L’ordinanza del tribunale di Venezia che ha sollevato la questione di legittimità costituzionale sulla la soglia del 4% per accedere all’elezione del Parlamento europeo secondo gli stessi magistrati della Laguna non dovrebbe inficiare i risultati del prossimo 25 maggio. 

Altri vizi di ben altra natura mettono a rischio il principio delle armi pari alle elezioni. Sul monopolio  delle reti che sponsorizzano Forza Italia determinando violazione del diritto all’accesso con sforamento dei tempi anche nelle sedi del Servizio Pubblico, la questione risale al 1994. Così  l’ineleggibilità di Berlusconi in base alla legge del 1957 sempre violata e “tamponata” dalla legge Severino. La cacciata dal Senato non ha impedito all’ex cavaliere non candidato a battersi con passione per far vincere il suo partito personale sciolto da ogni regola.

La perseveranza secondo la vulgata dei cosiddetti “giustizialisti” nasce da un pactum sceleris delle leggi ad personam  che avrebbe visto coinvolto destra e sinistra per riparare in modo più o meno evidente alle vicende giudiziarie di Berlusconi. Regolarmente da coalizioni di centrodestra e centro sinistra sono arrivate norme che accorciano la prescrizione, indulti e ammorbidimenti di pena che hanno più o meno toccato i processi del tycoon brianzolo.  Alcuni dubbi sono sorti nelle conduzioni dei processi che con la scusa degli impegni “istituzionali” hanno rallentato il corso della giustizia fino  a sortire l’automatismo della prescrizione.

La condanna per frode fiscale  è giunta sul filo del rasoio grazie alla solerzia ed alla volontà della figlia del magistrato  eroe  Giorgio Galli che in tempi brevi ha scritto la motivazione della Corte di Appello di Milano. Altro plauso ai giudici della Feriale della Cassazione che non ha perso tempo arrivando alla meta nonostante  gli attacchi inqualificabili contro il presidente Esposito.

I giudici dell’esecuzione penale di Milano con molta flemma hanno avviato il caso del cittadino B più eguale degli altri. Tempi biblici e taglia su misura alla Caraceni, con l’accoglimento del lodo Bertoldo che ridicolizza l’effettività della “pena”, rectius dello show elettorale dell’educatore di Cesano Boscone

A questo punto occorre essere più severi nell’analisi di questi venti anni e dire ai signori giustizialisti che qualche giudice ha stralciato procedimenti penali con illogiche condanne ai mandatari (per tutti vedi il caso Previti, Metta) e scandalose assoluzioni per prescrizione ai mandanti. Anche nel caso Dell’Utri  condannato per concorso esterno  in associazione mafiosa, si legge nella motivazione che  l’imputato ha favorito “l’aggancio” di Cosa Nostra con Silvio Berlusconi.  Strano che il procedimento abbia riguardato “l’ex dipendente del premier” e non il padrone di casa che frequentava liberamente capi di Cosa Nostra  (Stefano Bontade , Tanino Cinà) e che assumeva con molta convinzione  “uno stalliere” rivelatosi senza alcuna sorpresa un altro pezzo da novanta  della Cupola palermitana.  Questa “cecità”  della magistratura ha salvato l’ex statista da incriminazioni innominabili e il suo sodale segretario “in esilio a Beirut” dalle patrie galere. 

Nel 2010 il parlamento italiano ha varato una legge che impedisce ai mafiosi di fare campagna elettorale con il chiaro intento di impedire intimidazioni, complicità  e camarille. Queste elezioni non sono democratiche per questo unico motivo   e non per lo sbarramento. Un pregiudicato in odore di “associazione esterna” fa campagna elettorale sottraendosi con qualche trucchetto, non avallato solo dalla politica ma da una parte della magistratura   che rende vana l’esecuzione della pena.  In mancanza di condanna palese l’interdizione è vietata ma  non è un dettaglio per l’onore infangato della democrazia. Si tratti di Italia o di Europa.

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