Per il secondo anno consecutivo tornano al Maxxi le “Lectio magistralis di fotografia”, un’occasione per incontrare i grandi protagonisti della fotografia che, in dialogo con personalità del mondo del giornalismo, della critica e della comunicazione, raccontano la propria esperienza artistica.
Martedì 31 marzo Ferdinando Scianna è intervenuto sul Mestiere di fotografo, ripercorrendo le tappe fondamentali della sua carriera insieme a Denis Curti direttore del mensile Il Fotografo, direttore artistico della Casa dei Tre Oci di Venezia e del Festival di Fotografia di Capri.

La fotografia non fotografa concetti ma cose, dice con passione Ferdinando Scianna. E l’incontro con Sciascia lo influenza a tal punto da essere retroattivo. Scianna non è mai stato certo di cosa avrebbe fatto, ma ciò che distingue chi ha avuto l’occasione di dipanare un grande destino e chi no è essere riusciti a giocare con le visioni. Il rapporto con la fede, o con il senso pagano che la fede ‘detiene’ in Sicilia, è tutto politico, continua vorticoso il fotografo. Uguale a quello che la clientela ha con l’onorevole di turno, un legame di intercessione. 
Non ama gli appellativi eccellenti Scianna. Un fotografo, il coglitore (in quanto ritrattista dei morti),  secondo il padre era uno che “Ammazza i vivi e resuscita i morti”.
La luce non è solo un dato geografico atmosferico ma soprattutto un elemento linguistico. Così, il sole siciliano non è soltanto luce, ma come disse Gesualdo Bufalino, anche lutto. “Il sole mi interessa perché fa ombra”, continua Scianna. E la sua Sicilia in bianco e nero è piena di ombre, proprio in quanto bagnata di “super lux”. Una fotografia non è mai bella, semmai buona. Allievo di Cesare Brandi, il post idealismo finisce per riguardarlo da vicino.
La fotografia è sguardo, dunque, messa in parentesi del dato che concerne quella specifica immagine. L’uomo aveva bisogno della fotografia e l’ha inventata, cita Savinio Scianna.
Ci serve una cultura che ci permetta di scambiare delle opinioni e formulare un criterio di giudizio e non si limiti a un “mi piace” o “non mi piace”. Insomma, la differenza fra lo stile e lo stilismo, lì sta il quid; la luce delle stelle morte di Barthes.
Tutti cercano lo stile, la riconoscibilità. Epperò,  la fotografia non è pittura. Lo stile si nutre di idee mentre lo stilismo di trovate, diceva Sciascia. Sicché il ritratto non è un sistema, continua il fotografo, nella misura in cui tutti gli uomini sono diversi. Diventa icona un’immagine che rimanda a un’altra immagine, altrimenti non risulterebbe comprensibile. Un messaggio complesso non si presta a una “digestione” di massa. Le icone non le vedi, le riconosci… Così le invenzioni più straordinarie attribuibili alla fotografia sono l’album di famiglia e il casellario giudiziario. Maniere per fermare il flusso del tempo e stabilire le caratteristiche dell’identità. Tanto che per un agente di polizia siamo noi a dovere somigliare all’immagine nel documento non il contrario. Quindi non ha importanza il mezzo ma il fine. L’immagine è sufficiente.

LECTIO MAGISTRALIS DI FOTOGRAFIA è promosso da AFIP – Associazione Fotografi Italiani Professionisti e CNA Professioni, in collaborazione con la Triennale di Milano

PROSSIMI INCONTRI
martedì 14 aprile | Guido Harari
martedì 21 aprile | Letizia Battaglia
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