Come fare per inviare una proposta editoriale a un editore?
E quando farlo?
Cominciamo dalla seconda domanda. Se l’editore non è uno che pubblica solo aps (autori a proprie spese), rubacchiando il prezioso acronimo al genio di Umberto Eco, ogni momento è… sbagliato! Nel senso che il piccolo editore – che costituisce il nerbo della categoria – è letteralmente tartassato, oltre che dalle tasse, dalle proposte editoriali e normalmente è in ritardo di almeno sei mesi nella lettura dei manoscritti. A voler essere ottimisti.
Pigrizia? Se considerate che un piccolo editore svolge da solo il lavoro di quattro o cinque addetti di una media o di una grande casa editrice, parlerei più propriamente di consunzione, esaurimento, disfacimento, logoramento, devastazione fisica: in poche parole, stress. Stress, soprattutto, determinato dal poco tempo a disposizione in una giornata. Se per il pubblico dipendente a volte 24 ore in un giorno sono troppe e può raccontare di assaporare, talvolta, il succo insipido dell’uggia, al piccolo editore non basterebbero 36 ore al giorno, otto giorni alla settimana (o alla ottimana…) considerando tra l’altro che lavora circa il 65 per cento del suo tempo e della sua vita solo per approvvigionare il sempre umano e disponibile fisco.
In ogni caso, meglio evitare i due mesi prima di Natale per inviare proposte editoriali, oltre che le settimane precedenti e successive alle grandi fiere del libro: lì il rischio di essere cestinati in automatico è grosso, direi immenso. Evitate inoltre di inviare manoscritti a ottobre insistendo per essere pubblicati per Natale, a meno che non vi riferiate alla santa epifania di quindici mesi dopo. Primo perché non è tecnicamente possibile (a meno che non abbiate già sfornato libri da un milione di copie a prima edizione: in tal caso, benvenuti!), secondo perché Natale per i piccoli editori è un massacro, terzo perché nella migliore delle ipotesi vi rideranno in faccia – non per scortesia, anche lì probabilmente per consunzione, esaurimento, disfacimento, logoramento, devastazione fisica: in poche parole, stress (vedi capoverso precedente…).
Passiamo allora alla prima domanda: come fare per inviare una proposta editoriale a un editore?
Ecco alcune regole elementari, che solitamente l’aspirante autore medio disattende sistematicamente:
1. studiare con un minimo d’attenzione il sito web della casa editrice – o il catalogo della stessa – depennando le aziende che, per quanto simpatiche, proprio non hanno nulla a che fare con il vostro scritto. Chiaro che chiunque vorrebbe pubblicare col suo editore preferito, ma se questo stampa e distribuisce solo libri sui bruchi campagnoli della Tessaglia – di cui voi, tra l’altro, siete grandi intenditori – e il vostro lavoro approfondisce la questione del dramma dei lama peruviani sui bordi delle strade andine (di cui, egualmente, siete i massimi esperti), quello non è certamente l’editore che fa per voi. Convincetevene: vi occorre un editore che pubblichi libri sulle strade o sulle Ande o sui lama (non tibetani);
2. una volta individuato il vostro editore, non inviategli il libro né stampato né in formato elettronico. Spedite una letterina via e-mail in cui non vi definite l’ultimo di una progenie di sommi vati, nella quale in poche parole spiegate la ragione del contatto e, inserendo in fondo tutti i modi in cui contattarvi, allegate sinossi di massimo una pagina e curriculum discorsivo. Se al secondo tentativo non vi risponde nessuno, lasciate perdere e passate oltre, tanto in Italia gli editori sono oltre 8.000 e presto o tardi troverete il vostro, anche se vi esprimete in caratteri cuneiformi e con concetti bidimensionali e in bianco e nero;
3. se l’editore vi risponde, inviategli quel che vi chiede senza stare troppo a contrattare sul fatto che preferireste “spedire il tomo in formato elettronico, perché la carta costa”. Ah, e costa solo a voi!? Secondo voi, a una casa editrice carta e toner delle stampanti le regalano? Gliele spedisce Equitalia per fare una carineria…?
4. non stressate troppo l’editore con telefonate una volta alla settimana per sapere a che punto è la lettura del vostro aspirante libro, perché essere messi in lettura non vuol dire necessariamente che un editor miope sta già coccolandosi il vostro libro sulla sedia a dondolo, in attesa che la mamma gli porti la cioccolata fumante. Quell’editor è senz’altro miope, ma il poveraccio avrà davanti a sé, sul tavolo di formica della cucina, tra l’altro traballante e sporco in un angolo del caffè decaffeinato versato dal vecchio nonno, decine e decine di tomi da leggere, schede di valutazione da compilare e un secondo e un terzo lavoro da portare avanti, perché non sempre nella vita – e per fortuna! – le mamme portano la cioccolata calda e, soprattutto, difficilmente di editoria si campa!

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