All’interno di una vettura del corpo diplomatico del Vaticano sono stati trovati quattro chili di cocaina e due etti di marijuana. La stampa eretica ha subito puntato il dito sugli umili e indifesi cardinali, ai quali non è rimasta che una sola giustificazione, cioè che la coca comprata coi soldi delle elemosine era per i poveri.

Ma come è andata veramente? Antefatto: il cardinale Jorge Maria Mejia, 91 anni, in convalescenza per infarto, è un noto pilota spregiudicato di corse clandestine. I fatti: non resistendo al richiamo delle quattro ruote e temporaneamente immobile, sua eminenza commissiona a due uomini di fiducia il rinnovo del tagliando della sua auto. Costoro, poco adusi alla comprensione del linguaggio umano, hanno interpretato la richiesta in maniera un po’ fantasiosa e alla fine hanno usato la macchina per trasportare una partita di coca pura da far tagliare. Con l’inconsapevole complicità delle autorità italiane, che mai si sognerebbero di fermare un veicolo benedetto, i due amigos arrivano fino alla frontiera francese. La polizia di Chambery, memore di un secolo di papato avignonese, li blocca all’istante, tana per Gesù. La credibilità della vicenda, come quella del Vaticano, è evidente a tutti ed è anche vero che le industrie della Santa Sede non si scomoderebbero per una simile facezia, quattro chili è roba da chierichetti.

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