Varese è uno di quei posti dove se parli a voce alta dopo le 22.00 chiamano l’esercito. Immaginate come hanno reagito le efficienti forze dell’ordine quando un ragazzo, Giampietro Belotti, ha bestemmiato col megafono in piazza. Subito la Digos ha schierato otto pattuglie, due elicotteri e un mezzo d’assalto per placcare il pernicioso criminale. I suoi precedenti parlano chiaro, prendere per il culo le sentinelle in piedi con la divisa di Chaplin ne “Il Grande Dittatore” e una copia di “Mein Kampf”  gli è costato una denuncia per apologia del fascismo.

Il tutto mentre Salvini e Borghezio non soltanto sono a piede libero, ma ci rappresentano in Europa. In ogni caso, dopo l’ultimo episodio, Belotti ha subìto l’applicazione del famigerato articolo 724 del codice italiano delle pene medievali. Il verbale per blasfemia è stato vergato a fuoco dalle autorità, le quali, pur non potendosi più appellare alla definizione di “religione di stato”, abolita da soli 32 anni, hanno emesso sentenza.

I Judge Dredd del cattolicesimo esigono ora il pagamento di 103 Euro per vilipendio alla religione (non importa quale). La difesa di Belotti è di aver imprecato il proprio nume tutelare, il dio spaghetto del credo pastafariano, che al contrario di tutti gli altri, non si offende se ingiuriato. Strano infatti che non si senta mai insultare Budda, Ganesh, Zeus, Allah, Saruman o Skeletor, che farebbe in quel caso la polizia?

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