Ci sono vite che ci parlano di santità. Non la santità quella di noi umani, che proclamiamo a Roma in piazza San Pietro, ma quella di persone umili che ogni giorno con la loro bontà ci regalano amore.
E’ la storia di Aster una donna etiope di poco più di cinquant’anni, affetta da oltre vent’anni da una malattia che porta alla morte, la MAV (malformazioni artero-venose). Aster si ammalata circa vent’anni fa, la condanna fu implacabile da parte dei medici: vivrà al massimo due anni. E’ stata anche in coma, tanto che alcuni medici avevano deciso che non c’era più nulla da fare. Avrebbero proceduto con l’espianto degli organi. Un medico e alcuni amici si opposero e Aster è vissuta da allora altri diciotto anni, regalando ogni giorno gioia e voglia di vivere a tutti quelli avevano la fortuna di conoscerla. E’ vissuta in Italia, in una casa famiglia, “Oasi della Divina Provvidenza” a Pedara (CT). Non poteva tornare nel suo paese: qui in Italia poteva avere una cura adeguata, in Etiopia no.
La malattia le arrecava dolori indicibili, ma in tutti questi anni non una volta si è lamentata. Le sue vene, nella testa, si aggrovigliavano su se stesse, fino a formare come degli acini d’uva e trasudavano sangue e nel contempo premevano sulla corteccia celebrale. Noi ci lamentiamo per una banale mal di testa, Aster aveva di continuo dolori atroci al capo, metà corpo, tutta la parte sinistra, era bloccata e dolorante, tanto che se qualcuno la toccava appena, Aster gemeva per la sofferenza. Aster negli ultimi anni è vissuta in sedia a rotelle e di tanto in tanto aveva anche crisi epilettiche, ma era sempre sorridente e ringraziava Dio. La donna etiope non riusciva più a fare discorsi articolati, la malattia aveva colpito anche il cervello e lei che sapeva almeno tre lingue, italiano, inglese ed etiope, diceva poche parole, ma si faceva capire. Nella casa famiglia tanti sono gli accolti e alcuni sono tristi a causa di malattie, vite difficili. Ma Aster, non appena scorgeva in qualcuno il velo della tristezza, chiamava a sé chi era infelice. Gli diceva : “Cosa c’è?” e insisteva fino a quando a non aveva risposta e dopo i racconti lei guardava con i suoi grandi occhi neri e diceva “Dio, Dio” e osservava verso l’alto. Queste poche parole dette da lei, avevano il potere di fare sorridere chiunque, lei che soffriva le pene dell’inferno consolava gli afflitti. In quei momenti soleva stringere le persone forte forte con una sola mano (l’ altra era bloccata) e dava dei baci rigeneranti.
Aster amava tanto i baci e quando qualcuno glielo donava faceva finta di svenire per l’emozione! Era anche molto spiritosa e i volontari si divertivano a farle scherzi (raramente era seccata) ai quali lei rispondeva con un “Dehh”, un suono che racchiudeva tutta la sua allegria e goliardia. Due giorni prima di morire Aster aveva capito che se ne stava andando e ha voluto salutare tutti gli abitanti della casa famiglia, uno per uno, in maniera molto calorosa. Uno dei volontari della struttura racconta: “Mi ha preso il braccio e non me lo lasciava più, mi ha fatto abbassare accanto a lei per stare guancia contro guancia e non mi lasciava andare più via. Solo quando è morta ho capito che mi stava salutando per l’ultima volta e mi stava dicendo che mi avrebbe portato sempre nel suo cuore”. Aster mancherà a tutti quelli che hanno avuto il dono di conoscerla, è una di quelle persone che si preoccupava per tutti, sempre sorridente e che ringraziava Dio per ogni cosa della sua vita.
Aster eri un angelo nero prestato a noi mortali, ora sei con il tuo Dio lassù in cielo e preghi per tutti noi.