La Suprema Corte, sezione lavoro, con la recente sentenza n. 9167, depositata in data 16 aprile 2013, in accoglimento del ricorso presentato da un dipendente infortunatosi durante lo svolgimento dell’attività lavorativa, ha chiarito i termini della responsabilità datoriale per il sinistro occorso al prestatore di lavoro, escludendo, nella fattispecie, il concorso di colpa del lavoratore per la mancata utilizzazione delle idonee misure protettive.

Nel caso che occupa, la Corte territoriale, nel giudizio di risarcimento dei danni promosso da parte del dipendente che, nell’esecuzione della prestazione lavorativa all’interno dello stabilimento, aveva subito gravissime lesioni corneali, aveva riconosciuto il concorso di colpa del lavoratore per non avere indossato gli occhiali protettivi in dotazione – che avrebbero ridotto notevolmente l’effetto nocivo dell’infortunio – con conseguente dimezzamento dell’importo già liquidato dal primo giudice.

La responsabilità del datore di lavoro ai sensi della legislazione vigente. Il fondamento normativo della responsabilità datoriale per l’infortunio del dipendente risiede, in primis, in via generale, nel combinato disposto ex artt. 1218 e 2087 c.c., che impone all’imprenditore di adottare le misure necessarie a tutelare l’integrità fisica e la personalità morale del prestatore di lavoro.
Con specifico riferimento alla prevenzione degli infortuni, occorre ancora precisare che il diritto del lavoratore dipendente alla sicurezza sul lavoro, oltre ad essere garantito costituzionalmente ai sensi degli artt. 32 e 41 Cost., trova una più specifica disciplina nelle disposizioni di cui al D.lgs. n. 81/2008, Testo Unico sulla salute e sicurezza nei luoghi di lavoro, che ha sostituito sul tema il D.lgs. n. 626/1994.
In ultima analisi, l’art. 9 dello Statuto dei lavoratori riconosce alla categoria di riferimento, mediante le proprie rappresentanze sindacali, il diritto di monitorare l’applicazione delle norme per la prevenzione degli infortuni e delle malattie professionali nonché di promuovere l’attuazione di tutte le misure idonee a presidio della salute ed integrità fisica del dipendente.

L’orientamento della Cassazione a tutela del lavoratore. La Suprema Corte, sulla scia delle determinazioni già precedentemente assunte in tema di sicurezza sul lavoro, afferma che il datore di lavoro è sempre responsabile dell’infortunio occorso al dipendente, non solo quando ometta di adottare le idonee misure protettive, ma anche nel caso in cui non accerti e vigili che il lavoratore effettivamente se ne avvalga, non potendo riconoscersi alcun effetto esimente all’eventuale concorso di colpa del prestatore di lavoro.
Ne consegue che può escludersi la responsabilità dell’imprenditore unicamente nell’ipotesi in cui il comportamento del dipendente “presenti i caratteri dell’abnormità, inopinabilità ed esorbitanza rispetto al procedimento lavorativo ed alle direttive ricevute, come pure dell’atipicità ed eccezionalità”, così da configurarsi come causa esclusiva dell’evento.
Il suddetto, rigoroso, orientamento è riconducibile alla ratio della normativa in materia di prevenzione degli infortuni sul lavoro, finalizzata a tutelare il lavoratore non solo dagli incidenti derivanti dalla sua disattenzione, ma anche da quelli ascrivibili alla sua imperizia, negligenza ed imprudenza, per i quali il datore di lavoro è interamente responsabile, non potendo invocare il concorso di colpa del danneggiato.
Ed ancora, i giudici di Piazza Cavour hanno precisato che la condotta del dipendente, qualora non abbia un’efficienza causale esclusiva nella determinazione dell’evento – integrando una mera modalità dell’iter produttivo del danno, in quanto imposta in ragione della condizione di subordinazione -, deve essere integralmente addebitata al datore di lavoro, responsabile per aver adibito il prestatore ad incombenze lavorative pericolose, in violazione di specifiche norme antinfortunistiche.
Orbene, nella fattispecie in esame, la condotta negligente del lavoratore, che aveva omesso di indossare gli appositi occhiali protettivi, non poteva certo assurgere a causa unica e determinante l’infortunio, con conseguente esclusiva responsabilità del datore di lavoro per non avere, altresì, adeguatamente vigilato sull’utilizzo delle misure protettive da parte del dipendente.
Alla luce delle suesposte argomentazioni, in riforma delle statuizioni della Corte di merito, la Suprema Corte conclude che, esclusa l’ipotesi della condotta abnorme, atipica ed eccezionale del lavoratore, tale da interrompere il nesso di causalità, l’infortunio sia ascrivibile unicamente ed integralmente al datore, il cui comportamento deve essere quindi ritenuto quale unico fattore causale dell’evento dannoso.

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