Quello che (non) ho… anzi “quella” che non ho avuto è stata la pazienza… la pazienza di seguire per intero un infinito reading televisivo di due ore e mezza e per tre giorni di fila. Il successo è stato imponente, sia per la rete (La7) che ha ospitato il programma, che in assoluto (che 3 milioni di individui specie in questo periodo che c’è stata la carestia delle vacche, pardon, degli spettatori sono un risultato stupefacente).

Altro risultato storico è stato quello di battere nell’ultima puntata, quella del 16 maggio, la rete ammiraglia per eccellenza, Raiuno, che sfoderava per l’occasione la seconda puntata di “Punto su di te”, un programma che aveva un preciso intento: mettere in seria difficoltà la neonata struttura dell’intrattenimento guidata da Giancarlo Leone e la poltrona del direttore di Raiuno Mauro Mazza (ma questa è un’altra storia).

Non l’ho visto per intero e ho sopperito a questa mia mancanza andando su Youtube dove ho potuto godere dei momenti migliori giudicati in modo unanime dal popolo della rete. Il risultato è stato devastante: orchite di terzo grado! E allora mi sono chiesto: perché 3 milioni di persone lo hanno seguito? Ragioniamo con le parole: Tele-Visione significa letteralmente guardare a distanza: il successo di “Quello che non ho” penso sia stato quello di aver creato un evento che noi abbiamo guardato a distanza. L’idea, nobile e di spessore di dare alle parole lo spazio che meritano e soprattutto il tempo che meritano, è solo un elemento marginale del successo del programma.
La genialata è stata quella di aver creato l’attesa per un qualcosa che il giorno dopo avrebbe fatto la “differenza tra me e te”: un’operazione degna di un piumino Moncler degli anni’80.

Del resto il programma, per quanto possa vestirsi di uno splendido mantello di non-televisività (vedi l’assenza pressoché totale di ritmi e schemi propriamente televisivi) è pur sempre prodotto da Endemol, società quotata in borsa, mica da una fantomatica “congrega della semantica” con lo scopo di rinsavire le menti dall’orrore e dalla superficialità che ci impone la società, anche se hanno provato a farcelo credere. “Be different” è uno dei dettami più potenti del marketing: essere differente ma sentirsi parte di un gruppo, la dinamica più nota a qualunque adolescente.

I tre milioni che hanno abboccato all’esca del claim “Quello che (non) ho… se non guardi solo la Tv” hanno visto invece la Tv con dentro tanti personaggi noti, notissimi ma poco visibili nei circuiti, diciamolo pure, sputtanati della scatola magica e hanno partecipato ad un evento di nicchia coi numeri di un programma pop. E hanno accettato di annoiarsi mortalmente, ma tutto questo fa parte del gioco, dell’irripetibilità dell’evento, non a caso durato tre giorni, proprio come Woodstock, la tre giorni di peace & music più famosa al mondo. E non è improbabile che gli 8 autori 8 si siano ispirati a questo (a proposito ma che fanno gli autori in un programma come “Quello che non ho”: scrivono gli interventi di Fazio e Saviano? Scelgono le parole, i personaggi? Perché l’intervento della partigiana Vanda Bianchi, penso proprio fosse di suo pugno, così come quello di Ettore Scola, o almeno spero sia così). L’effetto più evidente degli 8 autori è nell’allure radical chic di chi non confonde un’esibizione di Burlesque con un ammucchiata e sta dando alle masse gli strumenti per elevarsi o quanto meno per atteggiarsi davanti alla macchinetta aziendale del caffè.

Poi c’è il discorso della tifoseria che è sempre marketing ma più terra terra: io sono di sinistra e vedo Saviano/Fazio perché loro fanno un programma di qualità non banale e più siamo e più gliela facciamo vedere alla massa di pecoroni di destra che “il pueblo unido” c’è ed è compatto e segue i programmi con dentro un significato (letto su un blog: “se non vi piace potete sempre guardare il Grande Fratello, è quello che vi meritate”) anche se questo provocherà la perforazione di una palla.

E la cosa incredibile è che se lo vedono anche quelli di destra: è il cosiddetto “Ballarò effect” il programma viene visto anche dallo schieramento avverso per vedere quanto siano scorrette quelle maledette “zecche comuniste”…peccato che lo stesso discorso non valga a sinistra: non vi è traccia di alcun “Ferrara effect o Paragone effect” sulle curve Auditel. L’unico limite a questo genere di programmi è proprio nella caratteristica intrinseca dell’evento: innanzitutto la durata limitata nel tempo e poi la sua irripetibilità: la NON-TV insomma è un genere formattabile ma con molta moderazione altrimenti provoca sonnolenza: usare con moderazione una volta all’anno.

P.s: un risultato però è stato immediatamente ottenuto: la Rai ha dato segnali di risveglio dal coma profondo e ha mostrato interesse nel voler richiamare il dinamico duo Fazio/Saviano per ripetere la performance acchiappa ascolti di “Vieni via con me” il prossimo settembre. Ho detto una volta l’anno ma mica ho detto su una sola rete. Anche stavolta Andalù vi saluta e si porta via “Quello che non ho”… almeno per il momento.

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