La grande polemica nata in Francia a seguito degli spettacoli del comico Dieudonné M’bala M’bala  particolarmente centrati contro gli ebrei e lo stato di  Israele ma soprattutto gravemente negazionisti  non è priva di conseguenze per il paese dei Diritti dell’Uomo. 

In questi giorni, i contenuti dei suoi spettacoli sono  terminati con la censura di quello previsto  a  Nantes, città della Loira,  alla quale si sono allineate  le altre città previste  per la tournée. L’Affaire è stato un vero  detonatore: per aver coagulato una serie di temi scottanti  e particolarmente sensibili ha obbligato tutti – politica, media e intellettuali –  a fare chiarimenti, precisazioni e  prese di posizione. Di sicuro,  si è segnato  un altro  punto a grandissimo sfavore per il Ps, partito di Hollande, che ha  influenzato, seppur indirettamente,  una sentenza del Consiglio di Stato – che si è pronunciato in meno di tre ore – per non far alzare il sipario sullo  spettacolo di Nantes.

In poche parole: lo stato francese ha censurato in via preventiva. Come si fa nelle dittature.

Dieudonné è sulla scena da tempo. E sarebbe stato uno dei tanti comici di modesto successo se non avesse avuto una eco e un sostegno mediatico derivato dall’attacco ai suoi spettacoli  decisamente provocatori, come quelli in cui si invita – per finto caso –  lo storico negazionista  Robert Faurisson. O dove “capita” Jean Marie Le Pen a gustarsi gli sketch “contro il sistema”. Laddove “sistema da combattere” viene fatto – pericolosamente – coincidere con gli ebrei che occupano posti di potere nevralgici in Francia.

Per meglio sottolineare in questo senso le sue prolusioni comiche ma  decisamente molto politiche, Dieudonné ha anche risignificato un gesto che in Francia si chiama “ quenelle”  (la “queue” è il membro maschile). Il gesto prevede un braccio teso verso il basso, una specie di saluto romano al contrario, che  all’origine vorrebbe dire: “prendilo in quel posto”.  Il comico  francese lo ha reso popolare per accompagnare simbolicamente i suoi sketch contro ebrei, Israele,  e personaggi effettivamente  di non grande  sensatezza, ma di grande successo e potere economico come Bernard Henry Levy.  Il filosofo ebreo,  che da noi occupa spesso le prime pagine del Corriere della Sera, ha il torto di essere  filo israeliano   anche quando da un pensatore e da un intellettuale ci si aspetterebbe una diversa  capacità di analisi. Ha anche il torto di essere particolarmente miliardario con soldi accumulati – dice il comico nei suoi spettacoli –  grazie alla  deforestazione di territori in Africa, attuata dalla sua famiglia. Di possedere una rete tv e presenziare con una certa disinvoltura ovunque per  piazzare i suoi argomenti che generalmente non subiscono grandi contraddittori.  “Appena gli rompi le palle  sei subito antisemita”,  dice  Dieudonné ghignando, mentre la platea si torce dalle risate.

E infatti il comico conduce una guerra senza quartiere allo “chantage”, al  grande ricatto, che si è instaurato in parte della cultura dominante, secondo il quale qualsiasi cosa venga detta da un ebreo o  fatta da  Israele anche se palesemente ingiusta, non debba essere né criticata, né avversata per non cadere nell’infamante accusa di antisemitismo. La  provocazione, decisamente violenta e scioccante – e lo sarebbe anche se fosse adottata contro un arabo o un nero – , mira ad  essere  inversamente proporzionale alla diversità di trattamento e di reazioni  che  in genere hanno le esternazioni anti Israele (Dieudonné  fa una grave mescolanza tra antisemita e antisionista), o contro qualsiasi ebreo, e il regolare  leit motiv antiarabo, anti rom, antimmigrato e razzista, ossia la tendenza islamofoba generale.

Tuttavia, si proclama anticomunitarista, anzi sostiene che prima di tutto c’è l’essere umano. Uno strano modo in verità di  pensare le eguaglianze, se  fa finta di non vedere la radice comune all’origine dello sterminio nazista e dello sterminio nelle colonie. Anzi, la questione della  razza è nata proprio in Francia  e con il colonialismo ed è a questa che si è ispirato Hitler. Questo è il vero anello debole della forza polemica di Dieudonné.

Inoltre, la questione che pone nel dibattito tra intellettuali  è anche un’ altra. Si può considerare “un comico”  se  attacca aspramente solo gli ebrei, o quando in sala si presenta il negazionista Faurisson o Jean Marie Le Pen, e si fanno circolare degli argomenti  che hanno sostenuto discorsi ben più  gravi nel passato?  Soprattutto: se moltissimi intellettuali ebrei condividono la critica a Israele e  avversano gli argomenti e i  modi ricattatori che hanno le lobby sioniste di  accusare di razzismo chiunque si ribelli alla politica di Israele,  nessuno può condividere il negazionismo.

Questo  segna la fine della libertà di espressione  rivendicata da Dieudonné, ma anche dalle – ormai – migliaia di persone che  ora accorrono ai suoi spettacoli.

E’ a questo punto l’Affaire è diventato  una grande prova per il governo Hollande,  in particolare per Emmanuel Valls, ministro degli interni. Come ha reagito il governo francese? Nel peggiore dei modi, seguendo  le derive securitarie  già note con Sarkozy.

La Francia  ha contro il negazionismo un arsenale legislativo di notevole portata. Prevede la massima libertà di  espressione di idee, odiose, assurde, eccessive, anche in luoghi pubblici, con la riserva di far valere davanti ai tribunali  la legge a posteriori per reati di ingiurie razziali, etniche, religiose. Stesso discorso vale per coloro che fanno apologia di  un crimine o che neghino l’esistenza del genocidio degli ebrei (Legge Gayssot  13 luglio 1990).

Una posizione propria ai sistemi democratici consiste nell’agire dunque a posteriori: nessuno deve essere privato del suo diritto a parlare, allestire uno spettacolo.  Si sanzionano gli abusi contrari alla legge.  Un’altra posizione, propria dei paesi autoritari consiste nel vietare a qualcuno  preventivamente di prendere la parola.

E’ dal 1906 con l’articolo 10 della Convenzione europea  dei Diritti dell’Uomo che la République aveva totalmente smesso qualsiasi forma di censura di giornale, libro, spettacolo e riunione.

E’ stata resuscitata dal consiglio di Stato e da Manuele Valls.
Decisamente un grande  cambiamento di passo  del governo francese.

Ma soprattutto  che succederà quando al di là del caso Dieudonné associazioni di religiosi, integralisti di ogni genere vorranno vietare spettacoli, riunioni o mostre che considerano blasfeme o insopportabili per le loro convinzioni?

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