Giuseppe Moccia, meglio noto come Pipolo, ha dato alla luce capolavori immortali del cinema italiano come “Mia Moglie è una Bestia” e “Panarea”. Ma la sua opera migliore è senza dubbio suo figlio Federico Moccia, autore televisivo, scrittore, regista e appendiabiti di chiara fama. Il suo contributo all’arte paterna inizia sul set di “Attila, Flagello di Dio”, dove il giovine Federico svuota i posacenere della produzione e viene accreditato come aiuto regista.

In seguito programmi di alto spessore quali “Domenica In” e “Il Treno dei Desideri” si avvalgono delle sue capacità letterarie con l’arduo scopo di abbassare il livello intellettuale dei testi. Nell’ultimo decennio scrive le memorie dei fratelli Wright (“Tre Metri Sopra il Cielo”) e un saggio antropologico sui cannibali della Val Brembana (“Ho Voglia di Te”). Purtroppo non viene capito e la sua voce da infante ancora non sviluppato contribuisce al successo presso il pubblico adolescenziale, che lo costringe a girare dei film neorealisti con attori improvvisati e presi dalla strada.

La lobby dei ferramenta ne accresce il potere mediatico in cambio di una fornitura a vita di lucchetti e catenacci. Per sbarazzarsi dell’ingombrante fardello, Moccia li appende tutti a Ponte Milvio, poi fa una soffiata anonima alla polizia e resta a guardare soddisfatto mentre l’area viene sgombrata. L’ascesa al potere culmina con l’elezione alla carica di sindaco a Rosello (Chieti), paese di 300 persone nonché luogo di nascita di sua moglie. “Sposerò i miei fans”, dichiara il neosindaco in un delirio di onnipotenza, mentre il Presidente della Provincia Enrico Di Giuseppantonio lo istiga, sostenendo che si tratta di “una candidatura, al di fuori dei partiti, che sa di cultura”.

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