Vola vola vola vola l’ape Fabio… (su musichetta “Ape Maia”).
Attenzione: se siete fan sfegatati di Fabio Volo, se leggete i suoi libri, pagate un biglietto d’ingresso al cinema per vedere un film interpretato da lui e lo avete seguito per 12 anni alla radio… questo non è un articolo che fa per voi!

Oggi infatti parliamo dell’Ape Fabio e del suo “Volo in diretta”, giunto alla seconda edizione, che da gennaio 2013 sarà promosso addirittura in prima serata. La crisi della tv generalista ha colpito anche Raitre che affida 35 minuti del suo palinsesto ad una coproduzione RAI-ITV per fare il 3% di share. Si perché senza “Ballarò” o “Chi l’ha visto” che lo precedono con circa 4 milioni di telespettatori, il programma firmato da Fabio Volo e altri 9, tra autori e collaboratori ai testi, attrae circa 450 mila persone. Ma non voglio soffermarmi troppo su questa polemica del “traino nobile” perché già affrontata da Aldo Grasso, qui la questione è ben altra… il programma l’è brutto, ma brutto brutto e pure noioso.

La gioiosa macchina autorale che per un totale di 3,5 minuti a cervello dovrebbe partorire idee geniali, trovate al fulmicotone o quanto meno tenere avvinghiati allo schermo per quella mezz’ora al lordo della pubblicità si affida semplicemente agli sguardi da piacione del protagonista Fabio Bonetti che vola ben poco in questo one man show. Se nella prima parte scopiazza impunemente David Letterman (ma chi non lo ha fatto?) con l’unica variante del resto in piedi ma leggo comunque le notizie commentandole con l’ausilio della band (a proposito, la band dal vivo servirà ad avere la SIAE?) dopo perde anche il filo conduttore del plagio e si sfilaccia miseramente. In un gioco poco godibile di rimandi “meta” che piaceranno di sicuro a Volo & co. viene mandata in onda una camera “a cazzo” come se non fosse decisa dal regista e così vediamo il programma da un’altra angolazione, come fosse rubata da uno spettatore in studio.

Ma l’Oscar dei rimandi metatestuali lo merita lo scialbo siparietto con la valletta Jane Alexander (e non chiamatela co-conduttrice perché non conduce alcunché: sta lì a sorridere e accavalla le magrissime cosce). Lei entra, lui le fa i complimenti perché è alta poi lei chiede perché mi hai presa e lui, sornione, mette in scena il personaggio del “trombeur” e dice: “sai, in molti se lo chiedono, al mercato” e poi “c’è un altro motivo ma non te lo posso dire… ah sì, perché sei Smart”. A questo punto una voce fuori campo (che infatti non si sente, presumibilmente uno dei magnifici 9) gli dice che non si può dire Smart perché è il nome di un’automobile e allora lui le dice: ti ho preso perché sei un’utilitaria molto piccola e agevole, ah! Quante regole, troppe regole in questa azienda… scusate se non ricordo di preciso la battuta ma faceva davvero cagare… delle serie grasse risate ma tra loro. E non è finita, purtroppo: Jane Alexander (altra icona dell’inutilità televisiva pompata con gli steroidi del nulla catodico) sale le scale per raggiungere un punto preciso dello studio dove c’è una seduta bianca e lui allora parlando sempre con qualcuno fuori campo dice con quel soave accento bergamasco “questa cosa qua però va tagliata perché dura troppo e la gente si stufa”… e lo dice ridendo. MA COSA CACCHIO TI RIDI? Stai facendo un programma sulla terza rete nazionale, la rete che ancora gode della fama di essere una rete culturale grazie al lavoro di Angelo Guglielmi e tu prendi per il culo così lo spettatore? Qual è il fine gioco intellettuale? Stiamo assistendo ad un programma in diretta, talmente in diretta che va in onda come un “work in progress”? Che senso hanno questi ammiccamenti? Cito Nanni Moretti da Ecce Bombo: “Ce lo meritiamo Fabio Volo” Ce lo meritiamo!” Eccome se ce lo meritiamo: è la quintessenza di questi ultimi vent’anni: un uomo che fa della mediocrità un vanto, che sembra sempre prendere un po’ per il culo ma senza la componente giocosa, un self made man che ha rovesciato la parabola siciliana del “cumannari è megghiu ca futtiri “ scegliendo indubbiamente il “futtiri”, più piacevole e meno impegnativo del primo.

Ma torniamo al programma: è il momento degli ospiti e qui si rientra nel cliché del programma di sinistra in onda su Rai3 che dai tempi della Dandini spaccia per momento culturale la “marchetta”, la promozione di un libro, di un film, in questo caso il CD di Irene Grandi e Stefano Bollani che ci propinano un “Viva la pappa col pomodoro” in versione jazz perché col jazz tutto si ammanta di un che di “cool”, pure la canzoncina della Wertmuller. E Fabio Volo è lì che interpreta la versione di se stesso un po’ imbarazzata, un po’ incantata, del ragazzo che un tempo faceva il panettiere, un ragazzo che viene dal basso, che non è più andato a scuola ma ha la sensibilità per capire la vita… peccato che la panetteria era del babbo e la sensibilità per la vita gli ha fatto abbandonare la scuola per poi fare il cantante di dance italiana.

Una postilla: anche Fabio Volo come Nicola Savino è un personaggio radiofonico che viene prestato alla tv (“il Bonetti-Volo” diventa personaggio nel ’96 sulla Radio capital di Cecchetto), i due infatti hanno un grande successo nel media più caldo che c’è e lì infatti sono simpatici, dinamici, comici e tutto quello che vi piace e finisce in -mici ma in televisione, media freddo, fanno, non a caso, accapponare la pelle dalla noia. Sarà un caso? Mentre ci pensate Andalù vi saluta e si porta via il “Volo in diretta” e lo fa migrare lontano lontano in attesa del suo approdo in prima serata. Pure Raitre me doveva cadè.

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