La Corte d’Appello de L’Aquila, con la sentenza n. 62 depositata in data 20 febbraio 2013, è nuovamente intervenuta sul tema del collegamento economico-funzionale tra imprese gestite da società del medesimo gruppo, ulteriormente chiarendo come il medesimo non sia, di per sé solo, sufficiente a determinare l’estensione degli obblighi inerenti ad un rapporto di lavoro subordinato, formalmente intercorso alle dipendenze di una sola azienda, a meno che non concorrano una serie di elementi che consentano di ravvisare – anche all’eventuale fine della valutazione di sussistenza del requisito numerico per l’applicabilità della cd. tutela reale – la sussistenza di un unico centro di imputazione del rapporto di lavoro.

A tale riguardo, si ripercorre il consolidato orientamento di legittimità del Supremo Collegio, che ha ritenuto integrata la suestesa fattispecie in ogni ipotesi in cui vi sia una simulazione o una preordinazione in frode alla legge del frazionamento di un’unica attività fra i vari soggetti del collegamento economico – funzionale e ciò venga accertato in modo adeguato, verificando la ricorrenza di rigorosi requisiti, quali: a) l’unicità della struttura organizzativa e produttiva; b) l’integrazione fra le attività esercitate dalle varie imprese del gruppo e il correlativo interesse comune; c) il coordinamento tecnico e amministrativo – finanziario, tale da individuare un unico soggetto direttivo che faccia confluire le diverse attività delle singole imprese verso uno scopo comune; d) l’utilizzazione contemporanea della prestazione lavorativa da parte delle varie Società titolari delle distinte imprese, nel senso che la stessa sia svolta in modo indifferenziato e contemporaneamente in favore dei vari imprenditori[1].

In altri termini, il collegamento economico e funzionale tra imprese gestite da società appartenenti ad un medesimo gruppo non implica il venir meno dell’autonomia delle singole società – alle quali continuano a far capo i rapporti di lavoro del personale da ciascuna di esse dipendente –, salvo che sia avvenuto in frode alla legge, attraverso il frazionamento fraudolento o simulato tra vari soggetti giuridici di un’attività unitaria e di plurime prestazioni di lavoro, facenti capo, in realtà, ad un unico centro di imputazione.

In una fattispecie analoga, la Corte d’Appello di Roma, sezione lavoro, con sentenza del 4 maggio 2011, non aveva ritenuto provata la sussistenza di un unico centro di imputazione del rapporto di lavoro del ricorrente, in quanto l’accertamento aveva avuto unicamente ad oggetto, oltre al collegamento tra imprese, l’utilizzazione promiscua del personale, l’identità di sede sociale e degli strumenti di lavoro ivi disponibili, mentre nulla era emerso circa l’esistenza di un unico centro decisionale ed operativo, nonché in ordine all’unicità del coordinamento tecnico, amministrativo e finanziario.
Peraltro, la Corte romana, nel rigettare l’appello del ricorrente, ha avuto occasione di precisare come occorra una prova rigorosa della frode alla legge e/o della simulazione, anche alla luce del disposto ex art. 2602 c.c., che consente il coordinamento e la gestione unitaria dell’attività delle imprese che concludono un contratto di consorzio, senza che, per tale ragione, perdano la loro autonomia e individualità.
Il recente intervento, sul punto, della Corte d’Appello de L’Aquila si è posto in totale riforma della pronuncia del Tribunale di primo grado, secondo il quale i pur non trascurabili profili di collegamento (organico, finanziario, economico e funzionale) tra le varie imprese non potevano però, assumere un “significato così unificante” da far ritenere del tutto fittizia l’imputazione dei corrispondenti rapporti di lavoro.
La Corte territoriale, in accoglimento delle tesi di parte appellante, ha ritenuto pienamente integrati i quattro requisiti fondamentali sopraelencati, ravvisando la sussistenza di un unico centro di imputazione del rapporto di lavoro oggetto di contesa, comprovato dall’interscambiabilità del personale, dalla complementarietà delle prestazioni rese dalle singole società nonché dalla sussistenza di “interconnessioni” sotto il profilo organizzativo e gestionale, con conseguente declaratoria di illegittimità del licenziamento intimato per asserita cessazione di attività aziendale, non risultando siffatto giustificato motivo oggettivo sussistente per la Società palesatasi quale unico effettivo centro di imputazione dei rapporti di lavoro e delle attività di impresa.


[1] Cass. Civ. sez. lav., 9 dicembre 2009, n. 25763; Cass. Civ., sez. lav., 10 aprile 2009, n. 8809; Cass. Civ., sez. lav., 7 settembre 2007, n. 18843.

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