Alcuni aspetti della vita e della storia di Giuseppe Garibaldi sono ancora avvolti dal mistero, ma l`aspetto che di recente è tornato con maggiore frequenza all`attenzione è legato alle ultime volontà di Garibaldi, alle varie disposizioni testamentarie, alcune in parte inedite, e a quanto avvenne subito dopo la morte del generale. Incertezze e divergenze sulle motivazioni politiche e religiose che furono all’origine di quei fatti, sui condizionamenti psicologici e sentimentali che vi interferirono, hanno contribuito ad alimentare le zone d`ombra che Ugo Carcassi e Leandro Mais in un libro appena pubblicato cercano di diradare.

 

Giuseppe Garibaldi: la salma imbalsamata o bruciata?, frutto di un lavoro di ricerca di alcuni anni, affronta l’argomento con un’analisi prettamente scientifica che non lascia spazi a voci e suggestioni. L’eccezionale disponibilità, oggi, del verbale olografo di Enrico Albanese, il chirurgo a cui Garibaldi aveva già affidato la cura della ferita di Aspromonte, e che descrive fin nei minimi dettagli i procedimenti per la conservazione della salma del Nizzardo, offre la prova che il corpo del generale venne “conservato” in attesa dell’arrivo delle autorità governative per decidere come organizzare i suoi funerali, avvenuti ben sei giorni dopo la morte, l`8 del caldissimo giugno 1882. Dopo il formale riconoscimento, la salma venne solennemente inumata nella tomba di Caprera, ma dalle mutevoli disposizioni testamentarie del Generale, emerge invece il chiaro il desiderio di voler essere cremato, o meglio “bruciato”, e che le sue ceneri venissero deposte a Caprera. Le contraddittorietà nascono proprio in seguito alle indicazioni di volta in volta fornite da Garibaldi nei confronti del sito del rogo, rogo che non ci fu, e che hanno reso estremamente difficile e intrigante la sua individuazione.

 

Il giallo nasce dalle stesse disposizioni di Garibaldi. Nelle ultime volontà redatte il 17 settembre del 1881, il generale scrisse: «Avendo, per testamento, determinato la cremazione del mio cadavere, incarico mia moglie dell’eseguimento di tale volontà – con legna di Caprera – e pria di dare avviso a chicchessia della notizia della mia morte. Ove morisse essa prima di essa, io farò lo stesso per essa. Verrà costruita una piccola urna di granito, che racchiuderà le ceneri di lei e le mie. L’urna sarà collocata sul muro dietro il sarcofago delle nostre bambine e sotto l’acacia che lo domina». Quella di essere bruciato su una pira, come un antico eroe greco, era un’idea cara a Garibaldi. Se ne trova una traccia anche nella lettera che scrisse il 16 settembre 1877 a Franz Muller, “cavaliere del regno di Prussia”, grande massone e fornitore di armi per il regno di Sardegna e per la spedizione dei Mille. Al suo «Grandma (Grande maestro ndr) massone» l’eroe dei due mondi chiese di «occuparsi della cremazione del cadavere». Garibaldi indicò anche il luogo preciso della pira e i tipi di legno da adoperare: «Il ginepro resinoso, il lentischio profumato, il mirto sacro, qualche corbezzolo e rami di pino». Dispose poi che sulla catasta venisse posto un foglio di lamiera e, su questo, un lettuccio sul quale doveva essere composta la sua salma con indosso la cara camicia rossa. Le ricostruzioni di Ugo Carcassi, internista e reumatologo, docente universitario a Siena, Cagliari e Roma, vengono portate avanti in collaborazione con il pittore e disegnatore Leandro Mais, meticoloso collezionista di documenti sull’epopea dei Mille.

Il 2 giugno 1907, a venticinque anni dalla morte e nel centenario della nascita dell’eroe dei due mondi, nel corso delle celebrazioni svoltesi a Caprera, Sebastiano Satta, notabile nuorese lesse una poesia scritta dallo stesso Garibaldi: «A Caprera, a Caprera./ Se morrò lontano portatemi a Caprera/ e vestitemi di rosso/ e sul rogo alto/fatto d’acacie che ardono come l’ulivo/, là non cremato, ma bruciato il mio corpo/ con la faccia rivolta al sole,/al soffio aperto dei cieli./ Come Pompeo». Un’altra prova del desiderio di Garibaldi di non finire in una tomba. Eppure quel 1907 può essere molto importante per decifrare il giallo della salma.

È Anita Garibaldi – nipote diretta di Ricciotti Garibaldi, figlio dell’eroe, anche lui combattente – a ricordare un particolare che potrebbe essere importante. Fu in quell`occasione che il sepolcro di Caprera fu aperto. Glielo avrebbe raccontato il padre Ezio. E la salma imbalsamata di Garibaldi era lì.  «Mio padre – dice Anita – diceva che il corpo era in ottime condizioni e che solo un braccio era danneggiato». I resti del simbolo epico del Risorgimento italiano, del generale idealista e anticlericale, ambasciatore di pace e di libertà, uomo capace di infiammare gli spiriti con i suoi discorsi, deputato del Regno e perfino Gran maestro nella fratellanza del Grande architetto dell’universo, sarebbero quindi conservate nel grosso sepolcro. Ma è effettivamente così?

Un secondo enigma è stato lanciato di recente dalla bisnipote del generale. Nel corso di un incontro nella sede dell`Enciclopedia Treccani a Roma, Anita Garibaldi ha raccontato una storia singolare: «Ho ottenuto da Sandro Bondi l’autorizzazione a riesumare la salma del mio bisnonno. E dopo quasi 130 anni pensiamo che meriti un restauro. Ma non se n’è fatto niente». Cosa è accaduto? «Mi è arrivata una telefonata: “Se lei insiste nella riesumazione, le accadrà qualcosa di molto brutto”». Una minaccia. «Sì, da parte di un potere forte». Ma per quale motivo? «Il sospetto è che la salma sia stata trafugata da tempo. Scoprire la beffa significherebbe mettere in ginocchio l’economia costruita intorno a quella tomba, peraltro un orribile granito che mio bisnonno non avrebbe mai voluto sulla testa. Ma i potenti dell’epoca, per finalità politiche, preferirono metterlo dentro una tomba, anziché bruciarne il corpo come lui desiderava». Chi allora ne avrebbe trafugato la salma? «Qualcuno che gli voleva bene. E lo accontentò, liberandolo dalla prigione di granito». Nella grande famiglia dei Garibaldi, Anita assicura di avere dalla sua 34 discendenti, firmatari della richiesta di riesumazione. «Ora non mi rimane che mobilitare un soccorso internazionale. Chi ha ancora paura di mio nonno Garibaldi? Mi piacerebbe saperlo».

 

 

Giuseppe Garibaldi: la salma imbalsamata o bruciata?
di Ugo Carcassi e Leandro Mais
editore: Carlo Delfino
pagine: 184 con illustrazioni
prezzo: € 25,00

 

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