Gianluigi Paragone appartiene alla folta schiera degli schiavi dei bonifici statali, in pratica non può fare a meno di occupare ruoli a piacimento, purché sovvenzionati dai cittadini. Nel 2005 è direttore de La Padania, quotidiano che prende il nome da un luogo di fantasia inventato per spaventare gli scugnizzi e i picciotti.

Un giornale di partito che nonostante i finanziamenti pubblici è in perdita di un milione di euro all’anno, con il record nazionale di copie invendute. Ma lui, mentre tutti vanno in vacanza, nell’estate del 2009 si insedia come direttore di Libero dopo l’abbandono di Feltri. Nelle due settimane successive riscalda la poltrona per Belpietro, che torna a dargli il cambio prima di ferragosto. Proprio in quel momento diventa vice direttore di Rai 1 e nel giro di un mese rimbalza con lo stesso incarico su Rai 2, dove lotta con successo per rimettere in palinsesto Voyager e La Signora in Giallo. Dopo nove giorni di repliche di tutti e 17 i film di Lassie, Gianluigi innesca la seconda fase del piano malvagio, con la messa in onda del suo tak-show personale L’Ultima Parola.

Tra una puntata e l’altra si improvvisa inviato per Quelli Che il Calcio, lasciando intravedere la sua indole festaiola. La trasformazione è in atto e il viscido involucro del turbo-leghista si schiude per dare vita al lato nascosto di Paragone. Il suo alter-ego artistico si manifesta come un fricchettone di provincia con barba incolta, orecchino e chili di moralismo stracotto. Non contento, imbraccia la chitarra elettrica e avvia la svolta musicale, con prediche in omaggio su canzoni di Vasco Rossi, Gaber e Bennato. Fra un paio di settimane ce lo ritroveremo sulla copertina di Rolling Stone o di spalla ai Radiohead. Nel frattempo la Lega ha deciso di selezionare il suo ufficio stampa direttamente tra i partecipanti a X-Factor.

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