29.11.2012 Pierluigi BERSANI: L’unica via da percorrere è incrementare e accelerare il procedimento che dovrà portare alla fondazione degli STATI UNITI d’EUROPA. L’alternativa a questo è il disastro.
30.11.2012 L’assemblea dell’ONU con schiacciante maggioranza, ammette la Palestina quale Stato osservatore. Nello sparuto gruppetto dei contrari, affiancati (ma guarda un po’) USA e Israele.
5.12.2012 Ancora piazza Tahir – La Primavera Araba sta(va) trasformandosi nell’Era Glaciale Araba. Tumulti al Cairo, assediato il Palazzo Presidenziale, l’aspirante dittatore Morsi costretto a fuggire.

Alla fine, mi domando, siamo destinati ad essere cavie, muoverci come topolini nei percorsi da laboratorio, sani, sicuri, ma con lo sportellino chiuso (ricordate “the Truman show”?), oppure siamo destinati a correre, come selvaggina umana (si sono scritti libri e visti film in proposito. Gli “Hunger Games”, il caso editoriale di Suzanne Collins, una trilogia dalla quale è stato tratto, ultimamente un film di grande successo, sono una sorta di ibrido tra i due drammatici possibili destini dell’umanità), mentre la nostra sorte è affidata alla statistica? Quante probabilità ci sono che metterò il piede proprio io su una delle mine antiuomo disseminate in giro (il mio oculista di Milano, un insigne professionista e professore universitario, morì qualche anno fa, con altri due turisti italiani, a bordo di una jeep nel deserto del Niger, incappando nell’unica mina anticarro che era stata lasciata da chi sa quale fazione di opposti guerriglieri, nel raggio di… 100 km.?); quante probabilità che sarò proprio io, ad essere colpito da un cecchino? O mi troverò in una banca, una piazza, un treno dove è stata posizionata una bomba? O resterò ucciso, vittima ignara, in una sparatoria tra bande contrapposte? Io, così come i miei familiari, amici, parenti, conoscenti (diverse perdite, troppe per me, ho avuto ad opera di terrorismo e mafia).

Parliamo allora di foreste: la grande foresta amazzonica ed altri polmoni del Pianeta, vengono quotidianamente falcidiati, al punto che presto spariranno, così come sono sparite la giungla africana ed indiana. Un problema questo che solo 100 anni fa non esisteva; non c’era la tecnologia per farlo, non c’era la domanda consumistica per renderlo conveniente.

Che cosa accadrà allora? L’aria diventerà irrespirabile, la desertificazione progredirà, la temperatura media terrestre salirà e questo, contrariamente a quello che si può pensare, comporterà la glaciazione di alcune zone del Pianeta, come ricorda il film “The day after tomorrow” (“The day after” invece, è un film che riguarda un altro disastro incombente che, comunque è sempre sullo sfondo; chi ricorda “l’ultima spiaggia”?). Ma tutto ciò accadrà quando molte località costiere, comprese le grandi metropoli, saranno già sommerse dagli oceani per lo scioglimento dei ghiacci e i continui uragani e le piogge torrenziali non più polarizzate dalle foreste pluviali.
E’ un quadro apocalittico? Beh… spero proprio di aver esagerato, ma prendo le distanze da chi si affanna a gettare acqua sulle fiamme per motivi di ordine pubblico.

Può essere scongiurato tutto questo? Può un’esistenza devastata dalla droga, salvarsi? Forse no, ma forse sì. Il Mondo corre verso un baratro. Possiamo fermarlo? No. O forse sì, magari alla luce dei terribili e autorevoli pronostici fatti. E’ sperabile (maggiore proprietà di linguaggio, in realtà, richiederebbe già qui il condizionale; meglio lasciar perdere); ma l’economia mondiale, a parte i comprensibili, umani palliativi per tentare di prorogare quanto più è possibile il momento di affrontare i problemi (tali sono, a mio avviso, gli sparuti esempi di economia sostenibile o di utilizzo di energie alternative, rinnovabili ecc., le stesse modificazioni genetiche “buone” o “cattive” che siano, appartengono a questo capitolo), dovrebbe fermarsi e invertire il suo senso rotatorio per tempo, molto prima che lo faccia la corrente del Golfo.

Termini come “consumismo”, “lusso sfrenato”, “globalizzazione” saranno, allora, banditi. Saranno, viceversa, valorizzati termini come “autocoscienza”, “educazione”, “intelligenza di fondo”, “onestà intellettuale”. Parliamo di una destrutturazione delle attuali leggi economiche, di produzione e di mercato, dove con lenta gradualità, dove, inevitabilmente, con violenza, anche estrema, ma nell’insieme in modo che non potrà che essere traumatico per la perdita ingente di posti di lavoro, l’azzeramento di abitudini, prassi, routine scontate, con l’accartocciamento su se stesse di intere città, metropoli, insediamenti industriali, ora ovattato, scandito come al rallentatore, ora fragoroso, dirompente, come una surreale immane valanga o la sinistra colonna di un bombardamento, fino a ritornare ad una antica civiltà, a quel gregge di pecore sulla sponda di un fiume, di cui si diceva.

Occorrerebbe (il condizionale è d’obbligo, qui) qualcosa come grande cultura, grande preparazione, grande forza di volontà per giungere a questo; in altri termini una Grande e Diffusa Scuola.
Questa stessa Scuola dovrebbe, poi, segnare il limite da non valicare, oltre il quale c’è la Preistoria, i gorilla che impugnano armi primordiali e fanno l’esperienza di uccidere per la supremazia; il nero monolite di Kubrick.
Ecco, proprio da lì, da quel gregge di pecore, avendo davanti a sé un tempo indefinito, potrebbe ricominciare l’epopea dell’Umanità.
E in questo (nuovo) prologo, guarda che cos’è il Destino! I popoli più negletti e miserabili, gli abitanti delle bidonville e dei deserti, gli zingari, le tribù delle savane, i figli del vento degli altipiani sarebbero in pool position.
Potremmo parlare del degrado della vita negli Oceani, invasi da inquinanti non biodegradabili, del depauperamento faunistico, dei vari disastri ecologici ad opera dell’Uomo, di terremoti, eruzioni, alluvioni, dove l’opera della natura si aggiunge a quella dell’Uomo, o non è efficacemente contrastata da quest’ultimo. Ma preferisco concludere questa IIIa parte con un messaggio in una bottiglia in mezzo al mare, un messaggio di speranza:
………
≪Allora… l’umanità ha avuto l’esperienza di Dio!≫ concluse Web.
≪La vita e la morte non ci dicono niente riguardo a Dio, né per ammetterlo
né per negarlo… è la mia religione!≫
Con queste ultime parole Mohana si alzò, trasse un profondo respiro e
offrì in tutta la loro pienezza i seni nudi, simbolo della vita, al mare, all’aria
frizzante del mattino, quasi a esorcizzare la morte che avanzava con la nebbia,
il cui bavoso simbolo era ai loro piedi, nel flusso e riflusso delle onde.
A un tratto…
≪Guarda, Web!≫ urlò con voce commossa.
Poco distante un branco di delfini guizzava fuori dall’acqua con impeto,
che di quando in quando per uno o due esemplari risultava un assolo di
guizzo più alto, per poi ricadere pesantemente schizzando alti spruzzi; con
acuti, fragorosi stridii, quasi risate, si rincorrevano, scavalcavano, giocavano,
si perdevano sulla parte incontaminata dell’orizzonte, mentre i loro
strilli si facevano sempre più indistinti e lontani.
Due piccole, calde lacrime scivolarono lungo le guance di Mohana, e lei
non si curò di asciugarle.
Era colpa di quel mare calmo, i delfini, il luccichio della salute e della
vita del pianeta, davanti ai loro occhi da essere incredibile che guardando
da un’altra parte apparissero incombenti l’orrore e la morte.
Stettero a guardare incantati quel branco sempre più lontano, fin quando
non scomparve dalla loro vista.
≪Vieni…≫ disse Mohana prendendolo per mano ≪facciamo l’amore…≫

Il seguito e la fine alla prossima puntata. (fine terza parte – continua)

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