Modi di tornare a casa è un romanzo che unisce vari piani, quello pubblico e storico degli anni della dittatura cilena di Pinochet e quello privato, introspettivo, della ricerca di sé, dell’amore e delle ferite che ognuno di noi si porta dentro, soprattutto quelli tra noi che hanno vissuto situazioni drammatiche.
La narrazione, che inizia con il racconto del terremoto che colpì il Cile nel 1985 e si conclude con un altro terremoto cileno, quello del 2010, procede per flash back e avviene in forma di diario, poesia, racconto. Nel 1985 il protagonista è un bambino di nove anni che vive protetto in una famiglia che si tiene lontana dalla politica: “Vivevamo in una dittatura, si parlava di crimini e attentati, stati d’assedio e coprifuoco, e tuttavia niente mi impediva di trascorrere le giornate vagando lontano da casa”.
Durante i giorni immediatamente successivi al terremoto, il protagonista incontra Claudia, una ragazzina poco più grande di lui, che gli affida un compito da svolgere in gran segreto: spiare suo zio, vicino di casa del bambino, e poi fare un rapporto settimanale su tutti gli spostamenti e i comportamenti sospetti.
Il protagonista non ne capisce il motivo, ma attratto da Claudia, svolge il suo ruolo in modo scrupoloso, in attesa di rivederla ogni settimana e di poter parlare con lei. La dittatura e la vita separano a un certo punto i due ragazzi che sono destinati a incontrarsi di nuovo soltanto molti anni dopo, quando sono adulti e il regime di Pinochet non esiste più.
Il ragazzino è diventato uno scrittore, con una vita sentimentale in pezzi e alle prese con un romanzo che vorrebbe indagare il periodo della dittatura e il rapporto con quei suoi genitori che si sono tenuti in disparte, permettendogli di vivere un’infanzia senza lutti, ma regalandogli una vita adulta senza vittime da piangere, piena soltanto di rimorsi e senso di colpa per non aver capito e non avere reagito, per essersi salvato.
Tra i suoi ricordi ritorna anche l’incontro con un professore: “Si capisce che sai quello che ho vissuto, mi disse, con aria di complicità. Certo che lo sapevo, lo sapevamo tutti: era stato torturato e suo cugino era un desaparecido. Non credo in questa democrazia mi disse. Il Cile è e continuerà a essere un campo di battaglia.
Mi chiese se militavo in qualche gruppo, risposi di no. Mi domandò della mia famiglia, gli dissi che durante la dittatura i miei genitori si erano mantenuti ai margini. Il professore mi guardò con curiosità o con disprezzo; mi guardò con curiosità, però sentii che nel suo sguardo c’era anche disprezzo”.
Nonostante il tema, il libro ha lo stile lieve dei romanzi di formazione. La ricerca tra i ricordi, tra i frammenti di cose capite solo in minima parte, è dolorosa ma necessaria e l’orrore dei tempi lascia in eredità al presente soltanto una dolorosa malinconia, una ricerca di un senso che permetta di convivere in futuro in modo sereno con il proprio passato.

Alejandro Zambra è nato nel 1975 a Santiago del Cile, dove vive. Oltre che narratore, è poeta, critico letterario e insegnante all’università Diego Portales. Segnalato dalla prestigiosa rivista britannica Granta come uno dei più promettenti giovani narratori in lingua spagnola ha pubblicato altri due romanzi, di cui uno, Bonsai (Neri Pozza, 2007) ha vinto il premio cileno della critica.

Modi di tornare a casa
Alejandro Zambra
Mondadori 2013, pp. 154, 16,50 euro.

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