Dell’assurda corsa al Quirinale di questi ultimi giorni, magari l’ultima prima di passare all’elezione diretta del presidente della Repubblica, rimarranno tanti simboli dell’Italia tra spinte di cambiamento e quelle di restaurazione. Il  simbolo  più adatto a misurare i mutamenti dell’elettorato che si esprime tramite la rete, è sicuramente la scelta di Milena Gabanelli candidata dalla “rete” e quindi proposta da Grillo.

E siccome  un numero consistente di rappresentanti dei cittadini in parlamento crede fermamente nel valore decisionale della rete, vale la pena isolare alcuni dati.

Il primo: cosa cercano quegli italiani – identificati genericamente come grillini – che  si esprimono  attraverso la rete, e  che sono anche quelli che per anni sono stati chiamati   “la gente” senza che questa potesse mai dire la sua.  Così  i valori di onestà rettitudine e rigore espressi da Milena Gabanelli sono quelli che l’elettorato ha  disperatamente chiesto ai  partiti. Fallito l’obiettivo, oltre ogni limite di decenza,  Grillo ha saputo accogliere e ascoltare esattamente quanto rimaneva vana  protesta da anni. Di qui il comico genovese aveva  giustamente  osservato “ se non ci fossimo stati noi ci sarebbe stata violenza nelle strade”.  Una  constatazione assolutamente condivisibile e lucida riportata dalla stampa come una minaccia. “Grillo dice: o siete con noi o sarà violenza”.

E allora –  secondo dato da tenere presente –  se da una parte la stampa continua a  camuffare, modificare, e fare politica anziché raccontare cosa accade e lasciare la libertà di scegliere, dall’altra,  ancora di più, va sorvegliata la rete. Finta isola di libertà.

La vittoria di Grillo ha fatto paura. Tra le varie ragioni anche questa modalità di deliberare su internet  anziché attraverso la stampa asservita e lottizzata dai partiti che rende una parte di politica  assolutamente incontrollabile.  E questo è il terzo dato: quelli che parlavano a nome della “gente” in realtà parlavano a nome del proprio potere.

E la “gente” dove poteva esprimersi a parte nei reality e nelle gare musicali gestite da  Maria De Filippi? Siamo sicuri  però  che questo tipo di cultura non continui a condizionare la “gente” e che la modalità di reazione in rete  – detta  “partecipazione democratica”- non provenga  ancora una volta  da questo consenso drogato dalla tv,  pulsionale e istintivo, esattamente come quello dei reality, dove il pubblico è chiamato a partecipare e viene fatto credere protagonista?

Milena Gabanelli è stata espressa dalla rete. Un fatto pochi anni fa inimmaginabile. La giornalista è  una figura che esprime il controllo sul  potere e la sua denuncia. I suoi reportages  sono  senza sconti per nessuno, è schiacciata da cause gigantesche ma  non piagnucola né  fa la  vittima.  Soprattutto denuncia le  trame che hanno caratterizzato,  insieme alla telecrazia, la vita politica italiana. Tuttavia  la sua candidatura  appare sinistra.  Più espressione  di un reality che non di una capacità  strutturata di  pensiero politico libero. Un monumento alla confusione, che somiglia  alla vecchia politica.  Sei brava e retta? Allora  meriti un bel posto al Quirinale.  Si tratta dunque di un posto premio, non di una carica istituzionale.

E ancora, una persona che denuncia qualcosa non è necessariamente una persona che sa gestire ciò che denuncia e garantire che non avvenga più. Che idea hanno del Presidente della Repubblica gli italiani? Le istituzioni repubblicane, diventano “il racconto” delle istituzioni: basta dunque  saper raccontare  correttamente cosa accade per  aggiustarlo.  La politica  diventa  “il racconto” della politica, non importa se servirà a costruire qualcosa: basta saper dire delle cose che sono condivisibili. 
La candidatura di Gabanelli incarna  così  – nell’immaginario collettivo –  la  sovrapposizione perfetta delle strutture dell’industria culturale e dell’ informazione con i pilastri della democrazia. 

Informare coincide  con  governare, gestire, tutelare.

E allora, terzo dato da isolare,  è  stata la società civile  che si è espressa  tramite  la rete, o la televisione che ha espresso  una figura seria  che  è stata premiata  come un qualsiasi  personaggio di un reality?

Solo l’ onestà e professionalità  del rifiuto di Milena  Gabenelli hanno potuto sbrogliare l’equivoco.

Del resto si prosegue anche con Rodotà, serissima e rettissima persona, che però abbiamo conosciuto  grazie a Ballarò. 

Siamo sicuri  che la rete stia esprimendo  un pensiero libero politico? Sulla base di cosa ha formato la sua libertà se non sul messaggio televisivo, ancora una volta?

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