Le cause di forza maggiore non esonerano le società per il trasporto ferroviario dall’indennizzo per non aver rispettato il contratto di viaggio sottoscritto con l’acquisto del biglietto.

«È importante tutelare i diritti dei passeggeri». Lo si legge nel considerando (1) del regolamento n. 1371/2007 al centro di una sentenza destinata a incidere profondamente sui contratti di viaggio in ambito ferroviario. La Corte di giustizia dell’Unione europea è stata infatti chiamata dall’Austria a interpretare gli articoli 17 e 30 del Regolamento (CE) e, dall’analisi del sistema di normative in essere, i giudici di Lussemburgo hanno statuito che «un’impresa ferroviaria non è legittimata a inserire nelle sue condizioni generali di trasporto una clausola in forza della quale essa è esonerata dall’obbligo di indennizzo per il prezzo del biglietto in caso di ritardo, qualora il ritardo sia imputabile a un caso di forza maggiore o a una delle cause elencate all’articolo 32, paragrafo 2 delle regole uniformi concernenti il contratto di trasporto internazionale per ferrovia dei viaggiatori e dei bagagli della convenzione relativa ai trasporti internazionali per ferrovia del 9 maggio 1980, come modificata dal Protocollo di Vilnius del 3 giugno 1999».

Il coltello dalla parte della lama – La tutela dei diritti del passeggero  si fonda sull’assunto che, tra le parti, egli è il soggetto più debole. Avete presente quegli odiosissimi annunci con voce registrata che passano dagli altoparlanti proprio quando si è ancora ansimanti per la corsa scomposta sperando di non perdere il treno (teoricamente) in arrivo? «A causa degli eventi atmosferici avversi, il treno Abc quest’oggi è stato soppresso. Ci scusiamo per il disagio».
A parte il travaso di bile e il ripasso del catalogo completo delle imprecazioni, l’aspirante passeggero non poteva far altro che informarsi sulle corse successive, far scorrere rapidamente lo sguardo in ricerca di un qualsivoglia posto a sedere e inventarsi un modo, uno qualunque, per impiegare il tempo. Sperando che  il treno successivo riuscisse a sfidare la forza dell’“evento atmosferico avverso”. In casi come questi non era previsto un rimborso del biglietto perché il gestore non ha responsabilità dirette sull’evento.

Il ruolo dell’indennizzo – Qualcosa però si sta modificando. Sarà per la maggior necessità di spostamento dei cosiddetti tempi moderni, sarà per la pressione delle associazioni dei consumatori, sarà per il naturale allineamento tra vita reale e normativa, nel corso dell’ultimo anno sono state molteplici le pronunce volte a tutelare i viaggiatori dagli accidenti “imprevedibili”. A dire il vero la Corte si è pronunciata più volte su questioni inerenti il traffico aereo, caso diverso da quello in esame. Però evidentemente c’è un’attenzione differente.
Ecco allora che i giudici della Corte europea, analizzando il disposto dell’articolo 30 del Regolamento n. 1371/2007, non rintracciano in alcun punto la previsione per cui le imprese ferroviarie sono esonerate dall’obbligo di cui all’articolo 17 dello stesso Regolamento, qualora il ritardo sia imputabile a un caso di forza maggiore. In altre parole, l’indennizzo da prevedere va a compensare il prezzo pagato dal passeggero come corrispettivo per un servizio che, «in definitiva, non è stato eseguito conformemente al contratto di trasporto». Il Legislatore europeo si è apertamente schierato su questa linea sin dai lavori preparatori del Regolamento affinché il rafforzamento dei diritti di indennizzo e assistenza in caso di ritardo si traducessero in uno stimolo più forte per il mercato del trasporto ferroviario passeggeri a tutto vantaggio dei viaggiatori.

La trasposizione nelle normative nazionali – Poiché si tratta di un Regolamento, le disposizioni producono in genere effetti immediati negli ordinamenti giuridici nazionali, senza che vi sia l’obbligo per le autorità nazionali di recepire quanto disposto. In alcuni casi specifici, come questo, l’articolo 30 del Regolamento «prevede che l’organismo nazionale responsabile dell’applicazione debba adottare le misure necessarie per garantire il rispetto dei diritti dei passeggeri», senza che però ci si sia spinti oltre nella definizione di quali misure concrete andassero adottate.  Quindi, pur in presenza di un quadro normativo molto chiaro – e chiarificato dalla Corte di giustizia – l’organismo nazionale responsabile dell’applicazione di questo Regolamento non può imporre a un’impresa ferroviaria di cambiare le clausole contrattuali in materia di indennizzo.

Tempismo perfetto – Peccato che la stessa Corte Ue, nella sentenza 3 ottobre 2013 sulla causa C. 359/11 abbia giusto giusto avuto il compito di pronunciarsi sulla denuncia della Commissione europea in merito alla mancata indipendenza della rete ferroviaria italiana dagli organismi statali. L’Ufficio per la regolazione dei servizi ferroviari (Ursf) è l’organismo di regolamentazione per l’Italia, dotato di autonomia organizzativa e contabile nei limiti delle risorse economico-finanziarie assegnategli, ma nei fatti lascia al ministero dei Trasporti il compito di agire su Rfi, gestore della rete….
A onor di cronaca, le Ferrovie dello Stato hanno immediatamente diramato una nota dopo la sentenza: «La Corte di Giustizia UE – si legge – ha stabilito con sentenza odierna che il Gestore dell’infrastruttura RFI non è oggi sufficientemente autonomo dal Ministero dei Trasporti nella determinazione dei pedaggi, rispetto a quanto previsto dalle Direttive comunitarie. Viceversa, l’indipendenza del Gestore dell’infrastruttura RFI all’interno della holding Ferrovie dello Stato Italiane è già stata riconosciuta come conforme alle Direttive comunitarie, tanto che la Commissione UE aveva ritirato nell’udienza dello scorso 11 aprile, presso la Corte, la sua censura nei confronti dell’Italia».
Ci sarà spazio per applicare l’interpretazione della Corte ed evitare di restare sulla banchina, biglietto in mano, in attesa passi la prossima perturbazione imprevedibile? E che dire dei pendolari d’Italia per cui gli eventi imprevedibili (ghiaccio, neve, furti di rame…) fanno parte della quotidianità?
Corte di Giustizia, sezione prima, causa C 369 – 11, sentenza del 3 ottobre 2013
Corte di Giustizia, sezione prima, causa C 509 – 11, sentenza del 26 settembre 2013

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