Vestirsi è un dovere civile, l’intelligenza è un optional. Questo potrebbe essere lo slogan della campagna di abbigliamento morale sostenuta da Frank Goodman, membro del consiglio cittadino di Dadeville, Alabama. Qui, nello stato del cotone, roccaforte repubblicana e baluardo della pena di morte, si discute sempre su temi di profonda attualità.

La proposta di Goodman è quella di abolire i temutissimi pantaloni bracaloni, che quando ci cammini sembra che ti sei cagato addosso. Difficile dare torto all’esimio consigliere sull’oscena estetica dei calzoni da incontinenti, ma come tutti i bipedi intolleranti, costui scambia l’opinione personale per un editto di Stato. Ovviamente il diktat è stato suggerito dall’amico invisibile che in molti chiamano “dio”, chi meglio di un esperto in divieti apocalittici poteva ispirare Goodman?

Ma non finisce qui, un altro membro del consiglio, Stephanie Kelley, ha rilanciato con il veto sulle minigonne, affinché l’ordinanza non sembri di parte. Giustissimo, in democrazia non si può discriminare in base al sesso, ma in base ai vestiti sì. Questa, forse, è l’unica differenza tra i nazisti dell’Alabama e gli integralisti islamici, entrambi seguono le “leggi” di un certo “dio” e, al contrario dei pannoloni da passeggio, non si tratta di una moda passeggera. 

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