“Bisogna avere occhi dietro la nuca”, amava ripetere con quel sorriso sornione che gli illuminava il volto. Per Eduardo Galeano era un modo per non fermarsi dinanzi a un’unica realtà e cercare sempre di raccogliere più tasselli prima di comporre un poliedrico mosaico che avesse radici profonde e, al tempo stesso, la leggerezza del vento che può spaziare oltre l’orizzonte.

Era un uomo di frontiera, Galeano, scrittore e fine intellettuale, espressione di quell’America Latina che non è nata con la colonizzazione, ma secoli prima. Una scrittura semplice, piana, ma mai facile quella di Galeano capace di fondere fatti a riflessioni e ad elementi poetici. Nel 1973, in seguito al colpo di stato militare che in Uruguay portò al potere il dittatore Juan María Bordaberry, Galeano viene imprigionato e successivamente espulso dal Paese. Si rifugia in Argentina dove fonda la rivista culturale Crisis, ma l’avvento della dittatura di Jorge Rafael Videla lo costringe all’esilio in Spagna, dove è rimasto fino al ritorno in patria nel 1985. Il 1973 sarà un anno terribile per l’America Latina che vede cadere anche il Cile di Salvador Allende nelle mani del generale Augusto Pinochet e finire in quella rete di regimi sostenuti dagli Usa di cui fanno parte anche il Brasile, il Paraguay e la Bolivia. Impegnato nella difesa dei diritti umani, Galeano si è affermato internazionalmente con Le vene aperte dell’America Latina (1971), documentata analisi delle conseguenze politiche e sociali dell’imperialismo economico, e la Memoria del fuoco del 1986, una trilogia che attraversa cinquecento anni di storia e si conclude con il Secolo del vento (il Novecento), da cui ha tratto l’omonimo film il cineasta argentino Fernando Birri, suo estimatore ed amico fraterno. Prima di diventare scrittore, Galeano aveva fatto mille lavori, tra i quali l’operaio, il meccanico, il pittore e il vignettista. La testa di un maialino con un piccolo fiore era la sua firma.firma edo
Le vene aperte dell’America latina, pubblicato quando Galeano aveva 31 anni, a suo dire, fu un parziale errore. “Doveva essere un’opera di economia politica, solo che non avevo la formazione necessaria”, raccontò lo scrittore. “Non mi pento di averlo scritto, però è una tappa che, secondo me, è superata”. Nel 2009, durante il Summit delle Americhe, il presidente venezuelano Hugo Chavez regalò una copia del libro al presidente statunitense Barack Obama e, in un solo giorno, il libro salì dalla posizione 60.280 dei titoli più venduti da Amazon alla decima. Galeano, intervistato su questo episodio, disse che “Chavez lo ha dato a Obama con la migliore intenzione del mondo, però ha regalato a Obama un libro in una lingua che questi non conosce. È stato un gesto generoso, ma un po’ crudele”.
È stato un assiduo collaboratore del Manifesto, il grande scrittore uruguaiano morto a 74 anni a Montevideo.

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