La Corte d’Appello di Trento ha ritenuto che nel nostro ordinamento non vi è un modello di genitorialità esclusivamente fondato sul legame biologico fra il genitore ed il nato, dovendosi far riferimento al concetto di responsabilità genitoriale che si manifesta nella consapevole decisione di allevare ed accudire il bambino.

La decisione si muove nel solco della sentenza della Cassazione n° 19599 del 30/09/2016, di cui Golem si è già occupato, che però riguardava una situazione simile, ma non identica, laddove si trattava di due donne legate da un rapporto omosessuale, ma anche unite da un legame genetico con il figlio. Infatti una delle due lo aveva partorito quale madre biologica, mentre l’altra donna aveva donato l’ovulo da cui il bambino era nato, utilizzando per maggiori probabilità di riuscita, la più giovane della coppia.
Nel caso di Trento, viceversa, i figli sono nati dal seme di uno dei padri, utilizzando, per portare avanti la gravidanza il sistema dell’utero in affitto, servendosi di una ragazza americana previo presumibile adeguato compenso.

SI E’ PERSO DI VISTA IL NOCCIOLO DELLA QUESTIONE

Ciò che emerge da tali decisioni è il fatto che l’attenzione sia stata portata sull’aspetto formale e giuridico (riconoscimento di una statuizione anagrafica in uno Stato estero, trascrivibilità di un provvedimento emesso in un ambito normativo diverso, contrasti fra legislazioni di Stati diversi).
Viceversa a noi sembra che in tal maniera, si sia persa di vista la questione principale che è quella evidentemente dell’interesse e della mancata possibilità di scegliere da parte del nascituro.
Inoltre resta irrisolta l’altra questione, se sia legittimo il sistema della maternità surrogata previo adeguato pagamento della prestazione.

LA TUTELA DEL MINORE

Tutto il nostro sistema giuridico sia in tema di convivenza, di matrimonio, di filiazione, di separazione di divorzio, crisi della convivenza more uxorio e tutta la normativa in tema di procreazione, fa riferimento e parte esclusivamente dal presupposto “dell’interesse del minore”.
A partire dall’art. 30 della Costituzione per passare agli art.li 143 e seguenti sui diritti e sui doveri che nascono dal matrimonio, e tutta la normativa in tema di scioglimento, separazione e divorzio di cui agli art.li 149 e seguenti c.c., ed alla legge 898/70 e successive modifiche, agli art.li 250 c.c. e seguenti in tema di figli nati fuori dal matrimonio, alla disciplina in tema di dichiarazione giudiziaria di paternità e maternità di cui agli art.li 269 e seguenti, alla normativa in tema di adozione di cui alla legge n° 184/83 con tutte le successive modifiche ed ancora di recente al decreto legislativo dell’28/12/2013 n°  154  con gli art.li 337 bis e seguenti c.c. in tema di esercizio e responsabilità genitoriale tutto è ispirato “all’interesse del minore”.

L’INTERESSE DEL MINORE

Insomma in tutte le normative dello Stato Italiano, ciò che viene preminentemente posto al centro dell’attenzione allorché si debba decidere in tema di minori è determinare il loro “interesse”.
In tal maniera si intende dire che il sistema giuridico ha in primis l’obiettivo etico prima che legale, di tutelare quella che è la figura del bambino, il quale, pur non avendo voce in capitolo, né potendo esprimere un’opinione, tuttavia deve essere protetto dalla normativa e dalle decisioni dei magistrati.

COSA SCEGLIEREBBE IL NASCITURO

Sotto questo profilo l’ovvia domanda che ci si pone è, se si tuteli l’interesse di un bambino permettendo che questo, anziché nascere e vivere all’interno di una famiglia eterosessuale, venga costretto all’interno di una coppia formata da due maschi o da due donne.
Qualcuno ha fatto notare sotto questo profilo che, se ciascuno di noi avesse potuto scegliere a ritroso di vivere in una famiglia omosessuale od eterosessuale, ben difficilmente avrebbe scelto la prima, ritenendosi univocamente che un bambino, soprattutto in tenera età abbia bisogno sicuramente di entrambe le figure e cioè di una figura materna e di una figura paterna, adeguate in natura alle proprie necessità ed a tutela di una serena crescita.
Non sfugga tra l’altro la circostanza che, se da un lato il legislatore italiano non ha ritenuto di permettere l’adozione nell’ambito di una famiglia omosessuale, di contro alcune sentenze permettono lo stesso risultato legittimando lo stratagemma di “locare” il corpo di una donna disponibile, la quale in cambio di denaro, porti avanti la gravidanza e subito dopo consegni il risultato stesso al “committente”.

I DIRITTI DI UNA COPPIA OMOSESSUALE

Nessun dubbio sussiste sul diritto di una coppia omosessuale di creare una famiglia, legalizzare il proprio rapporto, regolamentarne gli aspetti giuridici, ereditari, pensionistici e quant’altro così come legittimamente ha fatto lo Stato Italiano.
Son diritti sacrosanti, che vanno tutelati nel rispetto della persona e delle esigenze di ciascuno.
Tutto questo tuttavia nulla a che vedere, né ha alcuna incidenza, né va confuso con l’altra questione e cioè circa il diritto o meno della coppia omosessuale, di adottare o divenire giuridicamente genitore di un bambino inserito nell’ambito di una famiglia composta da due maschi o da due femmine, non per scelta del nascituro, bensì per desiderio o (egoismo) come sostengono alcuni, da parte dei genitori.

LA STEP-ADOPTION

Comunque per fare chiarezza sotto un profilo giuridico, va detto che tale situazione non va confusa con quella relativa alla step-adoption e cioè l’adozione da parte di uno dei due genitori omosessuali del figlio naturale dell’altro o dell’altra, purché ciò sia reso necessario dall’inaffidabilità, pericolosità o semplicemente per scomparsa del padre biologico e comunque sempre previa autorizzazione del Giudice.
Infatti in tal caso ci si trova di fronte ad una esclusione forzata del genitore dell’altro sesso per motivi esterni e non dipendenti dalla volontà di alcuno.

GENITORI OMOSESSUALI – INTERESSE DEL MINORE

Viceversa nel caso della locazione di una donna disponibile alla gravidanza, con cessione del bambino ad una coppia omosessuale, si finisce con il comprimere il diritto del bambino inserendo, per una decisione presa ex ante, all’interno di una famiglia formata da due persone dello stesso sesso.
Secondo alcuni, forse eccedendo, è come decidere a tavolino di far nascere un bambino orfano.
Per aggirare il divieto vigente in Italia di adottare da parte di una coppia omosessuale, così come nel caso in esame, gli interessanti se con un’adeguata disponibilità economica possono ricorrere ai mercati esteri, facendo concepire il bambino a pagamento da una madre surrogata ed utilizzando eventualmente gli spermatozoi di uno dei componenti della coppia omosessuale come nel caso della sentenza di Trento.

IL SISTEMA DELL’UTERO IN AFFITTO

Sgombrato il campo dalle inconsistenti e ben poco cordiali tesi per cui una donna sarebbe disponibile a portare a termine una gravidanza, salvo casi particolarissimi, soltanto per un atto d’amore e non per denaro come avviene per la quasi totalità dei casi, resta il fatto che il meccanismo di far concepire il bambino e portare avanti la gravidanza da parte di una donna disponibile, è ormai una prassi assolutamente consolidata, anche se particolarmente costosa e di discutibile legittimità sotto il profilo giuridico a seconda dello stato in cui ci si trova.
Ovviamente la stragrande maggioranza dei richiedenti è costituita da copie eterosessuali.
Nessuno nega il desiderio per costoro di divenire genitori, ma estremamente discutibile diventa la questione, allorché tale desiderio si concretizzi comprimendo i diritti o comunque sfruttando le necessità di altre donne.

LEGGI DIVERSE A SECONDA DELLO STATO

Tale pratica illegittima in Italia, lo è viceversa in altri numerosi Stati.
In taluni di questi (per esempio Paesi Bassi, Romania, Repubblica Ceca, ecc.) la pratica dell’utero in affitto non è legale, ma è tollerata, mentre in paesi a basso reddito, (India, Tailandia, Cambogia, Messico) è legale che una donna possa rendersi disponibile con il proprio corpo, ma solo se gli aspiranti genitori versino un adeguato corrispettivo, dovendo “risarcire” l’interessata.
Singolarmente in altri Stati (Sud Africa, Australia, Nuova Zelanda ed Inghilterra) l’utero in affitto è ammissibile, ma solo se la gestante non riceve apparentemente alcun compenso.
In America, dove viceversa sussiste un mercato vastissimo che coinvolge cliniche, studi legali ed un numero enorme di giovani ragazze è ammissibile sia l’utero in affitto dietro compenso economico, sia senza alcun compenso.
In genere negli altri Stati del mondo la pratica non è permessa.
In Italia la legge n° 40 del 2004 vieta la vendita di gameti o embrioni e tutti i sistemi della surrogazione della maternità e similari tant’è che le coppie facoltose che decidono di ricorrere egualmente all’affitto di una donna disponibile all’estero, devono ricorrere ai Paesi ove tale pratica viene ammessa.
I problemi ovviamente possono accadere allorché si tratta di trascrivere la nascita in Italia, in quanto non sempre il riconoscimento all’estero viene ritenuto tale da poter legittimare la trascrizione nella propria nazione, salvo poi, quando non si creano problemi al rientro su segnalazione dell’Ambasciata.
Ciò è successo in vari casi, allorché scaturisce l’imputazione per alterazione dello stato di nascita, reato che prevede la reclusione fino a 10 anni, anche se l’attuale orientamento di alcuni tribunali sembra confluire verso il proscioglimento.

LE MADRI SURROGATE ED IL PREZZO PAGATO

Infine un ultimo aspetto va accentuato. La donna che si appresta a portare avanti una gravidanza con un’inseminazione da parte di un soggetto estraneo, se lo fa, salvo si ripete in casi particolari, aderisce alla richiesta, soltanto per necessità o comunque per un tornaconto economico rilevante.
La pratica è talmente ormai estesa che nei paesi più poveri, per esempio in India, lo Stato si è premurato di tutelare tali donne statuendo che la madre surrogata, ha diritto a percepire un compenso di sette volte superiore se il padre è uno straniero rispetto alla richiesta di una coppia indiana.
E così ulteriori restrizioni sono state introdotte in altri Paesi.
Ne va taciuto l’enorme indotto dell’affare che coinvolge strutture ospedaliere, cliniche private, medici, per non parlare delle necessità amministrative tramite consulenti, avvocati e similari.
In India per esempio vi sono più di 1000 cliniche ed ospedali specializzati.

PROGRAMAMZIONE DEL NASCITURO

Altrettanto numerose sono quelle negli Stati Uniti ove si può procedere alla scelta delle caratteristiche genetiche degli spermatozoi, degli ovuli, dei quozienti intellettivi, delle caratteristiche caratteriali dei donatori, senza contare il mercato degli ovuli ove le studentesse percepiscono per ciascun proprio ovulo venduto cifre intorno ad € 10.000,00.
Comunque la distanza economica su quanto percepisce una donna messicana ed una donna indiana rispetto per esempio ad una donna degli Stati Uniti è enorme.
In America una giovane ragazza ottiene tra centomila e duecentomila euro per l’inseminazione, per portare avanti la gravidanza e la “consegna”.
In America si calcola che l’industria della procreazione abbia un fatturato annuo di miliardi di euro.
Singolare è leggere un contratto stipulato negli Stati Uniti, in cui ogni possibile combinazione è prevista e regolamentata, inclusa l’ipotesi di dover abortire in caso di complicazioni con la regolamentazione dei pagamenti secondo gli “stati di avanzamento” della maternità e simili.
Comunque anche in Italia è sufficiente girare in Internet per imbattersi nelle organizzazione che provvedono a tutto dietro adeguato compenso sia sotto l’aspetto medico che sotto l’aspetto legale.
Si noti infine che nessuno accenna ai traumi che queste donne portatrici, soprattutto nei Paesi poveri, subiscono e ciò, a parte i rischi oggettivi della gravidanza, anche per la sensazione di legame con il bambino che cresce all’interno della madre e che si spezza, con l’improvviso distacco previo pagamento.
Ma questa è un’altra storia.

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