La sfida televisiva del giovedì sera è tra Don Matteo e Servizio Pubblico, tra Terence Hill e Michele Santoro. Su un canale, un anziano signore che parla l’italiano con difficoltà, raccoglie le confessioni di criminali ed è circondato da buffi comprimari; sull’altro canale, Don Matteo.

Già, perché le similitudini tra Don Matteo e Servizio Pubblico sono tante. Innanzitutto lo scenario. Se il talk show di Santoro racconta un’Italia in crisi (politica ed economica) e in difficoltà, tra disoccupazione e reati, anche lo sfondo su cui si muovono gli attori della fiction di Raiuno non è dei più rassicuranti: insomma, in una cittadina di meno di 40mila abitanti come Spoleto ogni settimana c’è un omicidio.
E poi il cast: Don Matteo è affiancato da un tutore della legge (il capitano Tommasi), una giovane aiutante con le sue inchieste (il pm Bianca Venezia) e un simpatico uomo di mezza età che crede ancora nei valori antichi (il maresciallo Cecchini). Anche Santoro è affiancato da un tutore della legge (Marco Travaglio), una giovane aiutante con le sue inchieste (Giulia Innocenzi) e un simpatico uomo di mezza età che crede ancora nel comunismo (Vauro).

Don Matteo ogni settimana propone atroci delitti (a Spoleto c’è una percentuale di omicidi così alta che Saviano sta pensando di ambientare lì il suo prossimo libro), misteri e indagini condotte con metodi non convenzionali. Anche Santoro ogni settimana propone atroci delitti (le vignette di Vauro hanno ucciso la comicità da tempo), misteri (come fa Travaglio a scrivere un libro ogni tre giorni, a vicedirigere Il Fatto Quotidiano, ad apparire in televisione più di Carlo Conti e a leggere tutti i libri di cui scrive le prefazioni?) e indagini condotte con metodi non convenzionali (Bertazzoni).
Don Matteo agisce in un contesto piccolo, racchiuso in se stesso, di dimensioni limitate (Spoleto), dove tuttavia si verificano omicidi, sparizioni, incidenti, colpi di scena improvvisi. Anche Santoro agisce in un contesto piccolo, racchiuso in se stesso, di dimensioni limitate (La7), dove tuttavia si verificano omicidi (Linea Gialla), sparizioni (che fine ha fatto Rita Dalla Chiesa?), incidenti (Miss Italia), colpi di scena improvvisi (la Bignardi è diventata simpatica).
Don Matteo ha successo perché mette in scena le due istituzioni che governano l’Italia: le forze dell’ordine e la Chiesa. Servizio Pubblico ha successo perché mette in scena le due istituzioni che governano la televisione italiana: i litigi in diretta e gli inserti satirici.

[Poi prima o poi qualcuno dovrà proporre una moratoria degli inserti satirici. Perché va bene Crozza a Ballarò, va bene Hendel a La Gabbia, ma Dario Vergassola nel programma di Licia Colò no, eh. Anche perché di questo passo si rischia che tra qualche settimana Report venga aperto dalla copertina satirica di Sergio Vastano e a Medicina 33 Luciano Onder lanci i video di Matteo Montesi].

Infine, i protagonisti. Terence Hill è ricordato per il suo sodalizio artistico del passato con un tizio un po’ in sovrappeso, scorbutico con i suoi interlocutori, che in carriera ha fatto anche il paroliere: Bud Spencer. Anche Santoro è ricordato per il suo sodalizio artistico del passato con un tizio un po’ in sovrappeso, scorbutico con i suoi interlocutori, che in carriera  ha fatto anche il paroliere: Maurizio Costanzo.

[Naturalmente qui non si vuole paragonare la campagna contro la mafia di Santoro e Costanzo con i film di Terence Hill e Bud Spencer: in Italia i film sono una cosa seria, non come la lotta alla mafia].
Ah, e poi c’è la similitudine più significativa che accomuna Terence Hill e Michele Santoro: non si riesce a capire quale diavolo sia il colore dei loro capelli. Chissà, magari lo scopriremo grazie a un’indagine congiunta di Luca Bertazzoni con il capitano Tommasi.

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