/inquinamento/Rifiuti/bonifiche/

Sin Italy. Rapporto Greenpeace ottobre 2011
Il mistero dei rifiuti scomparsi. Greenpeace ottobre 2011
Nerofumo ex-Sisas. Rapporto Greenpeace

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