Fare oggi, in Italia, un discorso sulla CULTURA, sa di naïf, canti campestri e cori montanari; di che cosa vogliamo parlare, coi tempi che corrono? Alla luce anche, delle notizie che arrivano dai media circa la situazione generale, in proposito; con particolare riferimento a noi e alla Grecia, dopo aver fatto scuola di Civiltà al Mondo!

Siamo, certo, in tema di corsi e ricorsi storici. Ma non dobbiamo rassegnarci; non è giusto per noi, e per chi viene dopo.
Parliamo allora, siccome bisogna pur sempre cominciare da qualche parte, di NOTORIETA’, la lepre che oggi tutti rincorrono, dovunque e comunque, dai quiz televisivi ai processi penali, ai provini pubblicitari, ai blog telematici.
Ma che cosa è questa “notorietà”? Con riferimento all’arte, alla cultura, o alla letteratura, al giornalismo, può essere ritenuto un parametro di qualità?

Beh… bisogna intendersi sul significato di tali termini e sulle qualità soggettive di chi si muove in essi come, nel mare, si muovono petroliere e portaerei, barche a vela, motoscafi, semplici pedalò, canotti o addirittura nuotatori forse neanche muniti di pinne.
Per spiegarmi meglio e non tirare in ballo, semmai in modo indesiderato, nessuno, faccio riferimento a  me stesso:
Come dicevo, c’è un livello, per così dire, “soggettivo” e un livello “oggettivo”, anche se, nella pratica, ci sono sbavature e commistioni tra i due concetti, e poi le cose non sono (mai) così nette come le si propone in teoria.
Ritengo, con onestà intellettuale e cognizione di causa, di essere un POETA (di qui a poco spiegherò il senso di questa affermazione), ma, con altrettanta onestà intellettuale e cognizione di causa, devo riconoscere di NON ESSERE NOTO (in modo convenzionale, diciamo) come TALE; anzi, in fin dei conti, di non essere noto affatto in generale, o solo vagamente.
Ma questo non vuol dire, nel modo più assoluto, che il mio lavoro sia minusvalente rispetto ad altre realtà certamente di maggior fama e, da qui a poco dirò il “perché” di tanta fermezza e decisione.

Il mio status, il mio “profilo” (per usare un termine telematicamente molto in voga) così com’è, è dovuto, sostanzialmente, a due elementi:
Il PRIMO (è questo il livello “soggettivo” al quale sopra ho fatto cenno)
è che non cerco “notorietà”, o, almeno, non la cerco se non, come molte persone comuni probabilmente, in modo vago e blando. Perché?
Perché io desidero assolutamente, ed in modo categorico (non credo, peraltro, di essere l’unico a pensarla così), ESSERE ME STESSO, mentre invece, da quello che vedo o ascolto e da quello che immagino, il quadro che ho in mente, è che “acquistare notorietà”, “diventare famoso” comporta necessariamente l’effetto di IMMEDESIMARSI in QUALCUNO, perdere quindi la propria IDENTITA’ VERA per acquisire quella che la GENTE, la gran massa di persone che ti vede in quel modo, VUOLE CHE TU SIA.
Essere un PERSONAGGIO piuttosto che una PERSONA, questo io non lo desidero.

Il SECONDO PUNTO (livello “oggettivo”; più importante del primo e, in effetti, assorbente)
è insito nel fatto che il mio particolare modo di intendere l’ARTE, su cui varie volte mi sono espresso, non si presta ad acquisire notorietà, o per meglio dire, si presta in modo molto residuale e minimalista a questo.
Atti giudiziari, sentenze, novelle, romanzi, poesie, articoli, incontri, discussioni, rapporti familiari e di amicizia ecc.;  ecco, tutte queste manifestazioni del cuore e della mente, io considero MIE CREATURE; questa, nel bene e nel male [giacché non tutte le ciambelle riescono col buco come anche i Picasso (lo dico solo per spiegarmi meglio, non vorrei essere frainteso) ben sanno], è la MIA ARTE.
Sì, il cuore e la mente, e lo dico senza retorica.
Recentemente in un confronto dialettico con Pietro Vuolo, un mio amico e maestro in molte cose, è venuta fuori l’ipotesi, sulla falsariga di correnti scientifiche disallineate, che le fibre muscolari cardiache, in quanto portatrici di una misteriosa valenza vitale, oltre quella specificamente clinica, potrebbero segnalare come nel cuore, siano riposte la passione e l’ANIMA, mentre i neuroni cerebrali presiedono a tutte quelle funzioni razionali che mascolinamente (e maschilisticamente) identifichiamo con l’ANIMO.
Sono solo ipotesi, ma quel che è certo è che ognuno è investito da DIO o dalla NATURA (due termini per indicare forse la stessa ENTITA’) del dono della poesia (poi c’è chi la valorizza, chi la bistratta anche scrivendo versi, chi la uccide, commettendo atti indegni come stragi, stupri e altre violenze, chi la lascia marcire, chi la snobba, chi la esalta, la dona ecc.), e questo vale forse non solo per  gli uomini, ma per tutti gli esseri senzienti.
Questa POESIA può consistere nello scrivere una bellissima ode, dipingere una tela che susciti emozioni, modellare, scolpire, fare musica, oppure nell’andare a trovare un vecchio amico o un ammalato all’ospedale, aiutare un bambino a crescere, amare il proprio partner, amare un animale o un fiore, risolvere un difficile teorema, e tante altre cose, fare karate o judo, o altre simili discipline, per esempio (non a caso si definiscono “arti marziali”), praticare altri sport, giocare, sperimentare, e così via.

Siamo nell’ambito della PERFORMANCE o ARTE PERFORMATIVA (anche qui: una modalità; un mio modo di intenderla, di praticarla e di viverla, come ce ne sono, certo, altri); qualcosa che, non in astratto, ma in modo reale e concreto, riguarda TUTTI, anche se, ahimé, con riguardo alla conoscenza e consapevolezza, capacità visionaria, diciamo così, sembrerebbe essere (ancora) per pochi iniziati (e qui c’entra, come non notarlo, anche la particolare situazione culturale italiana). Da qui la consistenza di fanalino di coda della notorietà.
Ma questa è VERITA’ (sia pure nella sua accezione di concetto, a sua volta relativo). Questo è quello che conta, al diavolo la NOTORIETA’! Altrimenti dovremmo concludere che nella Storia dell’Umanità, esistono solo 1000… 2000? GENI e ARTISTI: Michelangelo, Giotto, Dante Alighieri, Lincoln, Shakespeare, Goethe, Galilei ecc. ma che senso avrebbe? Tutti gli altri varrebbero ZERO o poco più?
Un intero sistema cosmico esisterebbe SOLO per avere una manciata di persone sull’altare, e l’ammasso delle generazioni nella suburra e nella palude della vita?
Visualizzazione questa, tra l’altro, contraddetta dalla logica comune.
Se così fosse NESSUNO capirebbe, o forse pochi, pochissimi, quei geni. Se schiere infinite di popolazioni, di studiosi, di potenti, di altri artisti, li capiscono e li onorano, vuol dire che hanno dentro di sé altrettanta genialità, pezzi, o almeno un  pezzo di essa.

Abbiamo esempi lampanti di questo ragionamento estremamente semplice, al di là di quelle che possono essere le apparenze:
Enzo JANNACCI. Lui era certo un poeta, ed era anche un medico; ma la sua era poesia anche quando faceva il medico (lo conoscevo personalmente). Questa era la sua “performance” nella vita. Bisogna intuirlo prima che razionalizzarlo; “ci vuole orecchio”, come diceva… quel frammento della nostra vita che se ne va.
Altrettanto vale per Franco CALIFANO. Tutta la sua vita era nella sua musica, così come per Caravaggio, la sua tormentata vita era nelle sue opere; non sarebbe stato il CARAVAGGIO, se avesse avuto una vita tranquilla. Viceversa, probabilmente MANZONI non avrebbe scritto il “5 maggio” o i “Promessi Sposi” se avesse avuto una vita troppo movimentata; e gli esempi si possono enumerare all’infinito, mentre “tutto il resto è…” come dico io, con lui, in una mia poesia.

E Lucio LAMI? Ci ha lasciato il segno della sua vita, del suo esempio, al di là delle sue opere.

E ci sono persone in vita come Roberto VECCHIONI (anche lui conosco personalmente), Eugenio SCALFARI (qui c’è un po’ di esclusivismo, personale orientamento, lo riconosco), BENIGNI, FO, CELENTANO, MINA, D’ANDRIA (lo “sconosciuto” archeologo italiano che ha scoperto, in Turchia, il Cancello di Plutone, o Porta dell’Inferno, ma praticamente non se ne è parlato che per trafiletti), FRANCESCO il Papa della vita (che ha richiamato l’attenzione sull’”ASSOLUTO” e, in tale ottica, si è rivolto da pari a pari ai “fratelli musulmani”), ecc. tanto per citare persone, più o meno conosciute (oggi, grazie ai molti allocchi tra la gente, c’è chi fa fatica già a riconoscere Giuseppe Garibaldi) e farmi comprendere, senza l’intento di fare alcun paragone (“L’attimo fuggente” docet); ma la maggior parte di persone a queste assimilabili è sconosciuta, eppure si dirama nella Società (per fortuna, o per Grazia di Dio).

Certamente, così come c’è chi si realizza attraverso mille cose, c’è chi, invece, si concentra su poche o pochissime cose (non parliamo mai di hobby; questa è una parola utile solo a squalificare il talento), e ci sono alcuni per i quali la poesia, l’affermazione, la performance, si focalizza su un solo percorso, approfondito e consumato fino in fondo, o il più possibile: fare l’avvocato, il missionario, il bancario, o l’ingegnere, l’artigiano, magari fare all’amore, o rigorosamente e semplicemente, appunto, scrivere versi, saggi o novelle; e così via.
Ciascuno ha il suo modo di intendere l’arte.
Aver convertito qualcuno all’ARTE PERFORMATIVA, sarebbe “viva e vibrante soddisfazione” per me, ma non ho pretese in tal senso.

Spero solo di aver dimostrato, con sufficiente argomentazione logica, ancorché empirica, che si può essere POETI, si può essere ARTISTI, senza NOTORIETA’, e viceversa, la notorietà non identifica necessariamente l’artista.
Concludo sull’onda di quel “Oh capitano… mio capitano…” che è nell’aria, che avvertiamo, anche se non sentiamo, non ricordiamo, o non conosciamo, dicendo che si può stare nel mare, nel grande o piccolo lago, nell’oceano o nelle Everglades  dell’ARTE, col gozzo o con lo yacht, col catamarano o a nuoto; certo si può anche affondare, essere uccisi o annegare, ma starne fuori è fenomeno sconosciuto in natura, se non per chi abbandona il suo Essere, per diventare SEGNO; un segno in più su quel Ritratto di Dorian Gray che può identificare la feccia, la negazione, non certo la rappresentazione pittorica di qualcosa, ma, al contrario, la fuoriuscita definitiva da quel “qualcosa”, dalla tela, dal mare, dalla vita, dalla poesia, dall’arte.

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