La testimonianza schiacciante di un attivista davanti all’ONU

Un’attivista algerina per i diritti umani, a cui è stato impedito di lasciare il suo Paese, è stata ascoltata in videoconferenza dall’Ufficio dell’Alto Commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani sul clima di repressione e oppressione delle libertà fondamentali in Algeria e sugli abusi subiti dagli attivisti di Hirak.

Intervenendo nell’ambito della pre-sessione della rassegna periodica universale dedicata alla società civile, l’attivista algerina per i diritti umani, Jamila Loukil, a cui è stato vietato, insieme al marito, Kaddour Chouicha, vicepresidente dell’ufficio della Lega algerina per la Difesa dei diritti umani (Laddh), di recarsi a Ginevra per partecipare ai lavori di questo incontro, ha reso una testimonianza in cui ha denunciato le pratiche repressive della polizia in Algeria, atti intimidatori, pratiche di molestie giudiziarie e l’uso da parte delle autorità del suo paese di divieti arbitrari di viaggio al fine di esercitare pressioni sugli attivisti per i diritti umani.

Jamila Loukil ha raccontato di essere stata trattenuta insieme al marito dalla polizia dell’aeroporto di Orano che voleva consapevolmente farle perdere il volo per Ginevra.

Incarcerata per diciassette mesi con false accuse di terrorismo insieme al marito e giornalista Said Boudour, la signora Loukil ha denunciato la situazione dei diritti umani e delle libertà che è fortemente peggiorata in Algeria con una repressione senza precedenti dei diritti e delle libertà fondamentali.

In materia di libertà di riunione e manifestazione, ha ricordato che dal 2021 il codice penale ha subito un ampio cambiamento con l’allargamento dei campi di accusa, l’inasprimento delle sanzioni penali e soprattutto l’ampliamento della nozione di terrorismo a tutte le attività o posizioni critiche, con la strumentalizzazione dell’istituto giudiziario.

“Ciò ha portato alla criminalizzazione delle attività di associazioni, sindacati, politici, difensori dei diritti umani, giornalisti e all’incarcerazione di migliaia di persone”.

Nota, invece, che non sono stati mantenuti gli impegni dell’Algeria a rispettare la libertà di stampa e la libertà di espressione, ricordando che giornalisti e blogger sono stati incarcerati con l’accusa di terrorismo o disposizioni del codice penale che prevedono pene detentive, come incitamento a raduni disarmati, scredito alle decisioni dei tribunali, attacco all’esercito, insulto a funzionari pubblici e diffamazione.