La legge n. 898/70 con le successive modifiche, ha introdotto il principio, esteso poi dalla Corte Costituzionale e dalla giurisprudenza anche all’ambito della separazione dei coniugi, per cui il trasferimento di proprietà, operato mediante il processo di separazione o di divorzio, usufruisce dell’esenzione totale da qualsiasi onere fiscale.

La questione ha avuto tuttavia un travagliato iter nell’interpretazione contrapposta dei vari Uffici finanziari dello Stato. Pur dopo l’intervento della Consulta, (sentenza n. 154 del 10 maggio 1999) che ha esteso i benefici dell’ art. 19 della legge 6 marzo 1987, n. 74, (integrazione e modifica della legge divorzile n. 898/70) anche al processo di separazione, dubbi interpretativi talvolta sussistono sia relativamente ai soggetti beneficiari, (per il trasferimento ai figli, l’Agenzia delle entrate pretende formule sacramentali), sia nel sovrapporsi di diverse normative tributarie. Il problema si pone tuttavia allorché, come spesso avviene, il trasferimento di proprietà venga effettuato prima dei cinque anni dall’acquisto, ipotesi nella quale la legge statuisce la perdita dei benefici prima casa.

PRIMA E SECONDA CASA

Per comprendere la normativa in tema di differenziazione di imposta per la compravendita della prima e della seconda casa, ricordiamo che, in caso di acquisto da un venditore privato, l’acquirente è tenuto a versare l’imposta di registro da computare sul valore catastale pari al 2%, oltre l’imposta catastale ed ipotecaria in € 100,00.
Di contro per l’acquisto delle seconde (e successive) abitazioni l’imposta di registro sale al 9% oltre l’imposta catastale ed ipotecaria sempre in € 100,00.
Le imposte vanno pagate al notaio che le versa all’Erario al momento della registrazione della compravendita.
Ricordiamo inoltre che per poter beneficiare delle agevolazioni “prima casa”, l’acquirente non deve essere, al momento del rogito, titolare di altro immobile acquistato con l’agevolazione suddetta in tutto il territorio nazionale e non deve essere proprietario, esclusivo o in comunione con il coniuge, di altra abitazione situata nello stesso Comune, inoltre deve avere la residenza, oppure dichiarare nell’atto di acquisto di stabilirla entro 18 mesi, nel Comune in cui è situato l’immobile acquistato.

LA VENDITA DELLA PRIMA CASA PRIMA DEI CINQUE ANNI

Nel caso di cessione di un immobile acquistato con la facilitazione fiscale  “prima casa”, prima del quinquennio, si decade dal beneficio.
Quindi si è tenuti a versare la differenza, non irrilevante, tra il 2% ed il 9%, cioè il 7%, oltre una sanzione economica del 30% sull’imposta.
Si è esentati da tale rilevante tassazione suppletiva, soltanto se entro un anno si riacquista altro immobile da adibire a propria abitazione principale.

LA CESSIONE DELLA CASA NELL’AMBITO DELLA SEPARAZIONE.

La questione si complica allorchè tale disciplina interseca la normativa sull’esenzione fiscale prevista per la cessione della casa nel processo di separazione o divorzio.
Frequentemente infatti l’immobile già acquistato con il beneficio “prima casa”, viene ceduto da un coniuge all’altro, in toto od in parte, prima dei cinque anni, con il rischio di dover pagare la sanzione economica (pari alla differenza di tassazione), nonostante che la normativa in tema di separazione e divorzio stabilisca espressamente, come detto, l’esenzione fiscale totale.
La fattispecie era già stata esaminata dalla Cassazione ed è stata rivisitata recentemente dalla sentenza n. 5156 del 16.03.2016 nel contrasto tra i giudici della Corte Suprema ed i giudici tributari.
In quest’ultimo caso, il marito aveva trasferito alla moglie in sede di separazione un immobile prima del quinquennio dall’acquisto.
Per tale cessione l’Amministrazione Fiscale gli aveva richiesto la differenza del 7% sul valore catastale, oltre la sanzione del 30% sull’imposta.
Il coniuge era ricorso avverso tale provvedimento alla Commissione Tributaria Provinciale e poi alla Commissione Regionale del Piemonte, ritenendo di non dover pagare alcunché.
Entrambe le Commissioni tuttavia avevano rigettato il ricorso e confermato l’avviso di liquidazione.
Il giudice di appello aveva ritenuto che l’attribuzione alla moglie della proprietà della casa coniugale, pur in adempimento di una condizione pattuita in sede di separazione consensuale, costituiva comunque “ quale alienazione dell’immobile una circostanza rilevante ai fini della decadenza dei benefici prima casa” non rientrando quindi tale fattispecie nell’esenzione prevista dalla legge divorzile ed esattamente dall’art. 19 della legge 898/70 modificato dalla legge n. 74/87.

LA CASSAZIONE NON CONDIVIDE

La Suprema Corte era di parere diametralmente opposto ed annullava le decisioni delle due Commissioni Tributarie  dando ragione al marito, accentuando la “peculiare funzione economico sociale e la meritevolezza di tutela di atti e convenzioni che i coniugi nel momento della crisi matrimoniale pongono in essere”.
 Precisava conseguentemente la Corte Suprema che le agevolazioni previste dall’art. 19 della legge divorzile, non possano non travolgere anche le norme che vietano il trasferimento di proprietà nel quinquennio dell’acquisto.
Dunque anche in caso di compravendita infraquinquennale, non può trovare applicazione la sanzione prevista dalla normativa fiscale, e conseguentemente il trasferimento di proprietà in favore di uno dei coniugi rimane totalmente esente da qualsiasi forma di tassazione.

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