Nel caso di aggravamento dello stato di salute del lavoratore disabile, è illegittimo il licenziamento intimato se la Commissione Sanitaria non si pronuncia per la definitiva impossibilità di ricollocare il dipendente in azienda.
La Suprema Corte, sezione lavoro, con la recente sentenza n. 8450 depositata il 10 aprile 2014, ha confermato le statuizioni dei giudici di merito, che avevano disposto la reintegrazione in servizio ed il risarcimento del danno in favore del dipendente licenziato, il quale era stato assunto come soggetto invalido avviato al lavoro tramite le apposite liste di collocamento dei disabili, motivando la pronuncia proprio in ragione di tale qualità, per cui il recesso poteva ritenersi legittimo unicamente in presenza delle condizioni previste dalla normativa speciale di cui alla l. n. 68/1999.
L’azienda aveva infatti licenziato il lavoratore disabile ritenendo che l’aggravamento del suo stato di salute non gli consentisse più di eseguire correttamente la prestazione lavorativa, operando tuttavia una valutazione autonoma e difforme dagli esiti dell’accertamento svolto dalla Commissione Sanitaria, istituita ex art. 4 l. n. 104/1992, che aveva espresso parere favorevole circa la possibilità di ricollocare il dipendente disabile in azienda.
Come confermato dai giudici di piazza Cavour, il criterio determinante per accertare la legittimità del licenziamento del lavoratore, assunto sulla base della normativa sul collocamento obbligatorio, è rappresentato dalla definitiva impossibilità di reinserire il disabile all’interno dell’azienda, il cui accertamento compete alla Commissione medica, in un’ottica di maggior tutela per il dipendente disabile.
Il licenziamento del disabile segue la disciplina generale soltanto quando è intimato per giusta causa o giustificato motivo, mentre nell’ipotesi di aggravamento delle condizioni di salute del lavoratore, la l. n. 68/1999 prevede una tutela rafforzata, integrata dall’onere di repechage a carico del datore di lavoro – chiamato a verificare se, modificando l’organizzazione del lavoro, il disabile possa essere chiamato a svolgere mansioni differenti – unito alla valutazione della Commissione Sanitaria circa la posizione lavorativa del disabile in azienda.
Per volontà del legislatore, la valutazione dello stato di salute del lavoratore disabile è dunque riservata in via esclusiva ed inderogabile alla Commissione Sanitaria, che assume un ruolo decisivo ai fini dell’accertamento della legittimità o meno del licenziamento, in considerazione della posizione di debolezza contrattuale del disabile, che impone una limitazione della libertà di iniziativa economica della parte datoriale.
Su tale base, la Suprema Corte ha condiviso la valutazione operata dalla Corte territoriale in termini di illegittimità del licenziamento intimato, in mancanza dell’accertamento, da parte della Commissione Sanitaria competente, della definitiva impossibilità di ricollocare il lavoratore disabile all’interno dell’azienda.