Negli ultimi giorni il Consiglio Nazionale Forense ha orgogliosamente annunciato di aver concluso la promulgazione dei regolamenti di attuazione della legge 247/2012 di sua competenza.
Purtroppo, fin dall’entrata in vigore della suddetta legge era chiaro a tutti che l’ambita regolamentazione di grado primario della professione forense era solo un’apparenza e che il CNF sarebbe stato il vero legislatore della riforma dell’avvocatura. E in tale operazione pare essere caduto nella tentazione di preservare rendite di posizione, in violazione palese di una delle principali finalità poste dal legislatore (quello costituzionalmente previsto) ossia favorire l’ingresso alla professione e l’accesso alla stessa in particolare alle giovani generazioni. 

«Se già per favorire l’ingresso c’è molta strada da fare – sottolinea la presidente di AIGA Nicoletta Giorgi – per consentirne il prosieguo ce n’è ancora di più. In Italia i giovani avvocati avranno una strada tutta in salita per essere abilitati all’esercizio delle professioni davanti alle giurisdizioni superiori. Così si preservano le rendite di posizione di pochi facendo un danno a tanti, soprattutto alla giustizia».

Infatti, chi non maturerà i requisiti per l’iscrizione all’albo speciale secondo la normativa ante 247/2012 e comunque entro il 2016, secondo quanto prevede l’art. 22, e consistente nella maturazione di un’anzianità di iscrizione all’albo di 12 anni e pochi altri requisiti per dimostrare l’esercizio effettivo, dovrà, maturati 8 anni di iscrizione all’albo e dimostrato di aver patrocinato ben 10 giudizi in Corte d’Appello negli ultimi 4 anni, frequentare proficuamente un corso organizzato dalla Scuola superiore dell’avvocatura. A tale corso, che verrà svolto per la maggior parte a Roma, si accederà dopo aver prima superato un test di ammissione, valutato da una commissione la cui composizione è decisa dal CNF.

Superato il test di accesso l’aspirante cassazionista dovrà pagare un contributo, sempre deciso dal CNF, il cui ammontare ha portato persino a prevedere che vi siano apposite borse di studio per farvi fronte. Borse i cui requisiti per di assegnazione sono sempre previsti dal CNF.

Una volta che è stata possibile l’iscrizione alla Scuola il candidato dovrà frequentare almeno 140 ore di corso a Roma e altre 20 ore (forse) presso la propria corte distrettuale. Dovrà poi tornare a Roma in una data individuata dal CNF per svolgere la verifica finale di idoneità. Qui la commissione indicata dal CNF non solo valuterà con una prova scritta e una prova orale le conoscenze giuridiche del candidato ma ne valuterà persino, parole testuali, “la maturità”!

«Il CNF – attacca la presidente Giorgi – non ha regolamentato l’accesso alle giurisdizioni superiori, bensì ha trovato il modo per impedirlo alla stragrande maggioranza dell’avvocatura. E come si inquadra questo percorso ad ostacoli con il fatto che per essere eletti al CNF, ossia nell’organismo che con la legge 247/2012 gestisce interamente la vita dell’avvocatura, si deve essere iscritti all’albo delle giurisdizioni superiori? A questo regolamento l’AIGA dice no e ne contesterà il contenuto nelle sedi opportune».

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