E’ delle ultime ore la notizia che i giudici hanno disposto l’ascolto, come testimone, del Presidente Napolitano, nell’ambito del processo sulla presunta trattativa Stato-Mafia. Re Giorgio ha subito dichiarato di non aver nulla da dire. E per una volta ha ragione! Si tratta di fatti vecchi, che risalgono a oltre dieci anni fa. La trattativa ormai è superata e conclusa.

Lo Stato è diventato Mafia. Qualcuno obietterà che lo è sempre stato, il che può anche essere giusto, ma si trattava di collusioni, di infiltrazioni nel Governo e nelle Istituzioni. Cose da poco. Ora, finalmente, Stato e Mafia sono un’unica cosa. E non è nemmeno merito nostro. I Dell’Utri e i Cosentino non c’entrano. Ce lo ha chiesto l’Europa. E noi abbiamo prontamente acconsentito. Quando? Semplice. Quando si è disposto, per truccare i conti degli Stati membri, di inserire nel PIL anche il volume d’affari derivante dal traffico della droga, dalla prostituzione e dal contrabbando. Imprese assai fiorenti, tutte gestite dalle mafie. E questo artificio contabile ci salva dalla bancarotta, dall’aumento del deficit, dallo spread e dallo sforamento del 3% sempre imposto dall’Europa. Dopo aver favorito lo sbarco degli Alleati per liberarci dal nazifascismo, ancora una volta è Cosa Nostra a salvare questo Paese. Altro che Berlusconi o De Magistris condannati ingiustamente. L’unico grande vero martire, ancora detenuto in carcere, è Totò Riina. L’uomo, assai lungimirante, costretto ad uccidere Falcone e Borsellino, i magistrati nemici dell’Italia, che non avevano capito quanto fosse importante, buona e giusta l’attività illegale.

Pensate, se fossero stati ancora vivi, quanti disoccupati in più, quante banche fallite, quante imprese chiuse avremmo avuto. Per fortuna ci ha pensato il buon Riina a far marciare le cose, a difendere il nostro sacro PIL. Per riparare al malfatto, al buon Napolitano, non resta che una via d’uscita: concedergli la Grazia e subito dopo dimettersi. Ma non per la vergogna, bensì per consentire al Parlamento di eleggere Riina Presidente della Repubblica, come congruo, sebbene tardivo, risarcimento dell’ingiusta carcerazione subita e degli indubbi meriti acquisiti nei confronti del Paese. W la mafia! W l’Italia! W l’Europa!

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