Anche per i giudici della Corte lussemburghese il lavoro è un cruccio. Non perché rischino il posto quanto piuttosto perché di sentenze in materia ultimamente ne arrivano di frequente. Si sa, quando si rischia di rimanere a casa, quando il contratto oggi c’è domani chissà, si provano un po’ tutte le vie.

Deve aver pensato questo il connazionale che ha portato le Poste in causa cercando una stabilizzazione che la Corte Ue gli ha negato: i vecchi schemi non funzionano più.

Sì, perché non ci sono più gli spazi di una volta per tentare di entrare dalla finestra quando l’unica strada è dalla porta sul retro…. Il vecchio cliché del portalettere che dopo qualche tempo per le strade finisce allo sportello non regge. A tutelare dalle cause e dalle assunzioni “capestro” ci pensa l’agenzia interinale e il contratto di somministrazione al quale non si applica la direttiva europea per i contratti a tempo determinato.

La decisione della Corte Ue – la diatriba parte da Napoli e arriva fino a Lussemburgo, dove i giudici si trovano a decidere se la direttiva (1999/70/CE) e l’accordo quadro del 1999 sui contratti a tempo determinato debba essere applicata anche ai contratti di somministrazione lavoro.
Il portalettere, infatti, dopo essere stato assunto tre volte attraverso un’agenzia interinale per supplire le assenze in organico, aveva fatto ricorso al tribunale partenopeo chiedendo di essere stabilizzato, partendo dall’assunto che i motivi che avevano spinto l’azienda a quella tipologia contrattuale fossero «generici e insussistenti» e che la proroga della stessa non fosse motivata.

L’accertamento del tribunale però si è fermato alla questione pregiudiziale sottoposta alla Cgue. A livello di legislazione nazionale, infatti, non ci sono limiti alle proroghe di contratti di lavoro a termine per le agenzie di lavoro interinale, come emerge dall’articolo 22 del Dlgs 267/2003. Il dubbio era sulla compatibilità con la clausola 5 della direttiva quadro; dubbio che viene sciolto spiegando che l’intermediazione dell’agenzia interinale esonera la tipologia contrattuale dal osservanza delle disposizioni della direttiva: «l’esclusione che compare nel preambolo dell’accordo quadro è riportata anche nella clausola 3, punto 1, di quest’ultimo, secondo la quale soltanto il rapporto di lavoro concluso «direttamente» con il datore di lavoro rientra nell’ambito di tale accordo quadro».
Sotto esame rientra quindi il portalettere come lavoratore interinale e non il contratto di somministrazione. Per lui e tutti i “contrattisti” attraverso agenzia non c’è la possibilità di avvalersi delle tutele inserite nella direttiva.

Il cambio di rotta – L’indirizzo dato dalla Corte di giustizia dell’Unione europea mescola le carte in tavola. Fino ad oggi, infatti, ai contratti di somministrazione erano state applicate le regole dei contratti a termine, per via di quella “compatibilità” con il Dlgs 368/2001, ad eccezione per le proroghe e i rinnovi previsti dagli articoli 4 e 5 del decreto legislativo
In realtà, poi, la possibilità di prevedere limiti anche per i contratti di somministrazione è stata resa reale attraverso le previsioni contenute nei Ccnl di settore.
Pure sul lato della giustizia italiana fino ad ora sono state applicate le regole e i principi previsti per il contratto a termine anche per la somministrazione di lavoro con l’intento di limitare il dilagare di quest’ultima tipologia contrattuale reiterata (quasi) all’infinito. 

La linea europea è invece di senso opposto: si sostiene l’individualità e l’utilità della forma contrattuale come previsto dalla Direttiva Ce 104/2008 in quanto utile sia alle richieste di mercato sia all’inserimento dei giovani nel mondo del lavoro.

Forse. Probabile che per il mercato sia uno strumento utile. Come una medicina, che si somministra. Purché non abbia solo un effetto placebo.
Corte di giustizia, sentenza C-29012, 11 aprile 2013

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