Le recenti inchieste giudiziarie che coinvolgono Manlio Cerroni sembrano aver chiuso il suo monopolio… Ma intanto che i suoi impianti continuano a funzionare, il quasi nonagenario Manlio Cerroni sfoggia il suo eloquio sfogandosi alla presentazione del suo libro, che è quasi interamente costituito da missive delle sue società e articoli di giornale, e si intitola <Storia e cronaca a volo d’angelo sulla monnezza di Roma e del Lazio dal 1944 al 09/01/2014. E non solo...>>. 

Volume scritto anche durante le misure cautelari degli arresti domiciliari a cui era sottoposto. In un altro processo, circa un mese fa, è stato condannato a un anno di reclusione per falso in atto pubblico. Insieme a lui il suo collaboratore, Rando, ha avuto una condanna più lieve, di otto mesi: hanno commesso delle irregolarità che riguardano il gassificatore di Malagrotta.
 
IL BENEFATTORE, IL SALVATORE, IL SUPREMO: CICERRONE, ALIAS MANLINIO IL SUPERBO
>: il paragone con Cicerone, le assonanze tra i cognomi, tra il pattume e l’eloquio. Che favella aspettarsi del resto dall’avvocato prestato al settore dei rifiuti per più di un cinquantennio, l’oratore del foro perennemente indagato e sotto complotto perpetuo a suo dire, colui che nella Roma contemporanea è stato assurto, da sindaco del paese nativo, a guida spirituale per il sacro percorso dello smaltimento del ciarpame capitolino, e non modesto “curator viarum” addetto anche a tenere le strade pulite, ma Imperatore supremo dei rifiuti romani, destinato a creare l’odierna “cloaca maxima”… Destinato a moltiplicare l’utile per la città eterna, da cui si aspetta almeno la cittadinanza onoraria. E poi si rivede anche nella parabola dei talenti, una delle tante citazioni dotte e venerabili dell’oracolo, come lui stesso si è definito, tra i tanti attributi materiali e multimateriali usati e riciclati, che con coerenza e misura si è dato. Difatti, la giustificazione oltre che unica e trina prova che tutto può ma che nulla dice, secondo il supremo, il salvatore di Roma, la Cassandra dell’emergenza rifiuti è il prezzo stracciato, a suo dire… E lui che esporta il talento dell’immondizia in tutto il Mondo, di costi e di sperimentazioni ne sa tanto, compresi quelli ambientali e quelle bloccate dalla magistratura.
 
SI PAGA PER QUELLO CHE SI HA…
La stampa è piena di stime di politici ed esperti sui costi per il conferimento in discarica a Malagrotta e nel Lazio, ed è stato ampiamente riportato che negli ultimi anni il prezzo per depositare una tonnellata di rifiuti in discarica si aggirava su una media di 50 euro, ma nessuno specifica se questi prezzi riguardano sia l’immondizia processata correttamente che non. Comunque, dopo tre anni di totodiscarica si è arrivati alla novità-super-originalissima di inviare i rifiuti all’estero, spendendo circa il doppio. Ad ogni modo la giunta Marino non si sbilancia facendo promesse e non perde la speranza, spiegando che con degli investimenti e tramite la riduzione dei rifiuti non ci saranno aumenti delle tariffe.
Comunque Tarquinio Cerroni il superbo dichiara che  Roma ha risparmiato, grazie a lui, almeno due miliardi di euro negli ultimi trent’anni. Bisognerà chiedergli se nella stima è incluso il rischio di multe dall’unione europea di circa dieci milioni al giorno (secondo Onorato dell’Udc in Campidoglio sarebbero circa 300 i milioni già accumulati), dato che a Malagrotta si seppellisce anche il cosiddetto “tal quale” e non solo l’immondizia processata correttamente dai quattro impianti di Ama e Cerroni. Ma c’è di più: i maliziosi potrebbero dire di “Ama e/o Cerroni”, visti i rapporti commerciali e le commistioni tra pubblico e privato, come quelle con due politici defunti che sono stati stra-nominati e che quindi, almeno in questo articolo, si preferisce non nominare concentrandosi sul vivo, l’arzillo divo talentuoso Manlio, il “compagnone” che con uno di loro andava a mangiare la “coda alla vaccinara”.
Ma la realtà, diceva qualcuno, è sempre più complessa, e ci sono anche i maliziosi al contrario: infatti Ama, secondo un arbitrato per il quale non sono stati trovati vizi formali in secondo grado, deve circa 80 milioni al consorzio di Manlio Cerroni, il Colari, la maggioranza dei quali per un prezzo inizialmente troppo basso per la gestione post-chiusura di Malagrotta. Cerroni si mostra sempre collaborativo con Ama e la pubblica amministrazione, nonostante chiusure anticipate, anche se di pochi giorni, di alcuni impianti che hanno mandato in tilt molti paesi in provincia di Roma e, all’opposto, situazioni in cui si diceva “continuiamo a lavorare anche se la legge ci dice che non possiamo, perché altrimenti infrangeremmo un’altra legge, interrompendo un pubblico servizio”. E ci mancherebbe altro: sia a livello locale che nazionale sono state paventate requisizioni dei suoi impianti: che traditori, è questa la moneta con cui si ripaga il salvatore che voleva fare pure uno sconto su quel che resta?! Lui che si sente esiliato, relegato a leggere verbali e articoli, sommerso dalle scartoffie invece che dal ciarpame, dove con i suoi piedoni ha sguazzato e tenuto saldo il suo business. Come ha spiegato bene, è un complotto, ma soprattutto, un complotto tutto contro il povero e beato Manlio, che aveva quel“monopolio di fatto”, che lo aveva perché “nessun altro aveva mai fornito alternative valide”, magari perché gli hanno segato la carriera o le gambe, sarà per questo?! Un complotto ordito dalla magistratura, dalla finanza dei palazzinari e degli editori con cui va a mangiare, però non si sa se con loro si abbandona ai piaceri del palato più raffinati o si spara un codone alla vaccinara. Sarebbe lo stesso complotto che “provocava gli incendi a Corcolle, dove “40 anni fa, anche se non si parlava per niente della vicinanza di Villa Adriana, si diceva che era impossibile costruire qualunque tipo di discarica per la vicinanza alle falde acquifere”. Ma sembra esserci una falla nella teoria del complotto, a meno che ci siano dei tasselli di questo confuso mosaico che perfino il supremo non conosce: ci sarebbero “le dichiarazioni al vetriolo de Il Messaggero” per l’odio di un demone che viene da un “girone” dell’inferno chiamato “Calta”, a cui a risposto su un quotidiano che fu di Calta stesso: infatti lui spiega che riguardo a uno dei filoni dell’indagine che lo vede come dominus, quello dell’impianto di Albano, le sue partecipazioni nel consorzio Coema sono del 9% circa, mentre Calta con l’Acea e il comune di Roma con l’Ama avrebbero rim-pimpin-guato le loro casse…
 
Si vedrà, l’ultimo (o il penultimo?) capitolo di questa vicenda sarà la parte finale del “De Monnezza”, e a difendere l’oramai ex oratore del foro che si diletta a farsi riprendere dalla sua televisioncina ci sono gli avvocati Bruno Assumma e Giorgio Martellino.

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