Nel 360 d.C. fu proclamato imperatore Flavio Claudio Giuliano, figlio di Giulio Costanzo, fratellastro di Costantino il Grande. Il nuovo monarca trovò la corte di Costantinopoli popolata di corrotti e parassiti, che facevano mercato di uffici oltraggiando la giustizia. Se ne liberò senza alcun riguardo riducendo il fasto e la spesa pubblica.

Ammiano Marcellino narra che l’imperatore avendo fatto chiamare un barbiere e vedendolo apparire agghindato esclamò. “Avevo ordinato che si chiamasse un barbiere , non un senatore”. Giuliano ridusse a millesettecento i diecimila ufficiali del fisco, tagliò a fondo gli alti stipendi dei burocrati realizzando un cauto programma di sgravi fiscali e un decentramento amministrativo; garantì il buon funzionamento dell’amministrazione statale e dell’ordinamento giudiziario. In campo monetario adeguò il rapporto oro-argento e favorì una certa ripresa dell’ economia privata.

Con questo orientamento liberale ispirato da concezioni elleniche e neoplatoniche in meno di tre anni risanò il bilancio pubblico, ma la morte prematura lo colse a soli 32 anni interrompendosi così il processo di riforma avviato. La sua vita fu disprezzata dai detrattori che ingiustamente lo chiamarono con disprezzo l’Apostata nonostante la sua mitezza d’animo verso i cristiani. Dopo la sua morte l’impero in pochi lustri si disgregò non a causa delle invasioni barbariche, ma per il venir meno della buona amministrazione.
Ogni riferimento al presente è puramente casuale.

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