Così come non tutti gli editori hanno un distributore, non sempre i distributori lavorano con tutte le librerie (o, viceversa, non tutti i librai vogliono lavorare con i distributori).

Se le librerie lavorano con il distributore, si dice che hanno un conto aperto (ma ovviamente nel senso buono, non di quello di faida mafiosa…). Il distributore ovviamente desidera – e da un certo momento in poi, pretende – d’essere pagato con una certa puntualità, alla scadenza prefissata, anche perché, a sua volta, da contratto deve remunerare il lavoro dell’editore, per non far bloccare e far collassate la filiera tutta.

Qualora il libraio sia insolvente, il distributore taglia il rifornimento di nuovi libri, si muove per vie legali e inserisce l’esercizio nella cosiddetta “black list”. Da quel momento in poi il libraio non riceverà più libri da quel distributore, con un danno economico e d’immagine sia per quei due soggetti che, soprattutto, per l’editore, che non si trova più distribuito in una o più librerie e al contempo deve dare delle spiegazioni sia agli autori (a cominciare da quelli malati di padreternismo acuto) sia ai lettori. A volte è invece il distributore a finire in una sorta di “black list” delle librerie, soprattutto quando non si comporta correttamente e, ad esempio, cerca di imporre dei titoli che il librai non vuole spedendoglieli all’interno dei pacchi con i libri invece prenotati. Anche in questo caso, a rimetterci è, alla fine, l’editore.

I librai che, per le più svariate ragioni non possono o non vogliono lavorare col distributore, per non chiudere bottega e, al contempo, continuare ad avere almeno alcuni titoli di determinati generi o editori sugli scaffali, hanno poca scelta: o acquistano i libri on line dai grandi negozi virtuali, approfittando di sconti, spese di spedizione gratuite e simili (parrà incredibile, ma sempre più librai indipendenti e di piccole o medie dimensioni lavorano così), oppure si riforniscono dai grossisti. In Italia ci sono diversi grossisti, ma alla fine il più importante – ovvero quello che calamita la maggioranza assoluta degli ordini del settore – è Fastbook, super grossista leader in Italia nella distribuzione di libri all’ingrosso, con cinque filiali (Milano, Padova, Bologna, Firenze e Roma) e oltre 120.000 titoli in catalogo, il cui numero è in crescita vertiginosa anno dopo anno. Le condizioni di questo grossista sono piuttosto severe per i librai, ma il vantaggio per questi ultimi è legato alla estrema rapidità del servizio (i distributori tradizionali sono talvolta molto lenti, anche perché tendono ad accumulare molte spedizioni per risparmiare sui costi d’invio) e alla possibilità di resa del libro invenduto entro un periodo molto breve, il che permette al libraio di non appesantire il suo magazzino cumulando quintali di libri.

Certo, il libraio di solito preferisce optare per un mix di fornitori, ma è vero che molti negozi cosiddetti indipendenti, così come molte cartolerie di paese, nei centri più piccoli, preferiscono oggi rifornirsi direttamente dai grossisti, evitando così di dover aprire un conto con più distributori. Il grossista, però – è bene ripeterlo – vuole essere pagato con estrema puntualità; viceversa, impiega un secondo a tagliare la fornitura di libri.

Il grossista, a sua volta, si rifornisce evidentemente dal distributore, di solito ottenendo percentuali di sconto molto alte. D’altronde, due fattori almeno concorrono a favorire questo sconto: il distributore per sua natura deve vendere, poiché spesso esposto con le banche; l’editore distribuito vuole essere in più librerie possibili, perché questo aumenta visibilità e possibilità di fatturazione. Nel caso di grossisti come Fastbook, lo sconto ottenuto dal distributore si aggira intorno al 50 per cento, ma sebbene il conto sia piuttosto salato questo è, per molti piccoli e medi editori, ormai uno dei pochissimi modi per poter sperare di essere presenti sugli scaffali o anche solo nell’anagrafica delle tante librerie indipendenti nazionali che ogni giorno si sforzano di sopravvivere alla stretta d’anaconda dei grandi gruppi editoriali oligopolisti, quelli che il libero mercato non sanno neppure che cosa sia (anche se tutti i loro capi sostengono di crederci fino alla morte… degli altri…).

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