L’obbligo di sentire i figli minori da parte del magistrato era stato già introdotto nel 2006 con la Legge n. 54/06 che aveva sostituito, al precedente affido esclusivo, l’affidamento condiviso.
L’applicazione pratica della disciplina tuttavia aveva trovato scelte difformi  non solo tra Tribunale e Tribunale, ma anche tra giudici dello stesso Tribunale.
L’opportunità di trascinare il bambino avanti al magistrato è sempre stato un punto controverso sia in dottrina che in giurisprudenza.
Ora con il d.lgs. 154/13 la situazione cambia.

E’ singolare, che il soggetto più interessato e danneggiato dalla crisi del matrimonio o della convivenza, cioè il figlio, sia sempre stato estromesso dal giudizio, tanto più che la realtà portata all’attenzione del giudice è quella mostrata dagli avvocati e che non sempre corrisponde con la situazione reale e talvolta con l’interesse del minore.
La questione era già stata soppesata in ambito internazionale dalla Convenzione di New York del 20/11/1989 sui Diritti del fanciullo ratificata con la Legge n. 176 del 27/05/1991 ove all’art. 12 era stato riconosciuto il diritto del minore ad essere ascoltato, secondo le capacità di discernimento dello stesso.

L’INTERVENTO DELLA CONSULTA

La Corte Costituzionale aveva recepito tale normativa con la sentenza n. 1 del 2002 statuendo che si trattava di una norma precettiva, immediatamente applicabile nei processi in corso.
E d’altra parte sembrerebbe ovvio e giusto che il minore, il quale appunto è il soggetto più leso dal fallimento del rapporto tra i genitori, abbia il diritto almeno di ottenere le informazioni su ciò che sta accadendo e certamente il diritto a poter esprimere il proprio parere e la propria opinione su ciò che attuerà il Tribunale e sulle conseguenze dei provvedimenti anche per ciò che riguarda la sua persona.
Dopo la promulgazione della Legge 54/06 emanata proprio sulla spinta delle associazioni dei padri che lamentavano la monopolizzazione da parte della donna di tutti i ruoli sul minore, e dopo quindi l’introduzione dell’affidamento condiviso (che però ha un contenuto più che altro etico in quanto ciò che conta anche attualmente è il collocamento, sempre riservato alla madre) veniva inserito l’obbligo di sentire il minore ultradodicenne.
Rimaneva però  il problema dell’interpretazione e dell’applicazione pratica della norma, ma soprattutto dell’opportunità di sentire obbligatoriamente o meno il minore nel processo di separazione dei coniugi o di divorzio.
Se si pensa che attualmente un matrimonio su due fallisce ed altrettanto avviene per ciò che riguarda le convivenze, la questione non appariva certamente di poco conto.

IL DIRITTO DEL MINORE AD ESSERE ASCOLTATO: UN TRAUMA SPESSO IRREVERSIBILE

La questione aveva dato luogo a soluzioni  contrastanti.
Ciò in quanto, come detto in altre occasioni, il minore che sa di essere l’ago della bilancia delle decisioni del giudice, vive l’attesa del suo “interrogatorio” in una situazione di grave malessere psichico.
Egli subisce le pressioni del padre e della madre, ciascuno dei quali lo spinge a dichiarare al giudice la volontà di rimanere con l’uno e con l’altro, ben sapendo che l’attribuzione del “collocamento” comporterà per il beneficiario l’assegnazione della casa coniugale
con l’estromissione dell’altro ed un adeguato contributo economico.
Nella prima applicazione della legge, emersero situazioni di gravi stress in danno dei minori, i quali non volendo danneggiare né l’uno né l’altro genitore, si ritrovavano seduti di fronte al magistrato (tra l’altro non erano neanche chiarite le modalità processuali dell’ascolto) consci della grave responsabilità di quanto stavano dichiarando, e combattuti tra la volontà di non nuocere né all’uno né all’altro e la paura delle punizioni che sarebbero pervenute in seguito o peggio della perdita dell’affetto del genitore estromesso dall’alloggio.
Ciò ha fatto sì che i magistrati divenissero estremamente cauti e restii nell’ascoltare il minore e l’interpretazione di molti fu che l’ascolto poteva essere disposto solo in presenza di fattispecie particolari, ma non doveva costituire la norma.

LA GIURISPRUDENZA E LE SEZIONI UNITE

La questione finiva ovviamente avanti vari giudici di merito ed anche avanti la Cassazione.
Quest’ultima rimetteva la questione addirittura alle sezioni unite e con sentenza n. 22238/09 la Suprema Corte  dichiarava sostanzialmente ineludibile il diritto di essere sentito per il minore ed il corrispondente dovere del giudice di provvedere in tal senso, a meno che il giudice non ritenesse di non procedere.
In tal caso tuttavia il magistrato avrebbe dovuto motivare tale rifiuto, sulla base di presunti danni al minore o di contrarietà ai suoi interessi fondamentali.
Anche in seguito la Suprema Corte con sentenza n. 13241/11  ulteriormente precisava che, nel rifiutare l’ascolto del minore, il giudice avrebbe dovuto valutare se vi fosse un interesse superiore del figlio a non essere esposto al danno derivante dal coinvolgimento emotivo della controversia tra i genitori, (situazione che tuttavia sussiste sempre).
Altri giudici di merito si sono occupati della questione con varie decisioni (ex multis Trib. Varese 24/01/2013) precisando che l’ascolto del minore non è soltanto un dovere del giudice ma un vero e proprio diritto soggettivo del figlio  in quanto i provvedimenti riguardano in primis proprio lui.
Ciò ferma restando la possibilità di procedere al cosiddetto “ascolto indiretto”, e cioè, così come avviene spesso nelle aule dei Tribunali, incaricando un neuropsichiatra infantile o uno psicologo o figure equiparate, di valutare preventivamente la capacità di discernere del minore e l’assenza di pregiudizio nella richiesta di un’opinione circa il suo affidamento e solo dopo sentire lo stesso per ciò che riguarda le modalità di collocamento ed il diritto di visita.

LA REVISIONE DI TUTTA LA MATERIA CON IL DECRETO LEGISLATIVO DEL 28/12/2013 N. 154

La questione è stata riesaminata totalmente riprendendo le novità in tema di filiazione introdotte dalla legge del 10/12/2012 n. 219 e completate quindi con il D.Lgs. n. 154 del Dicembre 2013.
Secondo tale indirizzo normativo, l’ascolto del minore costituisce la condicio sine qua non della stessa validità del procedimento.
Dunque non si tratterebbe più di una facoltà, bensì di un dovere.
I Tribunali, attualmente, solo su richiesta dei legali procedono direttamente all’ascolto, ma con determinate cautele, quali l’assenza dei genitori, al più la presenza degli avvocati che non possono interloquire in alcun modo o tramite l’assistenza di uno psicologo in aula.
D’altra parte se si esamina la nuova normativa che ha modificato peraltro sostanzialmente tutta la disciplina anche in tema di separazione e divorzio, si nota che l’ascolto del minore è considerato un obbligo in numerose fattispecie.

LA RESPONSABILITA’ GENITORIALE

Tramutata la precedente “potestà dei genitori” con l’attuale “responsabilità genitoriale” si  è stabilito infatti, (art. 316 c.c. nel testo riformato), che entrambi i genitori devono tenere conto “…Delle capacità, inclinazioni naturali ed aspirazioni del figlio….In caso di contrasto su questioni di particolare importanza, ciascun genitore può ricorrere senza formalità al Giudice, indicando i provvedimenti che ritiene più idonei. Il Giudice sentiti i genitori e disposto l’ascolto del figlio minore che abbia compiuti anni 12 o anche di età inferiore ove capace di discernere, suggerisce le determinazioni che ritiene più utili”.
Lo stesso identico principio per ciò che riguarda i procedimenti avanti al Tribunale dei Minorenni relativamente alla richiesta di revoca della responsabilità genitoriale, art.li 330 e 333 c.c. (decadenza della responsabilità e condotta del genitore pregiudizievole ai figli), laddove si prevede espressamente che il Tribunale provvedendo in Camera di Consiglio, dispone l’ascolto del figlio minore che abbia compiuto anni 12 o anche di età inferiore ove capace di discernimento.
Identico principio è previsto in tutti i processi nei quali debbano essere assunti i provvedimenti che riguardano i figli.

SEPARAZIONE E DIVORZIO

Con il nuovo D.Lgs. n. 154/13 tra l’altro sono stati riuniti in un unico ambito di applicazione (art. 237 bis) i procedimenti in tema di separazione, scioglimento, cessazione degli effetti civili, annullamento, nullità del matrimonio, e nei procedimenti relativi ai figli nati al di fuori del matrimonio.
Nell’art. 237 opties, ora si prevede che il magistrato prima dell’emanazione, anche solo in via provvisoria, dei provvedimenti relativamente ai figli, può assumere ad istanza di parte, ma anche di ufficio, mezzi di prova e soprattutto dispone l’ascolto del figlio dodicenne o anche di età inferiore se capace di discernimento.
Soltanto nel caso in cui la separazione è consensuale o si prende atto di un accordo dei genitori in tema di affidamento dei figli, il giudice non procede all’ascolto se questo appare in contrasto con l’interesse del minore o è manifestamente superfluo.

LE MODALITA’ DI ASCOLTO DEL MINORE

Se dunque l’ottica della normativa è quella di imporre al giudice in assenza di accordo tra i coniugi, l’ascolto del minore, resta ovviamente la questione di determinare le modalità di audizione, anche perché non infrequentemente (a noi capita spesso) il minore è facilmente influenzabile dall’uno o dall’altro genitore, riferendo in Tribunale circostanze o situazioni o ancora valutazioni, del tutto difformi dalla realtà.
Si tratta spesso di ragazzi che hanno delle problematiche derivanti dal trauma di aver dovuto assistere alle liti dei genitori e che si lasciano facilmente influenzare in un senso o nell’altro, essendo l’unico scopo dei contendenti  interessati quello di gettare più fango e discredito possibile sull’altro genitore, al fine di potersi garantire l’utilizzo della casa coniugale o un adeguato assegno di mantenimento.
Attualmente sono stati previsti nell’ambito dei Tribunali dei protocolli che prevedono una serie di comportamenti da utilizzare nell’effettuare l’ascolto.
Di norma il magistrato è tenuto a mettere al corrente il minore di che cosa chiedono i genitori e cosa dovrà decidere il giudice, chiarendo bene che la valutazione del ragazzo verrà raccolta ma non costituirà l’unica base sulla quale verrà assunta la decisione.

EVITARE IL TRAUMA

Come si accennava all’inizio, se da un lato va tutelato sicuramente l’interesse del minore, parte centrale del processo, è tuttavia inopportuno rimettere nelle sue mani valutazioni, decisioni e responsabilità che finiscono con il creare nel bambino traumi ben maggiori di quelli derivanti dalla semplice separazione dei genitori.
In tal senso appare condivisibile (e preferibile), sotto un certo profilo, la tesi seguita in molti altri Stati nei quali il minore non viene di norma ascoltato direttamente dal magistrato, ma sottoposto con i genitori obbligatoriamente ad una breve valutazione psicologica al fine di determinare la situazione reale ed il coniuge maggiormente adatto per il collocamento

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