“A dotto’… sarebbe stato meglio un tumore”. Questa è malattia mentale e non esiste cura, cantava Simone Cristicchi in una bellissima canzone del 2007. Eppure le cure ci sarebbero, basterebbe approcciare l’argomento senza tabù.
Ne è convinto Stefano Vicari, primario dell’unità di neuropsichiatria infantile all’Ospedale Bambino Gesù di Roma che con il libro “L’insalata sotto il cuscino” si è dato come obiettivo proprio quello di fare luce su una realtà tanto dolorosa quanto rimossa, evitata, sconosciuta.

Ma no, è solo un po’ strano
Si parla di ossessioni, ansia, schizofrenia, compulsioni, depressione, anoressia. disturbi che a volte mostrano i primi sintomi in giovane età ma che raramente vengono diagnosticati per tempo.
C’è una grande resistenza, culturale e ideologica a trattare la malattia mentale e il primo scoglio è quasi sempre la famiglia.
“Ma no, è solo un po’ strano, crescendo passerà”, “io ero uguale, poi mi sono calmato”: un bambino difficile per un genitore spesso è sinonimo di sconfitta. “Sono una cattiva madre, ecco perché mio figlio è autistico” così, frequentemente il disturbo mentale diventa fonte di sensi di colpa.
In questo i cosiddetti “professionisti” non sempre aiutano e si affidano a facili psicologismi: “i genitori sono separati, è normale che Luca si comporti così”.
Alla base di tutto c’è una spaventosa ignoranza, nel senso proprio del termine: si ignorano le cause, si ignora la patologia stessa, figuriamoci le cure.

Ecco perché il professor Vicari ha deciso di raccogliere in un libro sette storie di disturbi e di disordini di adolescenti,di ragazzi e ragazze consumati da un fuoco brucia dentro, che lacera e distrugge esistenze.
Bambini che improvvisamente si mettono “a fare cose strane”, ragazzi irrequieti, mamme che si colpevolizzano, padri che sminuiscono.
Il merito del libro è quello di aver suscitato un di dibattito sull’argomento e ad emergere è soprattutto quello che manca.
Manca una rete di contatti, di collaborazioni, di presa coscienza di conoscenza, perché, come afferma Vicari “la malattia mentale deve essere trattata come tutte le altre malattie, come il diabete, ma per fare questo serve alzare il velo e conoscerla”.
“E’ ora che il nostro Paese – scrive Vicari nella sua prefazione al libro – avvii una politica per la salute mentale anche in età evolutiva capace di porre al centro del dibattito il diritto alla cura del bambino e dell’adolescente con disturbo psichiatrico”.
Quello che manca è la consapevolezza che la malattia mentale può essere gestita, l’importante è conoscerla, riconoscerla soprattutto se si manifesta in età precoce e affrontarla, come qualsiasi altro disturbo, senza vergogna.

Che cosa scatena la malattia mentale?
L’ampio spettro delle malattie mentali non permette di dare una risposta univoca ma almeno su alcune si può affermare che sicuramente avere familiarità ma fare uso smodato di cannabis può scatenare l’inevitabile.
“Per quanto riguarda la schizofrenia – ha spiegato Vicari – sono fattori scatenanti vivere in una grande metropoli, vivere situazioni di forte stress, appartenere a gruppi etnici non integrati, subire traumi, fare uso sistematico e smodato di cannabis“.
La malattia mentale è frutto di fattori genetici e ambientali, un mix; “ma dagli esami delle urine effettuati su bambini autistici – ha continuato Vicari – abbiamo dedotto che l’esposizione della mamma in attesa a fattori inquinanti, a dosi importanti di idrocarburi, potrebbe avere un collegamento con l’autismo”.
Esiste poi una predisposizione genetica per le tossicodipendenze e per il gioco d’azzardo, mentre non si riscontra familiarità con l’ADHD (sindrome da deficit di attenzione e iperattività).

Il sistema sanitario
“79 posti letto in tutta Italia: la mia audizione alla commissione Sanità del Senato ha fatto sobbalzare sulla sedia l’allora presidente di commissione Ignazio Marino, ma questa è la realtà” dice Vicari, anche se risulta piuttosto strano, per non dire ridicolo, che ad informare il presidente della commissione Sanità, ad informare la politica, quella che dovrebbe risolvere i problemi dei cittadini (o almeno così era un tempo), debba essere un dottore.
Questa è comunque la nostra realtà rispetto ai disturbi mentali minorili e Vicari riporta i numeri: “I posti letto in Italia per la psichiatria infantile oggi sono 90, all’epoca della mia audizione al Senato di fronte a Marino erano 79, di cui 14 nella Regione Lazio e 8 offerti dal Bambino Gesù e 0 per regioni come la Calabria, l’Umbria, la Valle d’Aosta e il Trentino”.
“Questo significa – ha continuato Vicari – che se un minore arriva in pronto soccorso con un episodio psichiatrico acuto si ritrova, se gli va bene, in pediatria, dove l’assistenza è altamente inqualificata, ma se gli va male in un servizio per acuti psichiatrici adulti”.
E così capita che un ragazzino di 15-16 anni possa ritrovarsi insieme a schizofrenici di trenta, quaranta e cinquant’anni e trattato di conseguenza.
Come al solito, se ci si guarda intorno le cose vanno meglio: in Inghilterra, ha detto Vicari, la percentuale di posti letto dedicati alla psichiatria infantile su 100 mila abitanti è del 12%, in Francia del 16%. In Italia dello 0,1%.

Formazione della classe medica
“I primi a trattare un disturbo psichiatrico sono pediatri e medici di base – ha detto Vicari – eppure la specializzazione di Pediatria di Tor Vergata non prevede il corso di psichiatria, mentre La Sapienza prevede poche ore e si parla prevalentemente di epilessie e mai di disturbi mentali”. i primi quindi a non riconoscere subito i sintomi di un disturbo mentale in età preadolescenziale sono quindi gli stessi professionisti.

Farmaco sì farmaco no
Vicari torna al parallelo con altre malattie. Il diabete è una malattia dovuta al cattivo funzionamento di un organo, il pancreas: la malattia mentale è causata dalla disfunzione di un altro organo, il cervello.
Se però per ridurre la pericolosità degli effetti del diabete non abbiamo pregiudizi ad assumere farmaci, nel caso della malattia mentale se ne hanno tantissimi. Eppure il disturbo psichiatrico infantile ha effetti devastanti, basti pensare a chi sta loro intorno, alle famiglie.
“La questione ha fatto scaturire anche un’interrogazione parlamentare da parte dell’on. Paola Binetti – dice Vicari – ma vi assicuro che non stiamo abusando di farmaci”.
Anche qui i numeri parlano chiaro: mentre altri paesi come gli Stati Uniti e la Germania negli ultimi anni hanno aumentato del 300% l’uso di farmaci sui minori per i disturbi mentali, in Italia i bambini trattati con farmaci sono poco più di 2000 a fronte di un bisogno calcolato di almeno 90.000 casi (dati dell’Istituto Superiore di Sanità).
“Abbiamo potuto constatare – ha detto Vicari – che nelle caso di disturbi dell’attenzione (ADHD) la terapia farmacologica funziona nel 70% dei casi, per l’anoressia solo nel 50 % dei casi. Questo significa che se da un lato il farmaco non sempre risolve, dall’altro però in molti casi è risolutivi”.
In conclusione il professor Vicari ha tenuto a sottolineare che il medico ha sempre il dovere del trattamento migliore e per le malattie mentali si deve sempre prendere in considerazione la psicoterapia e i farmaci.
Escludere questi ultimi a priori per uno “psicologismo spesso troppo superficiale o uno scientismo a volte troppo demagogico” significa disattendere il principio del trattamento migliore.
“Sull’uso dei farmaci – ha tenuto a sottolineare Vicari – non bisogna fare una battaglia di retroguardia”

La prima docufiction
Dalle storie raccontate da Stefano Vicari è scaturita anche una serie Tv intitolata Disordini realizzata da Rai Educational e andata in onda su Rai 3. Purtroppo a orari improponibili mentre reality e fiction di dubbia qualità imperversano a tutte le ore. A genitori ed adolescenti si consiglia vivamente la visione.

Alzare il sipario su un’argomento così sconosciuto, temibile, terribile e spesso oggetto di rimozioni, significa ad esempio non dire “dottò, era meglio un tumore”, significa dire non è vero che questa è malattia mentale e non esiste cura.
Basterebbe sapere, conoscere, agire. Ma significherebbe anche avere una rete di collaborazione e di interventi per non lasciare da sole le famiglie perché troppo spesso, come conferma il professor Vicari, una volta rimandati sul territorio, famiglie e minori non sanno a chi rivolgersi.
“I dottori, le Asl non sempre rispondono, ad esempio non prescrivono farmaci, nonostante le linee guida sulla schizofrenia, sulla depressione lo prevedano; purtroppo ci occupiamo del bambino depresso solo quando lo troviamo impiccato al bagno. Sicuramente quel bambino aveva mandato segnali chiari e inequivocabili”.

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