Se la banca fallisce cosa succede ai miei risparmi? Sempre più correntisti si pongono questa domanda, dopo il trauma del Salva Banche e l’entrata in vigore del bail-in lo scorso gennaio. Le vicende di Banca Etruria, Banca Marche, CariFe e CariChieti sono state un drammatico preludio al bail-in, ovvero il salvataggio di un istituto di credito dall’interno. Con il bail-in niente aiuti statali per ripianare i buchi di bilancio, quindi, ma i soldi di azionisti e grandi correntisti.
In cosa consiste il bail-in?

Dal 1° gennaio, se una banca si trovasse sull’orlo del fallimento non sarà più lo Stato ad intervenire per risanare i buchi di bilancio, ma i soldi necessari dovranno arrivare dall’interno dell’istituto. Nell’ordine, perderanno i loro soldi gli azionisti, i titolari di obbligazioni subordinate e i grandi correntisti, ovvero chi ha più di 100.000 euro sul proprio conto corrente (si perde solo l’eccedenza). Nel caso di azionisti e investitori, le perdite non potranno invece essere superiori a quanto accadrebbe in caso di liquidazione della banca (chiusura). Con la liquidità ricavata si andrà quindi a ricostituire il capitale della banca, che potrà tornare a operare depurata da buona parte dei crediti deteriorati.

Se sul conto ho meno di 100.000 euro perdo qualcosa?
Per i piccoli correntisti invece non c’è alcun rischio, poiché i 100.000 rimangono comunque garantiti dal Fondo Interbancario di Tutela dei Depositi (FITD). Questo vale sia in caso di conto corrente che di conto deposito, ma anche dei libretti di risparmio.

E in caso di conto corrente cointestato?
In caso di conto corrente cointestato il limite di 100.000 è da intendersi per singolo titolare. Se ad esempio una coppia ha un conto cointestato con su 200.000 euro, in caso di fallimento della banca non subirà alcuna perdita, poiché l’intera somma sarà garantita dal FITD.

Proprio perché la soglia garantita è da intendersi a persona, in caso di più conti presso una stessa banca la cifra massima garantita rimane sempre la stessa. Se ad esempio una persona ha due diversi conti correnti presso una stessa banca, uno con su 60.000 euro e uno con 70.000 euro, in caso di default dell’istituto gli saranno garantiti esclusivamente 100.000 euro, mentre potrebbe perdere i 30.000 euro di eccedenza.

Come capire se una banca è buona?
In questo contesto molti consumatori hanno iniziato a interrogarsi sull’affidabilità della propria banca e sulla possibilità di trasferire altrove il proprio denaro, magari per cercare anche condizioni economiche più vantaggiose. Ma come capire se una banca è buona e se vale la pena trasferirvi i propri risparmi? Ecco i 4 parametri principali a cui fare attenzione:

1.    Costi del conto corrente. Se stai pensando di cambiare banca, per prima cosa guarda ai costi dei prodotti che propone. Opta per conti a zero spese, offerti principalmente dalle banche online. Per aiutarti in fase di valutazione delle proposte delle varie banche puoi servirti di un comparatore come SuperMoney, utile per capire quale sia effettivamente il conto migliore in base alle tue esigenze.

2.    Tassi applicati quando si va in rosso. Specie se non hai molta liquidità sul conto corrente, è importantissimo valutare quali condizioni applica la banca nel caso in cui dovessi andare in rosso.Alcune banche non concedono proprio questa possibilità, mentre altre prevedono il pagamento di interessai davvero elevati.

3.    Facilità di mobilità dei clienti. Se possibile, scegli un istituto che non ostacoli i suoi clienti nel momento in cui decidano di cambiare banca. Informati bene quindi sulle condizioni di chiusura del conto, oppure sull’atteggiamento dell’istituto verso chi vuole spostare il proprio mutuo altrove, ecc. In questo senso commenti e recensioni di chi è già cliente possono aiutare, anche se ovviamente non vanno presi per oro colato.

4.    Solidità patrimoniale della banca. Perché una banca sia in salute, il suo capitale deve essere ovviamente superiore alle sofferenze, ovvero ai crediti non rimborsati o di difficile esigibilità. A questo proposito è utile fare riferimento al CET 1 (Common Equity Tier 1), un indice che esprime il rapporto tra i mezzi della banca e gli impieghi ponderati per il rischio: come minimo, il CET 1 deve essere superiore al 10%.

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