Il Guardasigilli Anna Maria Cancellieri è intervenuta al Senato alle 16 per fare chiarezza riguardo la famosa telefonata intercorsa tra lei e Gabriella Fragni, compagna di Salvatore Ligresti, padre di Giulia in carcere, poi scarcerata per gravi motivi di salute.
La frase incriminata della telefonata del 17 luglio scorso è: “Se tu vieni a Roma – dice il Guardasigilli al telefono – proprio qualsiasi cosa adesso serva, non fate complimenti guarda non è giusto, non è giusto”.
Giulia Ligresti è stata arrestata (custodia cautelare) il 17 luglio 2013 insieme alla sorella Jonella e al padre Salvatore.
Giulia esce dal carcere il 28 agosto scorso per passare agli arresti domiciliari (a settembre ha patteggiato una pena a due anni e otto mesi).
Una settimana fa sono uscite le intercettazioni della conversazione, è stato tirato in ballo anche il figlio del ministro Cancellieri, Piergiorgio Peluso, che ha lavorato un anno in Fon Sai come direttore generale (arrivando da Unicredit) uscendo con una liquidazione di 3,6 milioni di euro per entrare in Telecom.
Oggi il Guardasigilli ha spiegato al Parlamento la sua posizione e la sua telefonata (l’intervento è leggibile in allegato).
Ha dichiarato di non ha mai fatto pressioni per la scarcerazione di Giulia Ligresti, di aver operato in assoluta buona fede e di essere pronta a fare un passo indietro nel caso in cui il Parlamento non le concedesse la fiducia.
Il Guardasigilli e i suoi magistrati
Ora il problema non nè tanto la frase qualsiasi cosa serva non fate complimenti, perché è una frase che si dice e si ripete cento volte al giorno quando si chiama qualcuno in difficoltà.
Forse il problema più grosso (e poco sottolineato dalle cronache) è che un guardasigilli ha affermato “non è giusto” riferendosi alla situazione di una persona sottoposta a carcerazione preventiva; questo non può che significare che il ministro della Giustizia critica l’operato dei suoi magistrati affermando che mettere sotto carcerazione preventiva una persona è un atto “non giusto”.
Questo non può che significare che il ricorso alla carcerazione preventiva è, a volte, usato con troppa leggerezza a detta dello stesso Guardasigilli. Ha quindi implicitamente criticato il ricorso sfrenato alla custodia cautelare. Ripetere “non è giusto, non è giusto” ad un familiare di una persona sottoposta a carcerazione preventiva significa non condividere l’uso di questo strumento.
Il ministro ha dichiarato di essere favorevole all’amnistia, oggi a Palazzo Madama ha dichiarato di essere intervenuta per oltre 100 detenuti (ma non ha fornito dettagli).
Gli interventi al Senato
Il Movimento 5 Stelle ha chiesto ovviamente le dimissioni, puntando tutto sulla tematica “figli e figliastri” perché se c’è una Ligresti che rischia di morire per problemi di salute in carcere, ogni anno ce ne sono circa 135 che ne muoiono per cause non naturali. Ma il senatore Airola ha puntato il dito soprattutto sul figlio (in realtà ribattezzandolo Gianfranco) che è uscito da Fonsai con la superliquidazione per entrare in Telecom quando la madre Guardasigilli gestiva l’accordo sui braccialetti elettronici.
Renato Schifani (Pdl) ha invece centrato tutto il suo intervento proprio sulla carcerazione preventiva ricordando come più della metà dell’attuale popolazione carceraria sia proprio in attesa di giudizio, quindi potenzialmente innocente.
L’ironia della rete
Il commento più retwittato è stato sicuramente quello riguardante la borsetta del ministro. stretta in mano durante tutto il suo intervento; “stringe la sua borsa perché sa di essere in mezzo ai ladri”.
L’ironia su twitter è andata da: “Barabba aveva il numero della Cancellieri”, a “Cancellieri santa subito”, oppure “Giulia Ligresti liberata non per la telefonata del ministro ma per una vecchia partita a Monopoli”.
Crimi è diventato uno di loro.
Al termine dell’intervento del ministro, l’Aula del Senato si è dedicata ancora una volta al caso della Giunta per le elezioni e ai famosi post del senatore Crimi usciti durante i lavori della camera di consiglio (cosa vietata dal regolamento).
Crimi è intervenuto dicendo, o meglio, accusando i “colleghi” senatodi di ignorare le possibilità dei social network, ossia che Facebook e twitter permettono di programmare l’uscita dei post.
Ricordiamo al senatore Crimi che in un primo momento aveva dichiarato di aver lasciato il cellulare ad un collaboratore e che a pubblicare i post era stato quest’ultimo: oggi il senatore Crimi ha affermato una cosa diversa.
Forse al Senato sono ignoranti, nel senso che ignorano come funzionino i social network, ma noi cronisti non siamo scemi.
La domanda è sempre questa: se al posto di Berlusconi ci fosse stato un altro senatore?
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