La genovese rappresenta, insieme al ragù, uno dei fondamenti della cucina napoletana. Se definiamo il ragù il “re” della cucina napoletana, la genovese ne è, a pieno titolo,  la regina .Ma perché questo sugo che appartiene alla tradizione culinaria napoletana, porta il nome ” alla genovese”?

L’origine di questo nome è alquanto incerta. Una delle tesi più accreditate la fa risalire al XV secolo, in pieno periodo aragonese quando, nella zona del porto di Napoli, vi erano alcune osterie tenute da trattori genovesi i quali erano soliti cucinare la carne in modo da ricavarne una salsa per condire i maccheroni.

Altri studi fanno risalire l’origine di questo piatto , sempre nel XV secolo, alla presenza, sul molo dove di solito attraccavano le navi provenienti da Genova, di un “maccaronaro”, che aveva li il suo banchetto e che, probabilmente, prese il soprannome di “’o genovese”.

Esiste ancora un’altra tesi sull’origine della genovese: nel febbraio 1495, nelle fila dell’esercito francese che occupava Napoli, vi erano dei mercenari svizzeri. La cipolla è un ingrediente molto usato nella cucina elvetica e qualche mercenario svizzero avrebbe potuto trasmettere la conoscenza di una ricetta originaria di Ginevra.

Ma, quasi come la trama di un thriller, ecco che alla fine degli anni 70, nell’Archivio Nazionale di Parigi, vengono alla luce dei documenti: sono due trattati di arte culinaria del medio evo. Uno di essi è il LIBER DE COQUINA, scritto da un anonimo alla corte Angioina di Napoli nel Trecento. Si tratta di un ricettario dell’epoca dedicato a Carlo II d’Angiò. Tra queste ricette, scritte in latino, la n° 66 porta il nome di ” De Tria Ianuensis, “ che tradotta diviene “Della Tria Genovese. Il termine “Tria” è presente già in alcuni testi del Trecento, tra cui il ” theatrum sanitatis” dove per le paste alimentari si usa il termine “Trij” . Ancora oggi, nel Salento, si cucinano “ciceri e tria” pasta e ceci!

E procediamo:
Occorrono, per 6 persone:
600 grammi di muscolo di vitellone, tagliato a spezzatino
1 kg abbondante di cipolle dorate tagliate sottili o preferibilmente passate al mixer insieme a
200 grammi di pancetta affumicata
60 grammi di concentrato di pomodoro
mezzo litro di vino rosso
olio 100 grammi
e sale quanto basta.
Tritate la cipolla con la pancetta e, insieme ai tocchetti di carne fatela rosolare in una pentola capiente, preferibilmente non di alluminio.
Aggiungete e fate sfumare il vino rosso; aggiungete il concentrato di pomodoro e cuocete, cuocete a fuoco basso fin quando la cipolla è assolutamente una crema ed il colore della salsa è di un bel marrone scuro.
Condite con l’intingolo dei mezzanelli o meglio dei ziti spezzati a mano cospargendoli di abbondante formaggio parmigiano grattugiato fresco.
La carne costituisce un ottimo secondo.

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