La figura di Pier Paolo Pasolini ha dato origine a decine, centinaia, forse migliaia di libri. Sento di poter affermare, senza timore di sbagliare, che nessuno può averli letti o consultati tutti, ma forse neppure la metà. Si tratta di libri che il più delle volte mettono a fuoco un piccolo, talora piccolissimo segmento della vita, dell’opera e anche della morte di Pasolini.

“Pier Paolo Pasolini, il poeta civile delle borgate”, pubblicato da Poetikanten Edizioni a cura di Michela Zanarella e Lorenzo Spurio, è a mio avviso il libro più interessante, più esauriente e di più ampie vedute mai apparso sull’ “argomento Pasolini”. Uso questo termine perché la figura del grande intellettuale assassinato all’Idroscalo il 2 Novembre del 1975 è così variegata e complessa da costituire in sé e per sé un vero e proprio, vasto argomento.

Non guardo a “Pier Paolo Pasolini, il poeta civile delle borgate” come a una sorta di Bignami del Meridiano Pasolini curato da Walter Siti. Sto parlando di un libro di Autori Vari che riesce a mettere a fuoco e a portare in superficie, come nessun altro libro prima d’ora, le tante sfaccettature della personalità di Pier Paolo Pasolini.

“Pier Paolo Pasolini, il poeta civile delle borgate” è un’opera assai originale e direi preziosa, di cui non voglio dire altro per lasciarne scorrere alcuni brani particolarmente significativi.Pier Paolo Pasolini

Il libro contiene racconti, come quello di Fabio Muccin intitolato “Rose e Primule” e dedicato a Susanna Colussi, dove l’autore sembra intuire una complicità inaccessibile benché di proporzioni cosmiche fra la madre di Pasolini e suo figlio: “…Ignoro chi sia stato a pungere l’altro, se io con le mie prontezze materne o tu con le tue urgenze di giovane intrepido, ma oggi che né io né tu possiamo essere difesi da queste mura che ho costruito con la speranza della tranquillità, non ci resta altro che fuggire in un altro giardino, in un’altra città, aggrappandoci disperatamente a un’altra vita e a un’altra esistenza. Oggi che non sappiamo più cosa siamo, oggi che gli altri ritengono di sapere cosa siamo, vengo a te per chiederti con ostinazione: stringi le mie mani ancora bagnate di questo sangue che ti appartiene e trascinami con te dove nessuno potrà ferirci nuovamente…”

Vi troviamo poi alcuni saggi, come “Il nuovo tipo antropologico e il suo modello sociale” di Federico Sollazzo, che si oppone fermamente all’immagine del “Pasolini nostalgico” da sempre contrabbandata da chi ha voluto sminuirlo: “…la critica di Pasolini alla modernità e la relativa fascinazione del passato in quanto tale, molto diversamente, è invece una critica di questa specifica modernità e una fascinazione per quel particolare passato. L’oggetto della critica non sono le categorie temporali, passato, presente, futuro, bensì gli specifici contenuti di tali dimensioni. Ciò significa che ciò che interessa Pasolini non è la temporalità in quanto tale -questo sì che farebbe di lui un conservatore, e finanche un reazionario, in caso di mitizzazione del passato, o un modernista o un futurista, in caso di apologizzazione del futuro- ma il contenuto dei tempi. Se, per ipotesi, il contenuto fosse invertito, egli avrebbe criticato il passato e amato il futuro, ma questo non avrebbe fatto di lui un futurista o un modernista perché, appunto, il suo ragionamento non verte sulle categorie temporali ma sui loro contenuti. Pasolini è senza dubbio nostalgico, ma la sua non è una nostalgia di un “temps perdu”, ma la nostalgia di un “homme perdu”…”

Numerosi anche gli articoli, come “Le ceneri di Pasolini con quelle di Gramsci” di Carlo Antonio Borghi (“…Il suo corpo morto è stato servito in tavola dai poteri occulti e dagli chef di Stato. Corpo fotografato come corpo, oltreché come poeta e cineasta. Corpo a disposizione di chiunque voglia inzuppare il proprio biscottino di saggista e di opinionista non complottista… Morì ammazzato solo Lui, nella notte del giorno consacrato ai defunti. Solo Lui ma fu una strage…”) oppure “Il primo Pasolini: la linea melica degli Anni Quaranta e Cinquanta” di Michele Miano, che si conclude così: “…In un mondo attuale sempre più “internettizzato” e con un linguaggio sempre più omologato e banale, ecco che la figura e l’esperienza umana e letteraria di un personaggio come Pasolini può contribuire non poco a farci comprendere in quale abisso sta sprofondando la nostra civiltà”.

In “Pier Paolo Pasolini, il poeta civile delle borgate” compaiono anche numerose poesie dedicate a Pasolini, che immagino a lui sarebbero piaciute perché spesso contengono i bagliori della sua stessa sensibilità (“Mi accompagna la notte/nei vicoli vuoti di periferia/ed è un andare ardente/di silenzi/come le tue barbare verità/strette in un vivere troppo umano./Le parole escono sfrontate/dietro ombre abbandonate/agli sfoghi del tempo./Non è che buio/quello che resta/come un vento che scotta/e spaventa…” di Michela Zanarella) oppure rigirano il coltello nella piaga purulenta della sua assenza (“Nella tomba non c’eri/Ti ho trovato nelle poesie/nel rifiuto della mediocrità/nella risposta che hai dato/al selvaggio dolore di essere uomini…” di Luciana Raggi).

Potrei continuare a fare molti altri esempi, ma questo articolo rischierebbe di non finire mai e di vanificare tante delle scoperte che “Pier Paolo Pasolini, il poeta civile delle borgate” riserva al lettore.

Preferisco concludere riportando per intero la poesia “Ragazzi di vita” di Silvio Parrello, che personalmente considero la sola, unica, incorruttibile memoria storica di Pier Paolo Pasolini:
Andavamo giù ai piloni
noi ragazzi di vita
con Pier Paolo Pasolini
a farci la nuotata.
Passando dai grottoni
la ferrovia la scarpata
attraverso i capannoni
e gli orti di insalata.
Oggi lì, viale Marconi
quel tempo coltivata
nella riva tra i barconi
passavamo la giornata.
Parlando di milioni
di una vita fortunata
con le toppe ai pantaloni
nel pane la frittata.
Un modo di illusioni
di gente emarginata
poveri accattoni
in quell’Italia disastrata.
DI lutti e distruzioni
per la guerra sopportata
con le prime costruzioni
che poi l’hanno trasformata.

* David Grieco è autore del libro e del film intitolati “La Macchinazione”

Pier Paolo Pasolini, il poeta civile delle borgate, a cura di Michela Zanarella e Lorenzo Spurio, Poetikanten Edizioni, 

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